La meta dell’ala del Sudafrica è stata il miglior momento delle semifinali di Super Rugby
Slow Motion è la rubrica di OnRugby che ogni settimana racconta la meta più bella del weekend, nei minimi particolari, corredata dal video. Il fanatico ovale la segue così: prima se la guarda tutta, e poi torna indietro a leggere paragrafo per paragrafo, alternando il tasto play a quello pausa. Qui la scorsa puntata. Buon divertimento.
I Lions si sono garantiti sabato scorso la terza apparizione consecutiva in finale di Super Rugby. Lo hanno fatto battendo a Johannesburg i Waratahs, in un match fra seconda e terza della stagione regolare, condotta dai sudafricani dominando la loro conference e arrivando con relativa tranquillità a disputarsi la post-season.
Quest’anno, rispetto agli scorsi, ha visto gli uomini in rosso cambiare diversi elementi della rosa. Una delle rivelazioni dell’anno è stata Aphiwe Dyantyi, che da esordiente nel torneo ha messo a segno 7 mete in 14 presenze, ottenendo anche l’immediata convocazione degli Springboks e rendendosi protagonista anche della serie di giugno vinta contro l’Inghilterra.
Dyantyi ha 23 anni, è nato ad East London, nella provincia del Capo orientale e ha messo la firma sulla sua prima semifinale di Super Rugby così.
Il calcio di liberazione di Foley rimbalza nella parte centrale del campo. I Lions difendevano la profondità con due soli uomini a proteggere gli angoli, e quindi il mediano di apertura ha scelto il calcio centrale per guadagnare terreno, pensando a una risposta uguale e contraria da parte della retroguardia biancorossa.
Dyantiy non è uomo particolarmente riflessivo: controllato l’ovale controlla lo schieramento degli avversari e scorge una rete salita in maniera uniforme, ma forse troppo precipitosa. L’angolo sinistro del campo è infatti rimasto colpevolmente scoperto. Senza pensarci ulteriormente Dyantyi innesta la ridotta, carica la linea avversaria e effettua un calcetto a scavalcare per sé stesso di grande raffinatezza.
Il pezzo forte però arriva per eludere il tentativo disperato di Foley di andare a placcarlo: controllato l’ovale, l’ala sudafricana si esibisce in una rapidissima esitazione, una sorta di goosestep di campesiana memoria a velocità siderale che mette fuorigioco l’apertura dei Waratahs (che sapeva di essere l’ultimo baluardo, da come rimane deluso a terra) e gli vale una meta da ricordare nonostante la giovane carriera.
Diantyi è una perla rara nel sistema ovale sudafricano: un giocatore che non è cresciuto nella filiera di produzione standard del rugby Springboks, ma è arrivato ai Lions e alla nazionale quasi per caso, adocchiato ad una partita universitaria di basso livello da un ex giocatore della franchigia. Ha rischiato di rimanere fuori dalla finale per infortunio, ma nelle scorse ore ha passato i test fisici e sarà della partita: una fortuna per lui e per noi che assistiamo.
Lorenzo Calamai
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