Il trequarti ala del Racing 92, migliore in campo nel quarto di finale di Champions, è un giocatore particolare, dalla carriera particolare
“Facendo così, sei pieno di fili d’erba fra i denti” dice solitamente Remi Tales a Marc Andreu, compagni di squadra nel Racing 92. Il mediano di apertura scherza riferendosi alla mossa simbolo di Andreu, quella di passare sotto il tentativo di placcaggio dell’avversario, arrivando a sfiorare il terreno con il volto.
Un gesto tecnico che il 32enne che milita nei parigini ha ripetuto contro Clermont, nel quarto di finale di Champions Cup, proprio quando sembrava che le cose si potessero mettere male per i suoi. Poco dopo il ventesimo, un calcio di liberazione lungo viene ricevuto da Andreu nei propri 22 metri.
L’ala potrebbe chiamare mark, ma, d’istinto, preferisce attaccare, eludendo l’arrivo di gran carriera di Peter Betham. Da quel momento, la sua velocità e rapidità di appoggi gli permette di seminare il panico nella difesa avversaria, battendo cinque giocatori prima di fissare Kayser e scaricare su Camille Chat, che al suo esterno non ha problemi a passare letteralmente sopra a Morgan Parra.
La palla finisce a Lauret, che imposta un ruck dalla quale Machenaud può dare ritmo all’attacco, e infine è Leone Nakarawa a trovare il varco giusto in una difesa disorganizzata e segnare in mezzo ai pali.
L’eroico contrattacco di Andreu verrà poi premiato, nel corso della ripresa, dall’assist di Dan Carter per la meta che rompe la partita e la consegna, sostanzialmente, nelle mani dei ciel-et-blanc. Una meta forse viziata da un in-avanti, ma quello che conta è il fischio dell’arbitro, e Wayne Barnes decide che quella meta deve essere assegnata.
E’ la nona della stagione per Andreu, classe 1985, che sta vivendo un picco di forma come da tempo non si vedeva, tanto da spodestare dalla maglia numero 11 nientemeno che Juan Imhoff e da venire scelto anche davanti a Joe Rokocoko.
Ma i due coach della squadra parigina Laurent Labit e Laurent Travers non sono inclini a guardare in faccia a nomi, cognomi o altre vicende di sorta, e hanno scelto Marc Andreu come titolare contro Clermont nonostante il fatto che il giocatore non vedrà rinnovato il proprio contratto alla fine della stagione.
Il giocatore lo ha saputo già a novembre, e a metà inverno ha incominciato a muoversi per trovare un nuovo club. Sembrava già fatta per la sua discesa negli inferi della ProD2, a Grenoble, ma alla fine è stato il Tolone di Mourad Boudjellalad assicurarsi la sua firma, che sa di ritorno a casa.
All’inizio della sua carriera di finisseur dalla corsa elettrica e imprendibile, Andreu brillava proprio nel club rossonero, dove ha giocato dal 2005 al 2009, essendo anche cresciuto nel sud della Francia. Nel 2008 aiutò la squadra a salire in Top 14, poi nella stagione 2009/2010 si accasa a Castres, squadra in grande crescita in quegli anni, tanto da riuscire a vincere il titolo nel 2013.
Andreu solleverà il Bouclier de Brennus anche nel 2016, ma stavolta con la maglia del Racing, che dopo quel titolo con Castres decise di assicurarsi i talenti di uno dei più pericolosi attaccanti del Top 14. Nonostante il talento, però, Marc Andreu non è mai riuscito a sfondare sul palcoscenico internazionale.
Sarà la scarsa stazza fisica o l’attitudine ad attaccare più che a difendere, ma l’estroso e guizzante ala non è andato oltre le 7 partite con la maglia della Francia, vestita per la prima volta contro l’Italia nel Sei Nazioni 2010, conclusosi con un Grande Slam che Andreu può comunque vantare nel suo ricco palmares.
Dopo quelle sei opportunità concessegli nel 2010, il suo anno migliore, lo staff tecnico della nazionale decise di dargliene un’altra nel 2013, senza però dare seguito a quella convocazione con altre chiamate. E così Andreu è diventato uno di quei giocatori che non si vedono al Sei Nazioni o nei test match, ma che di domenica in domenica sono in grado di incendiare gli stadi d’Europa, zigzagando fuori dalle braccia dei giganti avversari.
Nove anni dopo tornerà a Tolone, nella prossima stagione, per dimostrare di essere ancora qualcuno che conta, di avere un ruolo da giocare in squadre di fascia alta, altissima. Ma prima c’è un obiettivo condiviso, una fame che ha tutto lo spogliatoio del Racing 92: portare la coppa più grande d’Europa a Parigi.
Lorenzo Calamai
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