Chi sarà il capitano dell’Italia in Giappone?

Abbiamo cercato di ragionare sul possibile sostituto di Sergio Parisse per i prossimi Test Match

italia 2018

ph. Sebastiano Pessina

I Test Match di giugno sono sempre più vicini e una questione si pone, insieme alle altre che svelerà poi il campo durante la trasferta nipponica degli azzurri: in assenza di Parisse, chi sarà il capitano della nazionale? Una domanda a cui la nostra redazione ha provato a rispondere snocciolando la questione sia dal punto di vista tecnico sia dal punto di vista del carisma e della presenza sul campo. Ecco quali risposte ne sono venute fuori

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Non ci sarà Sergio Parisse, che ha spesso dimostrato di essere più di un semplice capitano per la sua combinazione di carisma e leadership tecnica. Quanto sarà pesante la sua assenza per la Nazionale da questo punto di vista?

Lorenzo Calamai
Parisse, negli ultimi anni, è stato imprescindibile non solo per la caratura tecnica del giocatore, ma anche per la sua presenza emotiva. Durante l’ultimo Sei Nazioni le sue condizioni fisiche non erano palesemente le migliori, e una serie di prestazioni sotto il par ci hanno consentito di dare un piccolo sguardo al futuro dell’Italia. Per questo, nonostante l’ovvia gravità dell’assenza del capitano, quella di giugno è un’opportunità per vedere in terza linea qualcosa di nuovo, e capire chi possa essere la prima alternativa a Parisse con la maglia numero 8.

Daniele Pansardi
L’importanza di Parisse potrebbe essere facilmente espressa con un book fotografico, in cui potremmo raccogliere tutti i momenti in cui raccoglie attorno a sé tutti i compagni e li catechizza. Succede anche con le altre nazionali, certo, ma probabilmente in misura minore, anche perché probabilmente nessun altro capitano viene simbolizzato come Parisse. L’Italrugby è Parisse, Parisse è l’Italrugby, soprattutto per chi ci osserva dall’estero. Parisse fagocita la maggior parte delle attenzioni su di lui e sembra esserne consapevole, perché sa di doversi prendere delle grosse responsabilità. Non mancano, però, anche gli effetti collaterali: con una presenza ingombrante come il numero otto, alle sue spalle giocatori più o meno esperti rischiano di non uscire mai dalla propria comfort zone in quanto a leadership. In un tour senza Parisse, insomma, ci sono anche risvolti positivi non banali.

Matteo Viscardi
Sergio Parisse è un’ancora a cui aggrapparsi saldamente per mantenere la retta via anche nei momenti difficili, un riferimento tecnico ed emozionale con pochi eguali nello sport italiano. Fisiologicamente sta perdendo lo smalto degli anni migliori, ma è un giocatore ed un capitano come ne passano una volta ogni tot anni nell’ovale ititaliano. Per valutarne il peso tornerei all’autunno 2016: l’Italia batte il Sudafrica, sembra lanciata per battere in maniera netta Tonga, mae senza il proprio capitano sprofonda mestamente. What else?

Michele Cassano
E’ ovvio che l’assenza di Parisse si farà sentire, ma voglio pensare che la sua indisponibilità spinga tutti gli altri elementi del gruppo a dare quel qualcosa in più per colmare la cifra tecnica e carismatica lasciata vuota dal capitano. Mi aspetto molto, in particolare, dal reparto delle terze linee perchè è lì che giocoforza, dopo il 2019, andrà inserito un tassello decisivo per il post Rugby World Cup.

Che strada dovrebbe seguire Conor O’Shea? Una ‘facile’, assegnando la fascia a Ghiraldini per esempio (lui è stato già capitano), oppure responsabilizzare qualcun altro anche in vista del post 2019?

Lorenzo Calamai
La fascia di capitano della Nazionale non si regala. Abbiamo visto quanto prestigio dà alla maglia lo staff tecnico azzurro, senza mai concedere presenze a cuor leggero. Credo che allo stesso modo si comporteranno durante il prossimo tour, affidando la fascia a un giocatore esperto e carismatico, che all’interno dello spogliatoio abbia acquisito uno status importante. Leonardo Ghiraldini è il primo indiziato, le alternative potrebbero essere Biagi e Zanni.

Daniele Pansardi
Il momento storico dell’Italrugby ci impone continuamente un ragionamento su due fronti. Da una parte, il tour in Giappone rappresenta in effetti una concreta opportunità per tornare alla vittoria, per cui sarebbe ragionevole su un nome già forte ed esperto; dall’altra, tutti i giocatori citati da Lorenzo (e ci aggiungo anche un classe ’86 come Budd) in precedenza potrebbero non essere più in azzurro dopo la Coppa del Mondo. E alle loro spalle c’è qualcuno realmente pronto per prendersi la fascia di capitano? Mumble mumble… Da questo punto di vista, il tour estivo potrebbe essere un’occasione per cominciare a responsabilizzare qualcuno come Tommaso Castello, capitano anche delle Zebre, e forse unico giocatore al momento che, almeno dall’esterno, potrebbe ricoprire quel ruolo. Il problema, tuttavia, è che con una squadra a pieno regime il genovese potrebbe non essere nemmeno il titolare. Un altro nome interessante, tra i probabili titolari, potrebbe essere quello di Sebastian Negri. Solo fantasie?

Matteo Viscardi
Il tour in terra nipponica, seppur di fondamentale importanza, soprattutto nell’ottica di saziare la fame di vittoria azzurra, resta una tappa interlocutoria nel percorso di avvicinamento italiano alla Rugby World Cup 2019. A meno di situazioni particolari, e, ad oggi, improbabili, tra poco più di un anno il capitano sarà Sergio Parisse. Ecco perché non mi sembra il momento adatto per sovvertire gerarchie e fare esperimenti di qualsivoglia sorta, bensì quello migliore per premiare un referente assoluto dell’ultima decade, rimasto troppo spesso nell’ombra, nonostante il grande livello prestativo riprodotto ad ogni uscita.

Michele Cassano
Vi sono due aspetti da considerare, a parer mio: il primo è che dopo tanto tempo giocheremo delle partite con della pressione addosso contro una squadra considerata al nostro pari almeno sulla carta, quindi questo fa propendere per uomini di esperienza come appunto Ghiraldini o Zanni, il secondo è quello di considerare questo tour come una chance di responsabilizzazione per molti, anche se in tanti probabilmente non hanno lo status per essere capitani o non se lo sentono addosso. O’Shea, poi, non ha mai voluto capitani “a rotazione”. Fosse per me quindi sceglierei di intraprendere la strada nuova.

Nell’ultimo quadriennio, i capitani in assenza di Parisse sono stati Geldenhuys, il già citato Ghiraldini, Gori, Favaro e Minto, personaggi che spiccavano per caratura internazionale e status raggiunto, doti di uomo-squadra nella propria franchigia o semplicemente per leadership by example. Qual è il vostro profilo del capitano ideale?

Lorenzo Calamai
Mi piace il giocatore che attraverso l’esempio mostra il sentiero da percorrere ai propri compagni. Dev’essere ovviamente qualcuno che abbia anche un ruolo nello spogliatoio della squadra dove milita, anche se non necessariamente quello di capitano, per essere riconosciuto dagli altri giocatori. Ricordiamoci sempre, però, che più che il singolo che indossa la fascia al braccio, è importante il gruppo di leader che lo circonda e sostiene.

Daniele Pansardi
La sola leadership by example, sia essa tecnica e/o tattica, non può bastare, e forse il capitanato di Alessandro Zanni al Benetton di qualche stagione fa ne è un esempio. I combattenti, chi avanza sempre o raramente indietreggia in difesa, hanno ovviamente una corsia preferenziale nella selezione, ma devono avere la personalità (anche con arbitro e media) e l’etica adeguate per essere i condottieri. E poi: vietato farsi ingannare dal numero di cap.

Matteo Viscardi

L’esperienza gioca un ruolo fondamentale ai miei occhi. Più partite hai giocato, più situazioni hai vissuto su un rettangolo verde, più carte puoi estrarre dal tuo “mazzo gestionale” per mantenere sotto controllo le emozioni tue e del gruppo e per curare al meglio i rapporti con il direttore di gara, anche nei momenti più complessi. Il mio capitano deve essere uno sempre in grado di timonare la barca fuori dalla tempesta, senza necessariamente rubare l’occhio alla telecamera e al pubblico, ma il cuore e l’anima dei compagni, quelli si.

Michele Cassano
Il leading by example può essere una dote importante, ma non deve essere l’unica; altrimenti in ogni formazione vi sarebbero dieci o dodici potenziali capitani. Il condottiero di una squadra deve anzitutto conoscere bene tutti gli elementi del gruppo creando la sua leadership, prima fuori (durante i momenti di condivisione), e poi dentro (allenamenti e partite) al campo, senza dimenticare ulteriori aspetti del gioco come ad esempio il rapporto con gli arbitri. Ultimo ma non meno importante l’uso delle parole: un discorso, una strigliata o qualsiasi altra cosa deve essere sempre teso al miglioramento di se stessi e dei compagni volendo raggiungere l’obiettivo finale della vittoria.

Insomma, fuori il nome: per voi chi dovrebbe essere il capitano?

Lorenzo Calamai
94 caps, ancora un passo avanti a coloro che gli insidiano il posto fra i titolari, una comprovata storia di leadership alle sue spalle: Leonardo Ghiraldini.

Daniele Pansardi
Se dovesse essere ancora il titolare, punterei su Tommaso Castello. Umiltà, coraggio, voglia di migliorarsi e lucidità: dovrebbe essere già da esempio per tutti.

Matteo Viscardi
Alessandro Zanni. Dopo oltre 100 presenze da personaggio pressoché sempre positivo, è giunto il tempo, per lui, di diventare un protagonista.

Michele Cassano
Punterei su qualcuno delle Zebre: Castello può essere un profilo interessante, visto peraltro che fa già il capitano nel suo club, ma anche Violi non mi dispiace; mi sembra essere uno con le doti giuste per guidare il gruppo.

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