Come stanno mutando le regole sul placcaggio alto

Dall’Inghilterra un nuovo esperimento per rivedere l’altezza massima dei placcaggi. Non è il primo test approvato da World Rugby

rugby placcaggio alto

ph. Reuters

Una delle grandi priorità del rugby moderno e del suo organo governativo World Rugby è, senza ombra di dubbio, la necessità di porre un freno al numero di infortuni, soprattutto a quelli che vanno a toccare testa (e collo) dei giocatori.

Verificato negli scorsi anni, tramite una ricerca condotta su più di 600 video di contatti che hanno portato i giocatori a sottoporsi al protocollo delle concussion (Head Injury Assisment – HIA), che oltre tre quarti degli HIA riguardano la situazione del placcaggio (e principalmente la figura del placcatore), il mondo di ovalia sta cercando di rimodulare con costrutto le leggi relative all’altezza legale dei placcaggi.

In tal senso, la RFU (Rugby Football Union, la Federazione inglese) batterà una nuova strada a partire dalla stagione ’18/’19, quando testerà nel corso della Championship Cup (un nuovo torneo che vedrà coinvolte le 12 squadre della ‘cadetteria’ ovale inglese), la Armpit line (n italiano linea delle ascelle), che verrà considerata come il nuovo limite da non oltrepassare per andare incontro alla sanzione di ‘high tackle’.

“Valuteremo l’impatto dell’introduzione di una nuova linea atta a stabilire dove un placcaggio si possa considerare alto sull’incidenza delle concussion e sul numero globale di infortuni, oltre che verificare l’atteggiamento e l’attitudine nel portare un tackle da parte dei giocatori”, hanno fatto sapere dalla RFU, che condividerà tutti i dati raccolti con World Rugby, che tramite il proprio CEO Bill Beaumont si è detta molto soddisfatta della strada intrapresa dai britannici. “Non possiamo che applaudire la RFU e tutti i club di Championship per dare vita a questa importante prova”, ha dichiarato Beaumont.

Una World Rugby che, peraltro, ha già intrapreso una condotta regolamentare simile in competizioni giovanili della stessa federazione, come il Mondiale Under 20 in Francia dello scorso mese o l’Under 20 Trophy che si terrà tra agosto e settembre. Nel primo dei due tornei suddetti si è deciso di dare attenzione elevatissima al placcaggio alto, con direttive chiare e nette ai direttori di gara, esortati a non farsene sfuggire nemmeno uno.

Inoltre, il Match Citing Commissioner ha potuto segnalare un giocatore ogni qualvolta si sia approcciato al ‘tackle’ in modo scorretto, stando in posizione verticale. Al secondo avvertimento sarebbe scattata automaticamente la squalifica. Norme di peso, dunque, anche se va detto che, dopo un avvio positivo da parte degli arbitri in tal senso, il focus è andato leggermente scemando nel corso della manifestazione, anche se nel complesso si può parlare di un ottimo lavoro arbitrale in in terra francese sulla situazione analizzata. Nel torneo “cadetto”, che andrà in scena in Romania, invece, verrà testata per la prima volta la nipple line: placcare al di sopra della linea tracciata idealmente all’altezza dei capezzoli sarà considerato un fallo da sanzionare almeno con un penalty.

La legge 9.13 di World Rugby, dunque, assumererebbe questi contorni nella fattispecie del Trophy Under 20: “Un giocatore non può placcare un avversario in anticipo, in ritardo o in maniera pericolosa. I tackle pericolosi includono, senza limitarsi a ciò, anche il placcaggio o il tentativo di placcaggio di un avversario sopra la linea dei capezzoli, anche se il tacke iniziasse al di sotto della linea dei capezzoli stessa”.

Un nuovo tassello di prova, per cercare di raggiungere presto la composizione definitiva di un puzzle di “sicurezza rugbistica” completo e raffinato, che consenta ai giocatori, dall’alto livello sino alle giovanili, di andare incontro a sempre meno rischi, e allo sport ovale di togliersi di dosso quella fastidiosa nomea di sport “pericoloso” sotto l’aspetto fisico.

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