Non necessariamente essere i numeri uno al mondo significa non avere problemi
Se gli All Blacks non vinceranno il Rugby Championship 2018 sarà la sorpresa più grande nel mondo ovale dal 2015, quando il torneo accorciato dalla Coppa del Mondo imminente incoronò quell’Australia che sarebbe poi stata la sfidante per il titolo iridato dei neozelandesi.
Essere i numeri uno, si sa, è comunque dura. Non basterà infatti il solo fatto di scendere in campo in completo nero per assicurare agli All Blacks la vittoria, con tutte e tre le concorrenti determinate a portarsi a casa il loro scalpo di lusso. Gli ultimi a riuscirci sono stati gli Wallabies di Michael Cheika, che i tuttineri affronteranno sabato 18 nel turno iniziale.
Steve Hansen non vuole correre rischi, e per la sfida di Sydney ha preferito puntare sulle certezze piuttosto che lasciare dubbi. Nonostante l’infortunio che terrà fuori dalle prime giornate Dane Coles, infatti, gli All Blacks hanno abbastanza profondità nel ruolo di numero due da poter garantire non solo un titolare di eccelso livello in Codie Taylor, ma anche un finisher altrettanto di qualità come Nathan Harris.
Ci sono tre questioni che fondamentalmente assillano il presente e il futuro dell’head coach della Nuova Zelanda e del suo staff. La prima e la seconda sono questioni di profondità in due zone del campo specifiche: il flanker dal lato chiuso e la combinazione dei centri.
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La maglia numero 6 ha perso il suo principale possessore, Jerome Kaino. Il titolare sembra essere a questo punto Liam Squire, che al lavoro da ball carrier aggiunge anche una ulteriore dimensione alla rimessa laterale. Durante la scorsa stagione era emersa la candidatura di Vaea Fifita come concorrente, ma il veloce terza linea non è stato convocato da Hansen.
La posizione di Squire è contesa in questo Rugby Championship da due emergenti, con un cap ciascuno: si tratta dei 24enni Shannon Frizell e Jackson Hemopo, giocatori tutti da scoprire a livello di test match. E’ chiaro che il primo backup per la terza linea titolare sia Ardie Savea, che può disimpegnarsi in ognuno dei tre ruoli, ma è altrettanto vero che in questo momento gli All Blacks non hanno individuato un possibile rincalzo per Liam Squire a numero 6.
Squire peraltro è un giocatore sicuramente di primo livello, ma che sembra non avere ancora conquistato del tutto l’amore di Hansen e soci: dal 2016 ad oggi ha disputato 17 delle 28 partite degli All Blacks, partendo titolare in 11 di esse.
L’altra questione è rappresentata dalla coppia di centri. Se Sonny Bill Williams è pronto a scendere in campo, lo farà: non è un talento di cui lo staff tecnico è pronto a fare a meno, e a ragion veduta. Schierare Sonny Bill Williams sposta Ryan Crotty, il cervello difensivo e il collante della linea arretrata neozelandese, a secondo centro. E fin qui, tutto bene. Quando invece Williams è assente, e la frequenza dei suoi acciacchi in tempi recenti comincia ad essere preoccupante, Crotty si muove nel ruolo che gli è più congeniale, quello di numero 12, lasciando la maglia numero 13 nelle mani di Jack Goodhue, giovane di grande talento che però deve ancora costruirsi una solidità al livello siderale dei test match che lo attendono.
Sono queste le minuscole crepe nelle selezioni di Steve Hansen, che da par suo avrà a che fare con la gestione di quello che è stato un problema piuttosto continuo con questa generazione di All Blacks, un aspetto mentale non sempre all’altezza della fama della squadra.
Lo abbiamo visto lo scorso anno nel Rugby Championship, dominato per sostanziale assenza di una vera e propria concorrenza, ma conclusosi poi con una sconfitta contro l’Australia nel terzo Test della Bledisloe Cup, e lo abbiamo visto anche nei successivi test match, con la Nuova Zelanda che, sorniona, schiaccia gli avversari grazie alla propria superiorità, senza però mai raggiungere gli standard a cui siamo abituati.
E’ stato un tema ricorrente nella storia degli All Blacks, tanto da costargli un digiuno lungo ben cinque Rugby World Cup. La costante superiorità può giocare brutti scherzi dal punto di vista dell’attenzione e della concentrazione, e nel rugby basta una partita per buttare all’aria davvero tanto lavoro.
Scenario migliore
30 punti, scarto medio per partita di 25 punti, Australia e Sudafrica lasciate a zero nei match casalinghi, imbarazzante facilità nel segnare mete.
Gli All Blacks mettono in campo l’artiglieria pesante contro l’Australia e, dopo tanto parlare, mettono a tacere coi fatti ogni inutile, residua resistenza degli avversari. Il Rugby Championship assume le proporzioni di un festival in nero, dando la possibilità a Steve Hansen di incominciare a inserire pezzi nuovi come il tanto apprezzato Richie Mo’unga già a partire da metà torneo
Scenario peggiore
I tuttineri si presentano con sufficienza al primo appuntamento australiano e, complice un po’ di sfortuna, incappano in una sconfitta ai danni degli Wallabies che gonfia il morale degli avversari. I neozelandesi riescono comunque a vincere le altre partite, ma senza scaldare il cuore dei propri esigenti tifosi. Si accumula pressione su staff e spogliatoio, la squadra non ottiene i necessari punti di bonus per ricucire lo strappo della prima giornata e, nonostante la vittoria casalinga contro l’Australia al ritorno, incassa un deludente secondo posto nel Rugby Championship 2018.
I convocati per il Rugby Championship 2018
Dane Coles, Nathan Harris, Codie Taylor, Owen Franks, Joe Moody, Tim Perry, Karl Tu’inukuafe, Ofa Tuungafasi, Scott Barrett, Brodie Retallick, Samuel Whitelock, Sam Cane, Shannon Frizell, Jackson Hemopo, Kieran Read (c), Ardie Savea, Liam Squire, Luke Whitelock, TJ Perenara, Aaron Smith, Te Toiroa Tahuriorangi, Beauden Barrett, Damian McKenzie, Richie Mo’unga, Ryan Crotty, Jack Goodhue, Anton Lienert-Brown, Sonny Bill Williams, Jordie Barrett, Rieko Ioane, Nehe Milner-Skudder, Waisake Naholo, Ben Smith
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