Matteo Mazzantini ricorda un aneddoto sul fuoriclasse del Benetton Treviso, durante un tour dei veneti in Galles
Racconti di rugby è un blog aperto alcuni anni fa da Matteo Mazzantini, ex mediano di mischia di Benetton, L’Aquila, Rovigo, Viadana, Parma, Livorno e Nazionale, in cui ha raccolto gli episodi più interessanti vissuti lungo la sua decennale carriera da giocatore. Gli abbiamo chiesto di riprendere alcuni estratti anche su OnRugby, per cercare di mantenere il più vivo possibile il ricordo di quei momenti e l’unicità di quei racconti, come quello che leggerete di seguito.
È molto difficile ricordare il mito Ivan, ma provo a raccontare un piccolo aneddoto su di lui.
Chi era Ivan Francescato? Per quanto mi riguarda, era il mio idolo e modello da seguire. Quando arrivai a Treviso, per la mia prima avventura in biancoverde, non fu facile adattarmi alla mentalità da grande squadra e soprattutto alla città.
Treviso è accogliente e carina, ma non è una città che ti accoglie e ti coccola come un figlio. Se nasci in zona, bene. Ma se ci vieni a vivere per lavoro o simili, devi conquistarti la fiducia e il rispetto dei cittadini comportandoti a dovere. Niente di male, ma per un ragazzo di 18 anni ancora da compiere senza famiglia o amici vicino, non è facile. Diciamo che sono stati anni duri, sotto l’aspetto sentimentale.
Ero venuto per giocare a rugby e studiare. E questo facevo. Ma gli allenamenti in prima squadra con gente come Isi Trevisiol, Guido Rossi, Annibal e vari vecchi personaggi non erano proprio facili da affrontare. In più, c’era un certo Troncon, nel mio ruolo, che stava emergendo a livello mondiale. Insomma, prendevo un sacco di botte. Chiacchere zero. Soddisfazioni davvero poche.
Ivan era uno che scherzava sempre. Dopo le prime settimane, fu il primo dei vecchi senatori che mi rivolse davvero la parola con interesse. Non capii granché, visto che parlava sempre in dialetto stretto, ma poco male. Risposi, un po’ a caso, con il mio vernacolo stretto livornese e credo che pure lui non capì le mie parole. Non fu il massimo dei dialoghi… Ma la cosa significativa era che il grande Ivan Francescato mi aveva rivolto la parola. Ero al settimo cielo. La sera telefonai a babbo e raccontai il tutto.
Era già il mio idolo sportivo, ma ora lo era ancora di più. Lo seguivo a distanza e ascoltavo tutto quello che diceva. Lo vedevo giocare e sognavo un giorno di imparare a fare quella dannata finta con il ciuffo con cui lasciava tutti sul posto. Non ci sarei mai riuscito.
Comunque, a metà settembre andammo in Galles in tournee. A quel tempo il rugby italiano era considerato poco o niente. Non che fossimo peggiori di adesso, anzi, ma non facevamo parte del 5 Nazioni. Semplice. In Galles ci allenavamo mattina e pomeriggio, e la sera uscivamo un po’. Io, neanche a dirlo, cercavo sempre di uscire con Lui, e non sempre la cosa era di suo gradimento… “Basta ceo a gò da usir da solo!” (più o meno)
Per una settimana frequentammo Cardiff da perfetti sconosciuti. Nessuno ci degnava di uno sguardo, anzi quando capivano che eravamo rugbisti Italiani ci trattavano con un po’ di supponenza. Tutti tranne uno.
Uno dei primi giorni, mentre stavamo caminando in centro, un paio di ragazzi si avvicinano guardando Ivan. Lo guardano per qualche secondo, poi domandano: “Franciescatò?” Lui si volta e, schivo com’era, risponde sotto voce. Loro non capiscono e insistono: “Franciescatò?” Allora qualcun altro risponde per lui.
A quel punto si scatenano. Cominciano a fargli i complimenti per come gioca, gli mimano le sue finte, gli spiegano le azioni più belle che ha fatto e contro chi. Incredibile! In cinque minuti, si forma un capannelo di gente che gesticola. Una scena bellissima e indimenticabile. Era l’unico rugbista italiano tanto bravo da essere conosciuto in Galles. Unico.
Matteo Mazzantini
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