Un rugby più leale, non più morbido: Nigel Owens risponde a James Haskell

L’arbitro gallese è tornato sulle recenti dichiarazioni dell’inglese. E porta alcuni esempi di giocatori “duri” e non “sporchi”

nigel owens

ph. Sebastiano Pessina

Dopo le dichiarazioni di James Haskell di qualche settimana fa sul rugby, a suo dire diventato troppo morbido e quidni “piuttosto patetico”, colui universalmente considerato come il miglior arbitro del mondo ha sentito l’esigenza di rispondere direttamente alle esternazioni del giocatore inglese.

Nigel Owens, dalle colonne del Wales Online, ha voluto esprimere il suo dissenso rispetto alle parole del terza linea dei Wasps, contrariato per un fallo fischiato dopo un presunto placcaggio alto sulla direzione intrapresa dal loro sport negli ultimi tempi. “Ad alto livello, il gioco è più leale di quanto non lo fosse negli anni ’70 e ’80 – ha scritto il direttore di gara gallese – Questo lo rende più morbido? No”.

Il riferimento, in particolare, è alle normative più stringenti proprio in merito ai placcaggi alti pericolosi o irresponsabili, che World Rugby ha deciso di sanzionare con maggiore severità da inizio 2017 come strumento di prevenzione per le concussion.

Continuando a paragonare la palla ovale di epoche fa con quella attuale, Owens continua: “Alcuni vedono il rugby di 30 o 40 anni fa come i bei vecchi tempi, ma lo erano davvero? […] Si sentivano storie orribili riguardo a stamping e testate nelle ruck. Non è il tipo di rugby di cui vorrei far parte. Solo perché queste tendenze sono state sradicate, non significa che il gioco sia diventato più soft”.

“Alcuni impatti, oggi, sono fragorosi, portati da ragazzi costruiti come carroarmati – continua Owens – Eppure continuo a vedere persone rialzarsi e continuare a giocare dopo essere stati messi al tappeto. Ci si chiede come possano gestire delle situazioni del genere, ma vanno avanti nonostante la possibilità che ogni osso del corpo stia scricchiolando”.

Il 46enne, in seguito, parla di una distinzione per lui fondamentale, quella tra giocatori duri e sporchi. “Non accetto che siano la stessa cosa. Il giocatore scorretto colpirebbe qualcuno con un pugno alle spalle, il che non prova in alcun modo una grande forza fisica”.

Passando all’altra categoria, quella dei “giocatori duri”, l’arbitro dell’ultima finale di Coppa del Mondo passa in rassegna alcuni dei nomi che le danno maggior lustro. “Pensiamo ad uno come Richie McCaw, capace di collezionare 148 presenze con gli All Blacks nel ruolo più logorante in assoluto, dove ad ogni partita gli era richiesto di giocare in una maniera pericolosa, cercando di fermare il possesso palla altrui e fermando attaccanti che avrebbero fatto di tutto per spazzarlo via”.

C’è spazio anche due suoi connazionali, tra le leggende del rugby gallese. Martyn Williams, ad esempio, “raramente ha lasciato il campo senza avere sangue scorrergli sul suo viso, e ha preso innumerevoli colpi ma senza mai mollare. E cosa dire di Shane Williams, uno degli atleti più piccoli ad aver giocato a rugby, che subiva colpi da uomini ben più grandi, si rimetteva in piedi e continuava a far impazzire il pubblico con le sue magie? Aveva un grande coraggio, come McCaw e Williams”.

“Questi tre non avevano bisogno di infrangere le regole per dimostrare qualcosa – conclude Owens – Per cui non ascoltiamo più riflessioni sullo stato dell’arte del rugby di oggi da persone che dovrebbero conoscerlo meglio”.

 

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