Matteo Mazzantini ricorda un aneddoto legato a Luigi Ferraro, costretto una volta ad arrendersi a problemi intestinali in campo
Racconti di rugby è un blog aperto alcuni anni fa da Matteo Mazzantini, ex mediano di mischia di Benetton, L’Aquila, Rovigo, Viadana, Parma, Livorno e Nazionale, in cui ha raccolto gli episodi più interessanti vissuti lungo la sua decennale carriera da giocatore. Gli abbiamo chiesto di riprendere alcuni estratti anche su OnRugby, per cercare di mantenere il più vivo possibile il ricordo di quei momenti e l’unicità di quei racconti, come quello che leggerete di seguito.
Stagione 2004/2005, ero a Viadana già da un anno. La campagna acquisti estiva mi regala un corregionale, Luigi Ferraro, di Firenze. Non c’è che dire, un bel personaggio. In preparazione arriva con qualche acciacco lasciato dalla recente partita di calcio fiorentino.
Apro una parentesi, perché forse non tutti sanno cos’è il calcio fiorentino. È uno “sport” dove l’unica vera regola è che non ci sono regole. Due squadre di “calcianti” – li chiamano così forse perchè sono intenti a darsi calci nel culo dall’inizio alla fine – si scontrano in piazza Santa Croce ad un gioco che somiglia alla pallamano per il fatto di fare goal in una porta, ma che per il resto non ha niente a che vedere con quella. Vale tutto. Entrano in piazza e se le danno di santa ragione fin quando hanno la forza di alzare mani e piedi. Dei pazzi scatenati. Anche solo per entrare in campo ci vuole un coraggio da leone. Mi viene in mente, a tal proposito, anche un aneddoto strano.
Nel 2000, andammo in tournee alle Fiji e durante i primi giorni, dovendo smaltire il fuso orario, ci trovavamo nella hall dell’albergo alle 3 o 4 di notte, svegli come grilli. Nello stesso periodo c’erano anche gli Europei di calcio e, visto che eravamo lì, avremmo voluto vedere qualche partita… Invece no, perché alle Fiji trasmettevano il calcio fiorentino, con diretta tv sul canale RTV38. Incredibile! E la cosa pIù bella era vedere i figiani divertirsi nel guardare quei matti ammazzarsi di botte.
Ma torniamo a noi.
Insomma, Gigi Ferraro arriva a Viadana con la fama del tipo tosto e, senza paura. Uno con le palle. Effettivamente in campo non aveva paura di niente, non si tirava mai indietro, placcava duro ed era uno su cui potevi contare. È sempre uno su cui contare, visto che è vivo e vegeto.
Un giorno andiamo a giocare contro il Gloucester. Loro hanno una mischia poderosa, che stava surclassando tutte le squadre del campionato inglese. Roba da brividi per i nostri. Gigi è n panchina, anche se freme per entrare. È una serata fredda e ventosa. La partita, come spesso accadeva alla italiane in coppa, si mette male ma la nostra mischia in generale non demerita. Ecco perchè Gigi rimane tra le riserve anche una parte del secondo tempo. Ad un certo punto, però, arriva il cambio.
Lo stadio non èpieno, ma c’è comunque tanta gente. Touche per loro: ovviamente la vincono. Difendiamo, buona linea, siamo ordinati, precisi e alla fine commettono un errore. Mischia per noi dal lato opposto alla panchina e sotto la tribuna più gremita di tifosi.
L’arbitro prepara la ripresa del gioco: “crouch, hold…” Le mischie, legate, si abbassano pronte all’impatto. Da mediano di mischia, guardo Gigi appena entrato e lo vedo fare una smorfia di grande sofferenza. Poi un’altra. Si slega dai piloni e si gira, sistema le seconde e si riposiziona.
Dopo aver interrotto la sequenza di ingaggio, l’arbitro chiede se sia tutto a posto e ricomincia: “Crouch, hold…”. Gigi, dopo l’ennesima smorfia, interrompe ancora, si slega, fa un passo avanti e si si accuccia in terra. Dalle tribune si sente un mormorio. Ci guardiamo gli uni con gli altri senza sapere che fare, se non chiedere al nuovo entrato cosa stesse succedendo. Lui si alza, mi guarda con uno sguardo terreo e mi dice: “C’ho uno strizzone! Mi ca’o addosso!”.
lo lo guardo e mi guardo intorno, rispondendo stupidamente: “Non ce la fai a tenerla?”. Lui con una faccia sofferente scuote solo la testa. Mi viene da ridere ma trattengo le emozioni. Cerco di parlare all’arbitro ma non riesco a spiegarmi. Allora il capo si rivolge direttamente a Gigi, mentre lui è preso da ben altri problemi. Sono secondi interminabili, il pubblico rumoreggia e i giocatori dell’altra squadra sono impazienti di ricominciare.
Chiamano il nostro medico in campo. Arriva correndo, gli spieghiamo la situazione e lui chiede il cambio temporaneo. Ovviamente non si può, perché non c’è sangue. Insistiamo ma niente da fare. Allora il fiorentino di ferro tira fuori gli attributi e parla, anzi sbraita.
“Ci vuole il sangue! Dottore, prendi il bisturi! tagliami!”
“Ma cosa dici?”
“Dottore tagliami! Ho detto tagliami”. E gli porge l’avambraccio. Il pilone al suo fianco glielo prende e lo gira: “Se tagli le vene altro che strizzone…”.
A quel punto, con tutta la buona volontà, non mi trattengo e scoppio a ridere, come altri di noi, mentre gli inglesi guardano la scena con quello sguardo tipico di chi non capisce niente di cosa sta succedendo.
L’arbitro comincia ad incalzare. Vuole trovare una soluzione, ma non vuole concedere il cambio per ferita. Gigi, all’ennesimo strizzone, parte di corsa, con le mani sulla pancia e un po’ piegato in avanti, verso lo spogliatoio. Entra dentro e ci lascia là, tra le risate nostre, degli inglesi, dell’arbitro e anche del pubblico.
Ormai tutti avevano capito il grande problema dell’eroe del calcio fiorentino! Si era cagato addosso… Ah, era stato il freddo, su quello ci potrei giurare!
Finimmo di giocare, ma ormai il meglio lo avevamo dato lì, in quella mischia.
Matteo Mazzantini
– Gli altri “racconti di rugby”
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