Federico Ruzza è in missione

Abbiamo intervistato il seconda linea del Benetton, grande ex delle Zebre, a pochi giorni dal derby

ph. Sebastiano Pessina

Federico Ruzza sta ridisegnando i confini del ruolo di seconda linea nel Bel paese: skills tecniche sopra la media, belle mani, fiuto per la meta con pochi eguali, tutto condensato nel percorso di crescita di un ragazzo che, dopo il Benetton, sta provando a prendersi anche la maglia della Nazionale. Al classe ’94, grande ex delle Zebre, non manca nemmeno la voglia di migliorarsi, soprattutto in quegli aspetti del gioco dove è ancora carente. A pochi giorni dall’attesissimo match di Monigo, lo abbiamo intervistato, per fare il punto sulla sua stagione e tratteggiarne carattere e stile di gioco.

Sono passati una dozzina di giorni dalla notte storica della RDS Arena. A mente ormai fredda, quali sono le nuove convinzioni che vi portate dietro da quella serata meravigliosa?

Sicuramente portiamo con noi la prestazione solida, davvero da squadra matura, perché in campo abbiamo fatto quello che ci eravamo prefissati, per tutti gli 80 minuti, superando anche qualche momento di difficoltà e vincendo il match. Questo successo deve aiutarci a capire che tipo di squadra possiamo essere se ci esprimiamo sempre ad un certo livello.

Paradossalmente, o forse no, il Benetton di questa stagione ha fatto spesso grandi partite corredate da prestazioni notevoli contro squadre dal valore assoluto, patendo invece parecchio, sul piano della proposta di gioco e del focus sul match, al cospetto di rivali sulla carta inferiore (vedi Dragons e Kings). Cosa manca a Treviso per compiere l’ultimo step, nella gestione emozionale della pressione?

Manca l’abitudine ad aver quel tipo di pressione. Era da anni che non si vincevano così tante partite in campionato. Se fatichi a vincere raramente avrai il favore del pronostico dalla tua con costanza. Quando sei l’underdog giochi senza dubbio a cuore ben più leggero ed è effettivamente molto più semplice. Vincere aiuta a vincere, o forse, ancor meglio, vincere ti abitua a vincere.

Sabato (ore 18, diretta tv su Eurosport), a Monigo, arrivano le Zebre, per una partita, il derby italiano, che vanta una pressione particolare a prescindere da classifica e momento delle compagini impegnate. Sul piano tattico state preparando qualcosa di particolare?

Dobbiamo ancora rifinire alcuni dettagli, ma sappiamo assolutamente che il loro punto di forza sta nell’avere tanto la palla in mano e nel produrre il loro notevole gioco offensivo. Dovremo quindi essere bravi a togliere loro la arma del possesso, per evitare guai in difesa e banalmente avere più chance di marcare mete in attacco. In questi giorni che mancano al calcio d’inizio aggiusteremo ulteriormente il tiro.

A proposito di Zebre, arrivi proprio dalla franchigia di Parma, con la quale hai mostrato le prime performance di livello assoluto anche fuori dai confini italiani. In particolare, impossibile non ricordarsi quella di Coventry contro gli Wasps, nell’ottobre 2016, nonostante la sconfitta pesante della squadra (82-14 il finale, con 2 mete proprio di Fedrico Ruzza)…

Già, come dimenticarsi quel pomeriggio. Ne ho un ricordo contrastante, furono emozioni particolari. Da un lato non nascondo che la sconfitta fu pesante, e quando prendi una batosta del genere ogni singolo si pone delle domande, sulla prestazione, sul proprio livello in senso generale e la delusione ti pervade. Dall’altro, però, non posso negare che segnare addirittura 2 mete, alla Ricoh Arena, nel giorno del mio debutto in Champions Cup fu una bella soddisfazione, un qualcosa che alleviò, almeno in parte, la frustrazione per il KO. Poi, per orgoglio mio e dei miei compagni dell’epoca, credo sia giusto rimarcare che al ritorno perdemmo nuovamente (27-41, con un’altra meta di Ruzza, ndr), ma mettendoli sicuramente più in difficoltà.

Fai parte del giro della Nazionale da qualche tempo, con regolarità. Mai come quest’anno sembra esserci una carica notevole nell’ambiente azzurro, in uscita dal Sei Nazioni…

Sicuramente la gara con la Scozia ci ha lasciato l’amaro in bocca per come si è conclusa, ma, col senno di poi, ci ha anche lasciato in dote un’incredibile voglia di rifarci al più presto, chiaramente già a partire dal Giappone.

Un’Italia che sta provando a rinnovarsi, con tanti ragazzi come te, nati a metà anni ’90, che si stanno imponendo…

Si, il ricambio generazionale sta procedendo abbastanza bene dai. Ma sono tanti i ragazzi di qualità che, grazie alle possibilità di giocare che stanno avendo nei club in questa stagione, hanno messo in mostra doti interessanti. Questo è un buon segnale in ottica futura.

Forse manchiamo in profondità proprio nel tuo ruolo (seconda linea, ndr). Pensi ci siano motivi particolari dietro questa carenza di uomini in quel settore?

No, penso sia semplicemente un discorso generazionale. Magari oggi stiamo producendo tanti atleti di assoluto valore in altre zone del campo e meno in seconda linea. Me ne rendo conto, ma onestamente non ci vedo, alla base di questa situazione, dei motivi particolari.

A proposito di seconde linee, quanto lavorate, soprattutto nel rugby moderno, per la costruzione delle chiamate in touche?

Tanto. Dietro una chiamata su lancio a tuo favore ci sono diverse ore di video analisi tutte le settimane. Si studiano diverse soluzioni davanti allo schermo, si cerca di limarle e perfezionarle il più possibile parlandone con i vari componenti della squadra impegnati nel fondamentale, e poi si va sul campo per affinare gli automatismi. Un lavoro importante, ma per una situazione di gioco che è determinante nel decidere le partite, ancor più quelle equilibrate. Grande applicazione, poi, va messa anche nello studiare i lanci degli avversari di giornata, per provare a rubare più palloni possibili.

Non sempre capita di trovare giocatori con caratteristiche peculiari, ancor più al giorno d’oggi. Federico Ruzza, invece, ha chiaramente uno stile tutto suo. Lo sai vero di essere riconoscibile? In vista del futuro prossimo su cosa stai lavorando per crescere ancora?

Si, sono consapevole di non essere una seconda linea “vera”. Mi piace tantissimo giocare palla in mano, e principalmente in attacco. Non posso nascondermi sugli obiettivi. Devo migliorare in difesa, dove voglio essere molto più incisivo. Già in questa stagione ci ho lavorato veramente tanto, anche se non so quanto si sia visto, e io stesso non sono soddisfatto del tutto. per quanto mostrato. In ogni caso, giorno dopo giorno, punto a crescere su ogni aspetto, perché le competenze richieste dal nostro meraviglioso sport sono veramente tante. Per poter stare ad alto livello devi saper fare almeno un poco di tutto.

Matteo Viscardi

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