L’ex apertura della Nazionale ci ha spiegato la sua nuova iniziativa, offrendo anche una sua opinione su franchigie e Italia
Milano, periferia nord ovest della città. Uno di quei quartieri “famosi” più per eventi negativi che fatti positivi, eppure da giovedì scorso qualcosa sembra essere cambiato: nell’oratorio Sant’Agnese di Quarto Oggiaro infatti sono arrivati la pallavolo e soprattutto il rugby.
Il merito è di un uomo come Diego Dominguez, che da quando ha smesso i panni di giocatore non si è fermato un momento arrivando in questi giorni, insieme al Cus Milano Rugby, al comune della città meneghina e al sostegno del gruppo MedioBanca a finalizzare il progetto “INSIEME”, con cui intende promuovere la pratica sportiva come fattore di aggregazione sociale e occasione di crescita per i minori appartenenti a fasce socialmente deboli e a rischio esclusione.
Nel giorno dell’inaugurazione del campo da rugby, a cui era presente anche il sindaco Sala, abbiamo incontrato Diego per farci raccontare meglio come si articola l’iniziativa: “Questo è solo l’inizio – ci dice – oggi inauguriamo la prima di tre tappe, che ci porteranno poi in altre zone di Milano, come Viale Padova e Baggio”.
“Quello che stiamo portando avanti con questo progetto è fondamentale: integrazione, educazione e formazione dei giovani. Tutte cose importantissime. Attraverso lo sport, vogliamo permettere loro di acquisire determinati valori e per farlo servono tempo, metodo, persone e strutture di livello. Se tutto funzionerà bene, poi, la catena continuerà nella sua ciclicità trovando in quelli che oggi sono i ragazzi gli educatori del domani”.
L’Italo-argentino è un fiume in piena, fa capire quanto ci tenga a questa iniziativa e quasi non si riesce a fermarlo nel suo incedere esplicativo. “Vogliamo essere una guida per chi verrà qui a giocare. Spiegargli come funziona una società, l’essere una squadra. Parole giuste e atteggiamento giusto. Questo è fondamentale per le nuove generazioni”.
“Attraverso lo sport, qualsiasi esso sia, i ragazzi possono prevenire tanti pericoli che potrebbero minare le loro vite: non ci vuole poi tanto – continua Dominguez – Un pallone, e la voglia di scendere in campo. E in più abbiamo il CUS Milano Rugby che ci aiuterà. Una società giovane ma con tradizione, legata al territorio e con tantissimi tesserati”.
“Nessuno si aspettava di arrivare a concretizzare una cosa del genere in città, e in una periferia come questa, ma l’abbiamo fatta. Per il futuro non ci vogliamo fermare comunque, ve lo dico, l’obiettivo è quello di portare impianti come questi in tutta la città sempre facendo le cose col massimo della serietà”.
Una finestra sull’Italia
Dominguez sprizza entusiasmo da tutti i pori, sa galvanizzare i presenti al campo come pochi, ha quasi convinto a mettere una tuta e ad entrare in campo anche a noi, ma prima che i ragazzi e le ragazze arrivino ad invadere meravigliosamente questo nuovo spazio sportivo riusciamo a strappargli anche qualche battuta sulla nazionale e sulle franchigie.
“Ho visto le convocazioni per il tour in Giappone e posso dirti che non sarà per nulla facile, anzi sarà durissima – esordisce il recordman di punti della Nazionale – Nel gruppo azzurro c’è una buona quantità di giovani e, a un anno dalla Coppa del Mondo, questo è molto positivo. I nipponici però vorranno fare sicuramente bella figura per lanciare l’evento che poi giocheranno in casa”.
“Rispetto alle vittorie delle franchigie – tema su cui lo stuzzichiamo portandogli il dato dei record di successi – quest’anno la cosa è stata un po’ “falsata”, ma vi spiego perchè: bisogna essere realisti, molte delle squadre top del Pro14 hanno utilizzato il campionato come un laboratorio, quindi spesso Benetton e Zebre hanno vinto contro le seconde o le terze formazioni delle altre compagini. Il colpo del Benetton a Leinster però, in casa loro, è di assoluto livello; anche perchè agli irlandesi non fa mai piacere perdere in casa”.
“Detto ciò, portare a casa delle partite è sempre positivo. Perdere continuamente fa male ai giocatori, allo staff e all’ambiente. La mentalità positiva invece può essere trasferita anche in nazionale, anche in termini di esperienza”.
Sul ruolo di mediano di apertura: “Sexton ad oggi è il numero uno al mondo, con il numero dieci sulle spalle. Anche Barrett se la gioca con lui per completezza, ma l’irlandese è ad un livello di maturità superiore”. Canna e Allan? “Ovviamente non possono essere su quel gradino, ma c’è anche un problema di formazione e di paragone con gente che gioca su quegli standard da anni”.
“Tornando ad una visione d’assieme invece sul momento della nostra Nazionale, posso dirvi che non sono critico rispetto al passato: l’era Mallett, a mio parere, è stata positiva. Ha massimizzato con i giocatori che aveva a disposizione. Certo, avere una qualità di giocatori più alta avrebbe generalmente portato a più vittorie. Sul presente invece non posso dire molto, perchè non ho seguito da vicino il lavoro di O’Shea. È sicuramente convinto di quello che dice anche perchè la formazione che ha ricevuto, essendo un prodotto del movimento irlandese, è stata sicuramente alta. Vedendo i suoi risultati e quelli che ha ottenuto l’Irlanda, non possiamo che fidarci di questo”.
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Di Michele Cassano
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