Sei temi per affrontare in maniera approfondita la finestra internazionale, distesi in spiaggia o ancora inghiottiti dal divano di casa
Giugno, col bene che ti voglio. La finestra internazionale estiva viene spesso sottovalutata, specialmente dalle nazionali europee, che preferiscono talvolta dare respiro ad alcuni dei propri migliori giocatori, visto che si gioca a tanti chilometri da casa dopo le fatiche di una intera stagione. Si tratta però pur sempre di test match e come tali vanno onorati. La redazione di OnRugby è convenuta a conciliabolo per discorrere di sei temi fondamentali in vista delle prossime settimane.
– Il calendario completo dei Test Match
Galles e Sudafrica hanno già iniziato il tour nel giorno in cui in Francia ancora si concludeva il campionato. Lo hanno fatto con squadre peraltro ampiamente rivisitate, visto che la partita si giocava fuori dalla finestra internazionale, ed entrambe hanno preferito tenere il meglio per i prossimi incontri. Ne è uscito un test match sotto il par, scialbo e infarcito di errori, davanti a un pubblico statunitense che forse vorrebbe farsi catturare da qualcosa di meglio. Si gioca troppo? Tutto questo non finisce per svilire la competizione e abbassare il valore della maglia della nazionale?
Lorenzo Calamai
Si gioca decisamente troppo e il rugby internazionale ne risente, con il livello che di conseguenza cala e con le porte delle diverse nazionali più aperte di un tempo, specie nei test di giugno. È una conseguenza ulteriore di un professionismo che nella palla ovale è scoppiato un po’ come un fenomeno selvaggio, con poco controllo, almeno fino ad adesso. Mi piacerebbe che il gioco mantenesse la centralità e l’importanza dei test match internazionali, la loro dimensione epica e il loro livello assoluto, piuttosto che, come in tanti altri sport, cedere il passo alla maggiore rilevanza dei club.
Daniele Pansardi
Non credo che il valore della maglia sia in discussione, perché tutti gli esordienti (o chi aveva qualcosa da dimostrare) di Galles e Sudafrica avranno voluto mettersi in mostra a Washington e creare dei dubbi ai rispettivi head coach. La bruttezza della partita è sembrata essere una punizione all’organizzazione del match, già in dubbio nelle settimane precedenti per prevista scarsa affluenza di pubblico, e ad un tentativo azzardato di offrire un prodotto diverso agli statunitensi. Per il momento, il mercato statunitense sembra necessitare ancora di sicurezze: gli All Blacks, per esempio, o l’Irlanda a Chicago.
Michele Cassano
Anche se ho reputato abbastanza inutile questo “Test Match”, non credo comunque che si vada a svilire il valore della maglia internazionale. Galles-Sudafrica poi, se parliamo di pubblico da attirare negli States, non è certamente il massimo che l’ovale planetario possa offrire in questo momento. Mi trovo d’accordo quindi con Daniele quando parla di “certezze commerciali”.
Matteo Viscardi
Se parliamo di livello internazionale direi di no. Non si gioca troppo. Le squadre tier 1 disputano una media di 12 partite l’anno, un monte gare sostenibile. Al massimo, credo che il problema possano essere le partite con i club, soprattutto in Europa. Per fare un esempio, il Racing 92, ha disputato 36 incontri. Tantissimi, a maggior ragione se si pensa che, tra Top 14 e Champions Cup, lo standard prestativo richiesto è sempre elevatissimo. Ecco perché talvolta, possono esservi partite come Sudafrica-Galles, con qualche esperimento di troppo, anche se giova ricordare come non potevano essere utilizzati i giocatori di Premiership, visto che ancora non si era dentro la finestra internazionale.
Il campionato francese è appena finito e la Francia vola subito a giocare contro la squadra più forte, la Nuova Zelanda. Gli uomini di Jacques Brunel hanno qualche probabilità di riuscire ad impensierire gli avversari, dopo un Sei Nazioni in crescita?
Lorenzo Calamai
Secondo me, no. Le squadre neozelandesi stanno come al solito dominando il Super Rugby in lungo e in largo e la loro squadra nazionale è una sorta di riduzione, ma in senso culinario, del loro strapotere. Una crema alla quale la pur battagliera Francia vista al Sei Nazioni può solo opporre una strenua resistenza, destinata però a capitolare. Bisogna che ne siano coscienti soprattutto i media francesi, spesso troppo frettolosi nell’esigere risultati, come dimostra il caso Novès.
Daniele Pansardi
In un modo o nell’altro, la Francia di Jacques Brunel ci stupirà ancora. Positivamente, s’intende. L’ex CT azzurro ha saputo compattare il gruppo nonostante il clima ostile e l’esclusione di nove giocatori dopo il match contro la Scozia, cercando di estrapolare il massimo da ogni singolo giocatore e riuscendoci, nonostante gli acclarati limiti della rosa. I transalpini hanno diverse assenze importanti (Camara e Guirado, per dirne due), ma sembrano aver ritrovato un’identità e uno spirito d’appartenenza che latitavano fino all’autunno scorso. Gli All Blacks vinceranno 3-0, ma suderanno più del previsto, anche considerando i balbettii del 2017.
Michele Cassano
Il mese di giugno, storicamente per la Francia, è quello più avverso. L’anno scorso infatti, per Guy Novès, il cappotto subito in Sudafrica sancì l’inizio della fine.
Brunel ha approcciato al meglio l’avventura con i Bleus, questo è sotto gli occhi di tutti, ma affrontare tre volte gli All Blacks potrebbe voler dire presumibilmente subire un’altra netta sconfitta; nella tourneè questa volta in Nuova Zelanda. Mi aspetto comunque dei “Galletti” che lottino e che magari in uno dei tre confronti possano mettere in grande difficoltà i campioni del mondo.
Matteo Viscardi
La Francia arriva da un Sei Nazioni tutto sommato positivo, soprattutto in casa. Fuori, però, pur tenendo botta sia ad Edimburgo che a Cardiff, ha sempre perso, anche se in Galles ha sfiorato il successo. Difficile pensare che il percorso di crescita intrapreso sia già a tal punto da poter pensare ad una vittoria su suolo neozelandese. Mi aspetto che in gara1 emergano tutti i quasi 15 punti di differenza nel ranking mondiale, mentre nei due match successivi credo ci possa essere più equilibrio, con i galletti che adotteranno tutti gli accorgimenti tattici del caso. Probabilmente inutili ai fini del mero successo su singola gara, ma comunque importanti per provare a mettere un minimo in difficoltà gli All Blacks.
L’Inghilterra sarà in Sudafrica per una serie di tre partite contro gli Springboks. Stante il fatto che ci aspettiamo un Sudafrica diverso da quello di Washington, gli inglesi, reduci a loro volta dalla sconfitta contro i Barbarians, riusciranno a tornare la squadra d’acciaio che conoscevamo?
Lorenzo Calamai
È la serie più interessante di questo giugno, perché è quella che presenta più incognite. Credo che l’Inghilterra abbia maggiori certezze rispetto agli Springboks e possa portare a casa la serie, ma non mi sorprenderei se lo facesse in maniera poco convincente o per una certa inconsistenza degli avversari. Cosa che non farebbe che dar forza al fuoco incrociato dei giornali inglesi su Eddie Jones.
Daniele Pansardi
Non mi aspetto grandi partite dal mero punto di vista estetico, ma se gli Springboks credono nell’asse Pollard-Am-Le Roux possono far divertire più del solito. L’intera serie, comunque, potrebbe anche diventare una gigantesca partita a ciapanò. Alla fine potrebbe vincere l’Inghilterra, soprattutto perché è tornato Billy Vunipola.
Michele Cassano
Per l’Inghilterra un solo mantra: concretezza, concretezza e ancora concretezza. Il paradosso di questa situazione? Eddie Jones secondo me, sotto sotto, potrebbe esserne anche contento: se i britannici dovessero infatti vincere la serie ritroverebbero all’improvviso quel carattere che nel Sei Nazioni sembravano aver smarrito e i rientri di Billy Vunipola e Ben Youngs, due termometri/collanti della formazione della rosa, non possono che aiutare in tutto ciò.
Dall’altra parte un Sudafrica pieno di incognite: credo che Rassie Erasmus debba utilizzare questi match per iniziare a fare la tara dei suoi verso il Rugby Championship, Novembre e la RWC 2019. In fondo non manca così tanto, per uno che si è seduto sulla panchina degli Springboks da pochi mesi. Credo che ai sudafricani la qualità non manchi, bisogna trovare il modo di farla fruttare.
Matteo Viscardi
Perdere la serie, per l’Inghilterra, sarebbe catastrofico, con i media in patria già sul piano di guerra dopo un inverno che definire deludente sarebbe eufemistico. I britannici si presentano in Africa con un gruppo che, comunque, regala diverse garanzie tecniche, e che vorrà lasciarsi definitivamente alle spalle un Sei Nazioni da incubo. Il Sudafrica, invece, disputerà le prime vere partite di peso sotto la guida di Rassie Erasmus, che ha già fatto sapere come il focus primario non sia vincere la serie o il prossimo rugby championship, ma quello di costruire, passando attraverso queste tappe complesse, un gruppo in grado di essere competitivo il prossimo anno in Giappone.
L’Irlanda affronta l’Australia, il Galles affronterà due volte l’Argentina, mentre la Scozia attraverserà le Americhe da nord a sud scontrandosi con Stati Uniti, Canada e infine Argentina. Quale squadra potrà uscire con le maggiori certezze dalla propria tournée in vista della prossima Rugby World Cup?
Lorenzo Calamai
Il Galles è la squadra che, da un certo punto di vista, farà il tour più interessante. Non tanto per gli avversari, ma per i giocatori a cui dà l’occasione di esprimersi, consolidando un gruppo sempre più ampio in vista della Coppa del Mondo. L’Australia è l’altra squadra interessante, un team di primissima fascia che deve capire qual è il proprio preciso valore, e misurarsi contro i vincitori del Sei Nazioni è il modo migliore per farlo.
Daniele Pansardi
Se ci fermiamo un momento a pensare alla stagione del Leinster e dell’Irlanda, diventa difficile non credere ad un perentorio 0-3 della squadra di Joe Schmidt su dei Wallabies come sempre indecifrabili (nel caso, vedremo cosa avrà da dire Israel Folau in data 24 giugno). Se l’Australia dovesse ingranare le marce più alte, il discorso sarà inevitabilmente diverso. Scozia e Galles sperimenteranno e proveranno ad allargare il gruppo, ma è sull’Argentina l’interesse maggiore per me: riusciranno a traslare i progressi dei Jaguares anche in nazionale?
Michele Cassano
La sfida più allenante, anche perchè strutturata su tre partite, sarà sicuramente quella dell’Irlanda: a dispetto dei risultati altalenanti, l’Australia a parer mio non sarà una rivale così comoda per gli ultimi vincitori del Sei Nazioni, che comunque in questo momento esprimono a tutti i livelli (club o nazionali) il miglior rugby del mondo e hanno legittime ambizioni di andare in Oceani a e sbancare la casa dei Wallabies per 0-3.
Su Galles e Scozia è chiaro che la curiosità dei molti esprimenti non fornirà una completa fotografia sul reale stato dell’arte delle due formazioni, anche se sfidare l’Argentina non sarà cosa facile, poichè i Pumas – stanchi delle tante sconfitte raccolte ultimamente con la camiseta albiceleste – potrebbero essere duri da battere, potendo sfruttare anche la spinta del “Blocco Jaguares” proveniente dal Super Rugby.
Matteo Viscardi
Se l’Irlanda dovesse vincere la serie in Australia si consoliderebbero come prima vera alternativa degli All Blacks in ottica Coppa del Mondo. I verdi sono letteralmente in stato di grazia, ed hanno già dimostrato l’anno passato in Sudafrica di saper e voler affrontare al meglio il tour di giugno. La Scozia potrebbe trarre poco, nel bene e nel male, dal mese in arrivo: Canada e USA dovrebbero essere formalità sul cammino dei ragazzi di Gregor Townsend. Solo la partita con i Pumas darà qualche risposta concreta, ma arriverà dopo un doppio confronto Argentina-Galles (forse il doppio confronto più incerto e gustoso dei prossimi weekend) che potrebbe sfibrare i sudamericani.
Fuori dall’élite mondiale si giocano anche un tris di partite fra Fiji, Samoa e Tonga; la Georgia affronterà Fiji, Tonga e Giappone; Russia, Stati Uniti e Canada giocheranno fra loro nel corso del mese. Quale squadra di seconda fascia potrebbe approfittare maggiormente delle proprie sfide?
Lorenzo Calamai
La Russia si ritrova alla Rugby World Cup un po’ all’improvviso e dovrà cercare con tutte le forze di misurarsi al livello più alto possibile per incominciare a far assaggiare ai suoi il rugby che dovrà giocare nell’autunno 2019. Con queste tre impegnative trasferte anche la Georgia gioca a fare la grande nazionale: un tour con almeno due vittorie sarebbe un preludio interessante a quella sorta di scontro diretto con l’Italia che si profila all’orizzonte in novembre.
Daniele Pansardi
Due anni fa la Georgia batté sia Tonga sia Fiji e un’altra doppietta sembrerebbe alla portata dei Lelos, anche se contro i Flying Fijians non sarà così semplice. Molto interessante poi la sfida con il Giappone, che arriverà dopo le sfide nipponiche contro l’Italia e potrebbe offrire ulteriori spunti di riflessione in vista dello scontro diretto di novembre.
Michele Cassano
E’ chiaro che la Russia, dopo il “regalo” della qualificazione alla Rugby World Cup, dovrà iniziare a prendere le misure almeno con avversari che sono per lei più abbordabili. Un occhio particolare, dal nostro punto di vista, dovrà essere aperto sulla sfida Georgia-Giappone, un po’ il trait-d’union fra i nostri test di giugno e quelli del novembre che verrà. La squadra comunque da cui mi aspetto di più sono le Fiji.
Matteo Viscardi
Sarà molto interessante capire a che punto sono le isolane, che, come sempre, lontano dalla Coppa del Mondo, per tutta una serie di motivi, non riescono a mantenere un livello elevatissimo, ma non appena sentono profumo di mondiali, alzano notevolmente il loro standard. La Georgia avrà da masticare pane estremamente duro, sia contro le Fiji che contro il Giappone, ma potrebbe fare il botto con Tonga.
Un giocatore, una partita o un filo narrativo che avete particolarmente a cuore di questo giugno internazionale.
Lorenzo Calamai
Siya Kolisi è il primo capitano nero nella storia degli Springboks. Un traguardo notevole, che il terza linea ha conquistato sul campo, cosa che nel Sudafrica ovale delle quote nere e delle manovre politiche non è mai banale. Kolisi è un giocatore che mi piace tantissimo per il suo ardore, per la sua onnipresenza e, alla fine, anche per la maniera sgraziata con cui si muove sul campo, con quella corsa dal baricentro basso e il tronco fermo, il suo modo di toccare il pallone tutt’altro che raffinato, ma in qualche modo efficace.
Daniele Pansardi
Jacques Brunel ha avuto la sfortuna di essere alla guida della nazionale italiana in un biennio (dal 2014 al 2016, più o meno) davvero sciagurato, pur mettendoci anche del suo. Prima, però, aveva dimostrato di saper essere un allenatore di grande livello, e lo ha ricordato ai suoi detrattori – sia italiani, sia francesi – con un insperato secondo posto nell’ultimo Sei Nazioni, con un materiale umano non sempre di pari qualità se confrontato agli avversari. Una vittoria in Nuova Zelanda, seppur difficile o quasi impossibile, sarebbe un ulteriore premio ad una carriera di tutto rispetto.
Michele Cassano
Sono tutte sfide allettanti, quella che però mi lascia più incerto è la serie fra Sudafrica e Inghilterra. Da una parte gli Springboks con il loro primo capitano di colore e un allenatore appena arrivato, dall’altro il caos britannico con un tecnico sotto pressione e una squadra descritta come nervosa, nella quale rientrano però due pedine “di peso” come Vunipola e Youngs.
Matteo Viscardi
I casi di Brad Shields e Pete Samu. Che prestazioni offriranno i due ragazzi al centro di casi internazionali per la loro eleggibilità con Inghilterra ed Australia? Capiremo se sarà valsa la pena portare avanti battaglie simili per averli subito a disposizione, oppure se aspettare qualche mese “pacificamente” avrebbe avuto maggior senso.
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