Slow Motion #01: il manifesto del nuovo Sudafrica

La seconda marcatura di Nkosi è stata la migliore meta della prima giornata di test match di giugno

ph. Reuters

Slow Motion è la rubrica di OnRugby che ogni settimana racconta la meta più bella del weekend, nei minimi particolari, corredata dal video. Il fanatico ovale la segue così: prima se la guarda tutta, e poi torna indietro a leggere paragrafo per paragrafo, alternando il tasto play al quello pausa. Buon divertimento.

Il primo sabato di questo ricco giugno internazionale ha offerto tanti spunti e tante mete, moltissime candidate al premio di miglior meta della settimana. Fra le mete più belle, da segnalare la prima marcatura degli All Blacks contro la Francia, finalizzata da Beauden Barrett dopo un’azione magistrale in classico stile tuttonero, piena di ricicli e letture da parte dei protagonisti. La prima meta del Galles invece contiene quello che probabilmente è, in effetti, il più pregevole gesto tecnico del weekend, con il sottomano di Hallam Amos che ipnotizza tre giocatori prima di servire acrobaticamente James Davies per la meta nell’angolino.

La meta più interessante però è la terza che il Sudafrica ha segnato con l’Inghilterra, la sesta dell’incontro utile a riaprire una partita che oramai sembrava sepolta, dopo il 24 a 3 di parziale degli ospiti dopo i primi venti minuti.

 

Siamo alla mezz’ora del primo tempo. Dopo l’inizio scoppiettante dell’Inghilterra, il Sudafrica si è risvegliato grazie all’uno-due firmato de Klerk e Nkosi, peraltro su due regali della difesa inglese (Itoje e Daly i colpevoli, rispettivamente). Il Sudafrica ha liberato non eccellentemente dai propri 22 dopo il restart e l’Inghilterra si trova in possesso sui dieci metri avversari. Duane Vermuelen ha appena messo il primo mattoncino importante nella costruzione della meta che verrà: abbassa quei giganteschi badili che ha al posto delle mani, ancora il pallone e porta a casa un calcio di punizione che incrementa il momentum dei padroni di casa, convinti di poter riaprire la partita.

Pollard fa volare l’ovale nell’aria rarefatta di Johanessburg, portando i suoi a battere una rimessa laterale poco fuori dai 22 avversari. Qui comincia l’azione che ci interessa: il lancio di Mbonambi è in mezzo alla linea, per la torre Snyman, che solo grazie a leve di una lunghezza fuori dal normale riesce ad arrivare prima di Isiekwe sul pallone, schiaffeggiandolo nelle mani di Faf de Klerk.

Attenzione, adesso: qui Rassie Erasmus ha studiato e ha preparato un piccolo tranello per la difesa avversaria. Il piccolo de Klerk mette in azione Pollard, il quale serve Kolisi in mezzo al campo con due compagni al fianco in quella che dovrebbe essere una tipica collisione per cercare di spaccare in due il fronte d’attacco. Invece il neo-capitano degli Springboks serve sul proprio asse de Allende, che corre dalla parte aperta verso quella chiusa. La palla viaggia in senso contrario al precedente di nuovo nelle mani di Faf de Klerk, che può attaccare dentro i 15 metri contro i lentigradi avversari che sono rimasti in zona dalla precedente rimessa: Sinckler e Isiekwe.

Ben Youngs copre bene al largo impedendo la superiorità numerica dei sudafricani, e allora de Klerk legge la situazione e si butta a tutta velocità in mezzo ai due avversari. Il mediano di mischia è piccolo, ma è costruito come un pallottola, quindi riesce a insinuarsi fra i due creando lo spazio per il offrire il pallone a Franco Mostert, che arriva dall’interno.

Il seconda linea approda nei ventidue avversari ed è bravo a rendere il pallone immediatamente disponibile allo stesso de Klerk, già pronto a far ripartire un’azione dal ritmo tambureggiante. Il mediano opta per un lungo passaggio direttamente in mezzo al campo, dove c’è ancora Kolisi. Jamie George e Owen Farrell si sbracciano: se la palla uscisse velocemente potrebbero essere dolori dalla parte aperta del campo.

Gli Springboks però non si fidano ancora ad allargare il pallone ed optano per un’altra carica. Stavolta con Lukhanyo Am, che però fatica ad avanzare e rallenta troppo l’azione. Il Sudafrica deve allora ripartire dalla collisione con i propri uomini forti: caricano prima Du Preez e poi Vermeulen dal lato destro, poi Mtawarira a sinistra. Su questo ritorno, alla ottava fase, la difesa inglese è fiaccata dal ritmo e dall’avanzamento avversario. Pollard chiama palla e riceve in una situazione di cinque contro tre con circa 20 metri di campo a disposizione, mentre de Allende sale alto come dummy runner, con un tempismo a dire il vero un po’ telefonato che funziona solo grazie a un pizzico di ingenuità di Tom Curry nel farsi rallentare.

Quando il pericolo numero uno Willie le Roux riceve il pallone siamo già all’interno dei quindici metri laterali. Al suo fianco corrono Nkosi, Am e Dyantyi, con le due ali che aspettano il pallone da quel lato del campo dall’inizio dell’azione, segno che il Sudafrica ha sempre saputo che avrebbe voluto finalizzare da quella parte, ed ha costruito le sue fasi appositamente per arrivare a una situazione come questa.

Le Roux è bravissimo a correre una linea arcuata che fissa sia Slade che Jonny May, il quale si fa travolgere dall’estremo avversario, lasciando il povero Daly da solo contro Dyantyi. L’ala sudafricana ha gioco facile nell’attirare l’estremo e giocare all’interno per Nkosi, che può così andare a marcare la sua doppietta all’esordio.

Lorenzo Calamai

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