Con l’assistente tecnico di Bradley torniamo sull’ultima stagione, proiettandoci poi sul futuro dei bianconeri
Quarant’anni di rugby e non sentirli, anzi: son tutta esperienza. Alessandro Troncon è pronto a tornare sul campo per la nuova stagione con le Zebre, che lo vedrà nuovamente nei panni dell’assistente tecnico nello staff di Michael Bradley. Determinato, appassionato e desideroso di lavorare per migliorare insieme a tutta la squadra e porsi nuovi ambiziosi obiettivi, con più di un occhio rivolto verso il campo di gioco e verso quel ruolo da mediano di mischia che era il suo quando indossava ancora gli scarpini. Noi di On Rugby lo abbiamo intervistato.
Alessandro, ci racconti la stagione vissuta con le Zebre?
È stata sicuramente un’annata positiva: da una situazione di partenza abbastanza complicata, siamo riusciti a far venire fuori alla fine un contesto dove i giocatori si sono ritrovati ad essere contenti. Abbiamo svoltato. Il gruppo a volte mostrava segni di demotivazione o sfiducia, con poco divertimento, ora invece appaiono con tutta un’altra faccia e questo è già moltissimo. Significa che il lavoro svolto è stato interessante e costruttivo.
Ovviamente il focus sarà rivolto al futuro: che sguardo e che taglio dobbiamo dare al 2018/2019 delle Zebre?
Sarà difficile, perchè confermarsi non è una cosa che si riesce sempre a fare; ma il vero obiettivo, se possibile, sarà quello di migliorarsi ulteriormente. C’è tutto per lavorare bene e anche i giocatori lo vorranno fare. La società ci appoggia in questa che è una bella sfida.
Come evolverà il rapporto con i permit player?
Ci sarà una linea da seguire, poi è ovvio che lavorare con i giocatori è importantissimo. Per trovare delle soluzioni, che possano di anno in anno migliorare il tutto, vanno sempre stimolate le sinergie tra le franchigie e i club di Eccellenza.
Stringiamo invece il focus su di te e sul tuo ruolo: ci racconti il passaggio tecnico dalla nazionale Under 20 ad una franchigia federale?
Non era la prima volta che rivestivo questo ruolo. Nel bene e nel male (ride, ndr) sapevo cosa mi aspettava. Per come ho personalmente vissuto il rugby, nella mia persona non è cambiato molto. Ho sempre preferito la quotidianità del campo e vivere il mondo ovale con assiduità.
Quindi la tua dimensione potrebbe essere più da assistente o da capo allenatore?
A me piace il rugby: è la mia passione. Ho iniziato quando avevo cinque anni e ora ne ho quarantacinque. È interessante sotto tutti i punti di vista, con sfaccettature diverse. Il passare del tempo mi aiuta a capirlo sempre di più. Poi è chiaro che vi siano degli aspetti di relazione con i giocatori che cambiano in base agli incarichi ricoperti. Sono uno che cerca di svolgere il suo incarico al massimo delle possibilità. È questo quello che mi gratifica. L’amore per questo sport è il motore di tutto.
Ti faccio una domanda a metà fra il giocatore Alessandro e l’allenatore Troncon: come pensi sia cambiato il ruolo di mediano di mischia, rispetto a quando eri tu in campo ad interpretarlo?
Partiamo dicendo che questo è sempre un ruolo fondamentale e prioritario, perchè fa parte della regia, assieme al numero 10, e gestisce il ritmo di gioco; che è la base. Nell’alto livello poi, con interpretazioni e stili diversi, ha assunto ancora più importanza considerando che ci sono giocatori con grandi competenze che sono capaci di fare di tutto.
C’è un giocatore in cui “Tronky” si rivede?
Fortunatamente per i giocatori attuali no (ride, ndr). Ognuno è diverso e difficilmente mi trovo a paragonarmi con qualcuno o a trovarci delle somiglianze. Ci sono comunque dei rugbisti che apprezzo sia a livello italiano sia a livello internazionale: Parra, per esempio, è uno di questi. Credo abbia raggiunto una maturità importante e possa essere un punto di riferimento per i suoi compagni.
Michele Cassano
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