Un commento (poi cancellato) su Instagram ha creato nuove polemiche attorno alla figura della stella australiana
Israel Folau è senz’altro uno dei rugbisti più famosi e apprezzati in Australia negli ultimi anni, oltre che il più pagato in assoluto insieme a David Pocock. L’estremo dei Waratahs e dei Wallabies, tuttavia, da qualche tempo ha attirato su di sé l’attenzione di molti non soltanto per le sue gesta dentro al campo con l’ovale in mano, ma anche per i suoi commenti sui social media sull’omosessualità.
Le prime controversie sono nate lo scorso 13 settembre, quando Folau – cristiano devoto – ha pubblicato un tweet in merito al referendum proposto dal governo australiano (svoltosi per via postale) sui matrimoni tra persone omosessuali: “Rispetto tutti per quelli che sono e le loro opinioni, ma non sono a favore dei matrimoni gay”.
I love and respect all people for who they are and their opinions. but personally, I will not support gay marriage.✌❤?
— Israel Folau (@IzzyFolau) 13 settembre 2017
Già allora, Folau aveva attirato su di sé diverse critiche per quanto postato, ma l’ultimo commento del giocatore sull’argomento ha decisamente aggravato la sua posizione agli occhi dell’opinione pubblica. Rispondendo ad una domanda su Instagram (“Qual era il piano di Dio per gli omosessuali?”), mercoledì il 29enne ha messo da parte la diplomazia con una frase piuttosto infelice: “INFERNO… A meno che non si pentano dei loro peccati e si convertano a Dio”.
Il messaggio è stato cancellato da Folau dopo circa un giorno (mentre l’intero post è ancora online), ma nel frattempo gli screenshot degli utenti avevano già fatto il giro del mondo, scatenando reazioni indignate nei confronti della star dei Wallabies.
I see unlike Australia, Israel Folau isn’t moving with the times pic.twitter.com/sOyvlR7wh5
— Graham Love (@GLove39) 3 aprile 2018
Come riportato da Georgina Robinson in suo editoriale su The Sydney Morning Herald, la Federazione australiana e i Waratahs non hanno rilasciato alcuna dichiarazione significativa in un primo momento, limitandosi a citare il proprio “credo religioso” e le “opinioni personali”. L’ARU, successivamente, attraverso un suo portavoce ha aggiunto di non essere d’accordo con la visione di Folau, per poi diramare un comunicato stampa ufficiale con le dichiarazioni del CEO della Federazione, Raelene Castle.
“Il commento di Israel riflette le sue credenze religiose. Tuttavia, non rappresenta il punto di vista dell’ARU o dei Waratahs – ha dichiarato Castle – Per noi il rugby è un gioco di tutti, a prescindere da razza, religione, genere e orientamento sessuali, come è chiaramente indicato nelle nostra Inclusion Policy. Comprendiamo come il commento di Israel abbia scioccato diverse persone. Discuteremo della questione con lui il prima possibile”.
Robinson, invece, ricorda che nel codice di condotta adottato dalla Federazione si condannano esplicitamente i commenti omofobi e ogni discriminazione basata sull’orientamento sessuale. In un caso simile, nel 2015 il giocatore dei Waratahs – la stessa franchigia di Folau – Jacques Potgieter venne multato di 20mila dollari per aver usato la parola ‘frocio’ durante una partita.
La situazione legata a Folau, tuttavia, è ben diversa, a causa della forte popolarità del giocatore in Australia e del notevole impatto mediatico suscitato dai suoi commenti online. A rendere ancor più delicata la faccenda, infine, c’è il contratto di Folau: l’accordo con la Federazione scade a fine 2018 e l’ARU vuole prolungarlo per garantirsi il giocatore anche per la Coppa del Mondo 2019 in Giappone.
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