Il terza linea ci racconta in un’intervista la sua scelta, fra prospettive nel settore tecnico e l’ambizione di far bene con i Medicei
FIRENZE – Al volgere del mese di agosto, Firenze è un calderone bollente. Ardono sotto il sole a picco i sampietrini di Piazza Signoria, ribolle il selciato di Piazzale Michelangelo, con frotte di turisti che si condannano alla sofferenza girando per le vie del centro storico nelle ore più calde del giorno.
Ribolle anche il terreno del “Mario Lodigiani”, dove sotto il solleone è impegnata in esercizi di preparazione atletica la squadra dei Medicei. Il club è reduce da una prima stagione nel massimo campionato tutto sommato soddisfacente, e si è mosso in maniera importante sul mercato in vista della prossima stagione.
Sono arrivati tanti giocatori di esperienza, soprattutto nel pacchetto di mischia, per integrare un reparto che lo scorso anno ha pagato lo scotto del passaggio di categoria. A correre e sudare, sotto la direzione dei preparatori atletici, c’è anche la punta di diamante del mercato estivo dei Medicei: Francesco Minto. Dopo una settimana sembra già essersi integrato e dimostra carisma e leadership nei confronti dell’ambiente e dei compagni.
L’allenatore, Pasquale Presutti, lo ferma dopo il riscaldamento per concederci qualche domanda, consentendogli di tirare il fiato.
Mancavi dal massimo campionato italiano da otto anni trascorsi al Benetton Treviso nel Pro14. Ci ritorni adesso con quali obiettivi e quali aspettative per il Top 12?
A livello personale mi aspetto di essere consistente; voglio mantenere il mio livello. Più in generale, invece, penso che il rugby italiano abbia buoni giocatori. Sicuramente la strutturazione delle società non è sufficiente per il livello a cui ambiscono, però i giocatori ci sono e sono di qualità, vanno aiutati a rimanere nel mondo del professionismo. Il rugby non può essere solo un passatempo durante gli anni dell’università o un ripiego in attesa di trovare un lavoro dignitoso, queste risorse vanno valorizzate costruendo per prima cosa delle società serie, e queste penso e spero che siano le aspettative anche della nostra Federazione nei prossimi anni. E’ importante che chi si avvicinerà al professionismo nei prossimi anni, sia chi esce dalle Accedemie sia chi non le ha fatte, possa avere delle aspettative non solo per divertirsi, ma anche per arrivare a un certo livello sportivo.
E’ un campionato, quello di Top 12, che ha visto appunto un ampliamento del numero delle squadre partecipanti. Dobbiamo aspettarci un abbassamento del livello complessivo?
Al contrario, rispetto all’anno scorso ci sarà un livello molto più alto. Nonostante l’ampliamento del numero di squadre, quasi tutte si sono rinforzate. L’anno scorso è stato utilizzato per dare spazio a tanti giocatori giovani, che quest’anno avranno una stagione di esperienza in più alle spalle. Saranno più forti rispetto all’anno scorso e il livello per questo si alzerà. Ovvio, ci sarà probabilmente, soprattutto nella prima fase del campionato, un notevole gap fra le prime sei e il resto. Nel gruppo delle prime però, tolto forse il Petrarca che sulla base di quanto fatto la scorsa stagione parte forse da un gradino superiore, i valori sono molto simili e ci sarà una bella lotta.
A cosa puntano I Medicei nella massima serie 2018/19?
Lottare per entrare nei playoff, senza dubbio. Vogliamo costruire una squadra su dei principi di gioco e cercheremo di essere consistenti durante la prima parte del campionato, poi vedremo dove possiamo arrivare. Siamo una squadra che ha cambiato qualche giocatore e un po’ anche lo staff, ma vedo intorno a me giocatori forti e di spessore, quindi mi aspetto molto.
A un certo punto dell’estate, sembrava che la tua firma fosse contesa fra Verona e Firenze. Cosa ti ha convinto a scegliere I Medicei?
Qui sono venuto perché ho spazio sia come giocatore che come allenatore. Ne abbiamo parlato con il presidente Lucibello, con Pasquale (Presutti, l’head coach) e Stefan (Basson, che da giocatore si incarica anche della parte tecnica relativa ai trequarti, ndr). Qui c’è la possibilità di dare una mano con la mia esperienza e con quello che ho imparato durante la mia carriera.
So che fra l’altro di recente hai anche preso il patentino da allenatore per squadre seniores.
Sì, darò alla squadra una mano non solo per questo, ma anche per il mio vissuto negli scorsi 8 anni, sia con la Nazionale sia nel Pro14. Il corso serve sempre, anche se l’intenzione è quella di continuare a giocare: ad alto livello siamo tutti allenatori in campo e dobbiamo aiutare gli altri ad essere nella posizione corretta in campo e noi stessi a comprendere il gioco. E’ una cosa che quindi va al di là delle scelte future che farò.
Solo otto mesi fa scendevi in campo qui, dall’altra parte della strada, allo stadio Franchi con la maglia della Nazionale. Senza nasconderci, passare in Eccellenza significa rinunciare a quel giro. Cosa è successo?
Con Treviso si è conclusa così com’è sempre andata, e cioè con grande trasparenza. Adesso ho scelto questa squadra non solo per il puro divertimento di giocare a rugby, ma anche per la mia crescita personale e per intraprendere una strada diversa, come detto, da quella del semplice giocatore.
Lorenzo Calamai
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