Premiership, la Federazione inglese avverte i club: salari poco sostenibili

La crescita esponenziale, e sovvenzionata dalla federazione stessa, dei compensi dei giocatori potrebbe rivelarsi un problema nel prossimo futuro

ph. Reuters

La stagione che sta incominciando ha già visto registrare un record: Charles Piutau è divenuto il giocatore di rugby più pagato al mondo raggiungendo un compenso annuo di un milione di sterline per giocare nei neopromossi Bristol Bears.

Sono invece 7 i milioni di pounds che le squadre della Premiership possono investire nell’ingaggio dei giocatori. Un cap ai salari che può comunque essere evaso grazie alla possibilità di designare due contratti da non considerare nell’ammontare totale. Una condizione che ha fatto sì che si realizzasse un brusco aumento nei compensi dei giocatori, che secondo la Rugby Football Union non è sostenibile nel lungo periodo.

Eppure è stata la stessa federazione inglese a mettere in campo aiuti economici ai club del massimo campionato per permettergli di pagare stipendi abbastanza alti da trattenere sul territorio nazionale i giocatori che vestono la Rosa. Un contributo di 112 mila sterline in quattro anni che però, a causa di un momento difficile per le casse della RFU, potrebbe subire un notevole calo dopo i prossimi due anni.

La federazione inglese è infatti attualmente impegnata in una opera di ristrutturazione economica che vedrà coinvolto il licenziamento di circa 62 persone per un risparmio annuale di circa 3 milioni di sterline, una misura resa necessaria dall’aumento dei costi fissi per l’ente centrale del rugby albionico, che in passato ha deciso di incrementare il gettone di presenza dei giocatori in nazionale.

Il Professional Game Agreement fra i club di Premiership e la federazione firmato nel 2016 prevede che dopo i primi quattro anni a costo fisso, la federazione contribuisca in misura proporzionale ai propri incassi: una misura utilizzata proprio in previsione di una possibile contrazione del guadagno annuale della RFU. Qualcosa a cui i club dovrebbero guardare con lungimiranza, come avverte Steve Brown, chief executive della federazione inglese.

“L’Inghilterra può permettersi di pagare i salari dei giocatori della nazionale, ma molte altre squadre non riescono a trattenere i propri giocatori nei loro paesi. I mercati di Francia e Inghilterra hanno guidato questo aumento dei salari che non è sostenibile per gli stessi club.”

“Non vedo lo stesso livello di crescita nei guadagni, non ci sono abbastanza soldi nel sistema, a meno che non ci siano radicali cambiamenti a livello commerciale” ha detto il dirigente al Telegraph.

“Sicuramente in Inghilterra, ma anche in Francia, l’inflazione salariale è andata oltre le possibilità di alcuni club, e anche di alcune nazionali.”

Lo scorso anno undici dei dodici club di Premiership hanno chiuso la stagione con il bilancio in rosso, facendo registrare una perdita totale di 20 mila sterline.

 

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