Il futuro arbitrale e quello universitario: intervista a Maria Beatrice Benvenuti

Con il direttore di gara romano abbiamo parlato delle sue prospettive e degli esempi da seguire tra gli arbitri internazionali

benvenuti

ph. Luigi Mariani

MILANO – Determinata e sempre proiettata sul futuro. Ciò che è successo sul campo non l’ha scalfita, anzi semmai l’ha fortificata ancora di più. Maria Beatrice Benvenuti è una donna di valore, una di quelle che col suo fischietto a livello ovale ha già ottenuto importanti riconoscimenti, ma che non vuole fermarsi soltanto ai suoi successi in campo. In occasione dell’evento “Donne di Sport”, tenutosi al Mudec di Milano, On Rugby l’ha intervistata.


Maria Beatrice, vieni dall’arbitraggio nel Sei Nazioni femminile di Galles-Francia: certamente una partita non come le altre sia perchè era la prima in assoluto per te nel torneo sia perché le francesi si giocavano il Grande Slam. Quali sono state le tue impressioni?

Una grandissima emozione perchè era uno di quei sogni nel cassetto che portavo avanti da anni, non solo come obiettivo personale ma anche come obiettivo della Federazione Italiana stessa. Finalmente siamo riusciti a riempire una casella: l’esordio in una gran partita. A prescindere dal risultato, una sfida che ha avuto un alto valore per tutti e ottanta i minuti di gioco. Una disciplina quasi infallibile, tratto distintivo di un livello davvero elevato. Questa è la dimostrazione che, come si era già visto nell’ultima Coppa del Mondo, il rugby femminile si sta spingendo sempre più su e devo dire che anche la nostra Nazionale ha colto dei risultati straordinari. Continuare così deve essere uno stimolo sia per me sia per le azzurre che per la federazione.

Continuando a parlare di fischietti italiani al femminile, in questo momento c’è anche Clara Munarini in ascesa: che rapporto avete?
Ho conosciuto Clara in Accademia, a Tirrenia: siamo cresciute praticamente nella stessa stanza. Gli impegni personali non ci permettono ovviamente una frequentazione abituale, ma la seguo comunque quando va in campo, ora che è ai suoi esordi da arbitro internazionale con la nuova Rugby Europe. Mi dà gioia vedere che ci sia qualcuno che sta seguendo il mio percorso e le porte da me aperte, perchè non è che possa essere soltanto io a praticare questa attività.

Se ti faccio invece il nome di Joy Neville, cosa mi dici: è un po’ la vostra “stella polare” in questo momento?
Si, Joy è una stella nuova: appena nata, potremmo dire. Alle sue spalle ha una carriera di gioco pazzesca. È stata capitana della nazionale, ha giocato una Coppa del mondo e ha un excursus sportivo di un certo livello.
Vederla scendere in campo, nel mondo arbitrale, dà un segnale al movimento rugbistico in generale.

Lei ha esordito anche in Pro14, terreno non certo avvezzo agli arbitri italiani, in futuro potrebbe essere anche un tuo obiettivo?
Si, ma non è una cosa che voglio “stressare”. Nel senso che bisogna anche essere realisti, e vedere la nostra situazione al momento. Purtroppo, è brutto da dire, ma il peso politico fa tanto. Non avere rappresentanti maschili a quel livello crea un problema ed essendo donna, inutile nasconderlo, è leggermente più difficile: gli step e i divari da superare sono di più e più grandi. Spero comunque un giorno di arrivarci, ma ripeto che non voglio farne una questione stressante: se arriverà bene, in quel caso sarò contenta di accettare.

Parlando invece del miglior arbitro del mondo, ovvero Nigel Owens: qual è la cosa che ti colpisce di più nelle sue direzioni?
Nigel Owens è una persona da prendere d’esempio, e non solo per il suo lavoro in campo. Tornando alle direzioni di gara posso dire che lui è la personificazione arbitrale di quello in cui io credo. Non è la “bestia nera” sul terreno di gioco ma quello che lo gestisce e lo favorisce. Ha creato la sua esperienza con elevati minutaggi lavorando non solo su aspetti come i punti d’incontro ma anche creando empatia con i capitani e tutti i giocatori, sia sul campo sia fuori. Ha una marcia in più, questa è una cosa che molti arbitri spesso non hanno.

Usciamo invece dal rettangolo di gioco e dall’ambito ovale, quali sono le tue attività extra-rugbistiche?
Non sono una professionista, non ho un contratto. Potremmo chiamare un “puro hobby” quello che faccio, anche se a livello di tempo e di impegno è per me un vero e proprio lavoro.
Lo studio universitario mi ha visto iniziare con la facoltà di Medicina, che poi però ho lasciato perchè svolgendo l’attività internazionale non era possibile conciliare entrambe le cose, quindi sono passata a Scienze Motorie: un ambito molto più vicino alla mia vita quotidiana. Sono una che quando fa una cosa la vuole fare al 100%, ho preferito cambiare indirizzo perchè a livello di studi sentivo comunque che avevo molto da dare. E così è stato.
Ho preso una laurea triennale con il massimo dei voti e nei tempi corretti scrivendo la tesi anche sull’aereo da Rio de Janeiro. Mi sono buttata poi in un master internazionale, di cui sto scrivendo un’altra tesi, e ad ottobre dovrei nuovamente laurearmi.

Michele Cassano

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