Nel 2016/2017, in Premiership, gli infortuni sui campi artificiali hanno superato di gran lunga quelli occorsi su campi con erba naturale
In un’intervista rilasciata al Telegraph, Jack Nowell è diventato solo l’ultimo a porre qualche interrogativo sui campi sintetici utilizzati nel mondo del rugby. Alcune delle lamentele più significative sono arrivate dai giocatori degli Scarlets dopo una partita giocata in casa dei Glasgow Warriors allo Scotstoun, dov’è stato installato da qualche anno un campo artificiale di quarta generazione. Johnny McNicholl, per esempio, disse che “dovrebbe essere illegale giocare su quel terreno”.
Tra i critici, ora, si è aggiunta anche l’ala degli Exeter Chiefs e della nazionale inglese, che ha ammesso di studiare in anticipo la composizione del calendario per capire quali partite si giocheranno su campi sintetici. In Premiership, attualmente, tre squadre hanno un terreno di gioco completamente artificiale: Newcastle, Saracens e Worcester, mentre Bristol, gli stessi Chiefs, Gloucester e Wasps utilizzano un terreno ibrido (Leicester, Northampton, Sale e Harlequins giocano sul naturale).
“Guardi a quelle gare e pensi ‘Oh Dio, ho bisogno di essere in forma per quelle, sarà una partita importante’. Devi pensare in quel modo, ma devo lavorare un po’ più duramente sulla forza delle gambe per prepararmi meglio, perché voglio giocare ogni partita di Premiership possibile. Non voglio saltare una gara a causa di un terreno di gioco”. In ogni caso, Nowell ha giocato appena 3 partite sulle 70 disputate in Premiership su un campo sintetico, anche a causa di una tendinite patellare di cui il 25enne nazionale inglese soffre da quando è piccolo.
“Non è la stessa cosa dell’erba, ovviamente. Soffro ancora un po’ di tendinite e le mie ginocchia si infiammano e fanno piuttosto male. I campi artificiali mi creano ulteriori problemi”. Parlando del Sandy Park di Exeter, Nowell ha detto che il Desso GrassMaster utilizzato lì è “soprattutto fango e erba. I nostri giardinieri lavorano sodo. Ogni settimana il campo è fantastico e non si fa fatica. Molti campi di calcio lo utilizzano, anche a Twickenham c’è. È il mio tipo di campo preferito su cui giocare. È veloce, sembra sempre bello, ed è sempre abbastanza solido. Spero che tutti un giorno avranno dei campi del genere”.
Detto che quella di Nowell è una situazione peculiare, visti i problemi personali di cui sopra, le preoccupazioni sue e di molti altri suoi colleghi sembrano essere quantomeno legittime. Dopo quattro anni di comparazioni tra infortuni registrati su campi sintetici e infortuni registrati su campi naturali, nello studio del Professional Rugby Injury Surveillance Project (PRISP) – che si occupa di valutare e misurare gli infortuni delle stagioni inglesi – sulla Premiership 2016/2017 i risultati sono stati infatti per la prima volta un po’ allarmanti.
Gli infortuni su erba naturale sono stati in totale 608, mentre quelli su erba artificiale 170, ma considerando che solo tre squadre hanno utilizzato un sintetico “puro” l’incidenza è notevolmente più alta. Per quanto riguarda il naturale, parliamo di 89.6 infortuni su 1000 ore di gioco, mentre per il sintetico il dato sale a 129.1. Anche il tempo medio trascorso in infermeria per recuperare dagli infortuni è superiore quando si prendono in considerazione i sintetici (37 giorni contro 32 se l’infortunio si subisce su erba naturale o ibrida). Per capire se la pericolosità dei campi artificiali debba essere considerato un reale rischio per muscoli e articolazioni dei giocatori (e quindi se si tratta di un trend continuo nel tempo) meno serviranno evidentemente più dati di quelli in possesso attualmente, ma già il prossimo rapporto del PRISP potrebbe offrire ulteriori risposte in merito.
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