L’avventura celtica, Monigo e il rapporto con la FIR: intervista a Amerino Zatta

Abbiamo intervistato il presidente dei Leoni, con cui abbiamo parlato dei temi più caldi relativi al club biancoverde

ph. Sebastiano Pessina

TREVISO – A poco più della metà di un mese d’agosto fondamentale per la preparazione dei Leoni in vista di un ’18/’19 che si preannuncia di vitale importanza per tutto il movimento ovale italiano, abbiamo raggiunto Monigo per affrontare, direttamente con il presidente Amerino Zatta, punto di riferimento del club da oltre vent’anni, diverse tematiche relative a presente e futuro del Benetton.

Presidente Zatta, a che punto siete nel vostro cammino “celtico”? Qual è l’obiettivo per la stagione in arrivo?

Quando guardiamo al nostro percorso celtico, dobbiamo pensare ad una cosa: abbiamo iniziato un nuovo progetto con l’arrivo Kieran Crowley. Con lui abbiamo fissato delle linee guida che nella nostra idea di partenza avrebbero dovuto portarci, anno dopo anno, a migliorare costantemente le nostre performance. Noi, alla fine, abbiamo fatto i primi 4 anni di Celtic League, diciamo così, un poco naif, nel senso che non sapevamo ancora, esattamente, dove eravamo. Siamo passati dall’Eccellenza alla Celtic League, eravamo assolutamente consci che tra le due competizioni c’era un salto di qualità notevole da fare, ma non eravamo in grado di quantificarlo senza l’esperienza diretta, ed inevitabilmente è servito del tempo per prendere le misure. Quando è arrivato Kieran, poi, una persona preparata, che ha conosciuto il vero rugby, abbiamo tracciato assieme, lui chiedendo alcune cose, e noi dando delle opportune e naturali aspirazioni, le linee guida per un percorso di crescita.

Il primo anno, evidentemente, non è stato affatto facile. Nella prima parte del campionato abbiamo sofferto, ma, verso la fine, i ragazzi hanno iniziato a comprendere la nuova filosofia e il nuovo sistema, mentre l’anno scorso abbiamo concluso il campionato con delle vittorie importanti, che ci hanno gratificato, ed aiutato a capire che il percorso intrapreso poteva essere quello giusto. Da lì, evidentemente, ripartiamo quest’anno, con l’auspicio di fare meglio di quanto portato a casa nel ’17/’18. Non ci siamo posti obiettivi numerici particolari, il target è quello di costruire, anno dopo anno, una mentalità vincente. Perdere una partita non dico che deve essere un problema in senso assoluto, ma è comunque un fatto che deve assolutamente costringerci a riflettere su cosa non è andato, ogni volta che usciamo sconfitti dl campo. Kieran sta lavorando anche su questo, sul modificare la mentalità del gruppo. L’auspicio per questo ’18/’19, dunque, non può che essere quello di fare un campionato migliore dell’ultimo

Lo stesso discorso immagino valga anche in Europa…

L’anno scorso abbiamo partecipato alla Champions, che attualmente è un torneo, continuo a dirlo, un poco al di sopra delle nostre possibilità. Quest’anno, invece, ci misuriamo con la Challenge, una manifestazione che ci vede ben più adeguati allo standard richiesto, per il momento. Il nostro auspicio è senza ombra di dubbio quello di fare bene su tutto il fronte degli impegni stagionali, anche nelle partite della coppa europea.

Che affronterete anche con l’apporto sempre più “codificato” dei permit player. Come si è arrivati alla costruzione del sistema di ascensore attuale? perché ci è voluto tanto?

Come in tutte le cose, per raggiungere un traguardo concreto serve passare attraverso un percorso ponderato. Noi avevamo iniziato questo tipo di attività già un paio di anni fa, con Mogliano e un poco anche con il Petrarca. Step by step, abbiamo visto che questo sistema, con delle migliorie poteva portare a dei risultati soddisfacenti. All’inizio si prendevano dei ragazzi dall’Eccellenza in caso di necessità, facendoli venire a Treviso nel momento in cui servivano nei periodi di assenza dei nazionali. Inevitabilmente, i ragazzi andavano incontro a qualche difficoltà d’adattamento nell’immediato.

Quest’anno, invece, i “permit” (ne abbiamo 11 per questa annata) hanno fatto tutta la preparazione estiva con noi, e durante la stagione si alleneranno regolarmente con noi sia il lunedì che il martedì, prima di rientrare al club di Top12 il mercoledì mattina. Questa nuova metodologia ha tre fattori di vantaggio. Primo: per i permit è sia una gratificazione che uno stimolo ulteriore per continuare a crescere (allenandosi al fianco dei pro) ed ambire a diventare stabilmente un giocatore da “piano di sopra”. Secondo: capiscono sin da subito cosa voglia dire lavorare con una squadra che partecipa ad un campionato di livello superiore come il Pro14. Terzo: quando questi ragazzi giocheranno qualche gara nel ’18/’19, oppure arriveranno a Treviso in futuro, come giocatori fissi, avranno molta più facilità nell’inserirsi senza problemi all’interno del nostro contesto.

Tutto questo è stato reso possibile grazie alla sinergia che abbiamo trovato assieme a Rovigo, Petrarca, Mogliano e San Donà, che ci permette di attuare questo tipo di attività che mi auguro, un domani, possa consolidarsi ed essere accettata da tutti.

A proposito di giovani ed impatto in prima squadra, perché l’Accademia non ha preso vita questa stagione? Il progetto partirà comunque a breve?

Credo sia giusto chiedere alla federazione cosa è successo in tal senso. Loro dicono che è un problema di fondi in questo momento, e credo sia assolutamente la verità. Mi permetto di dire soltanto una cosa nel merito, aldilà dei problemi che ci sono attualmente, che sono sicuramente importanti, ma quando l’Accademia arriverà, in qualsiasi momento, sarà sempre troppo tardi. Quindi speriamo che questo momento possa arrivare il prima possibile. Per noi, certo, ma anche per tutto il movimento. Anche solo semplicemente per adeguarci al resto dell’Europa. Basta dare uno sguardo alle altre realtà del Pro14: le squadre hanno le loro accademie in cui fanno maturare i loro giovani.

Il Benetton non ha cambiato pelle solo sul campo, ma lo sta facendo pure sugli spalti. Quando sarà pronta la rinnovata tribuna est?

Questa di Monigo è un progetto che è partito ormai 5/6 anni fa, quando abbiamo elaborato un piano che potesse completare la struttura secondo tutte le esigenze del caso. Oggi abbiamo uno stadio che tiene circa 6 mila persone, ma si sta procedendo all’ampliamento della tribuna est, che, a lavori terminati sarà sia coperta che più grande, con l’aggiunta di nuovi gradoni, tanto da arrivare a circa 6700 posti, tutti coperti. Poi, un domani, se qualcuno ci aiuterà, come già successo in tutti questi anni, c’è in previsione anche di aggiungere un ulteriore tassello allo stadio, dietro una porta, con un’altra tribuna, portando nel caso Monigo ad avere una struttura definitiva da 10 mila posti.

La tribuna che è sottoposta a rinnovamento strutturale dovrebbe essere pronta per metà novembre, se i lavori procederanno con il ritmo attuale. Per ciò che concerne la “curva”, invece, non c’è una previsione temporale. In quel caso si tratta di mettersi a tavolino e capire come raccogliere i fondi necessari, tra privati, comune e chissà…

Un impegno eventuale che sottintende la partecipazione al Guinness Pro14 ben più a lungo termine dell’attuale scadenza nel 2020…

La federazione sta trattando il rinnovo in questo periodo, sino al 2023. Se non succedono cose particolari, quello dovrebbe essere il nuovo termine, e noi siamo interessati a proseguire la nostra esperienza nel torneo celtico.

Come reputa la partecipazione delle due franchigie italiane nel fu torneo celtico?

Ritengo che la partecipazione al torneo da parte delle franchigie italiane sia indispensabile, sotto ogni punto di vista si scelga di guardare ed analizzare la cosa, per il movimento azzurro. Senza questo tipo di presenza l’Italia non potrebbe rimanere all’interno del Sei Nazioni, quindi, per il nostro movimento, il fatto di disputare il fu torneo celtico è un qualcosa di necessità assoluta. I ragazzi si confrontano contro atleti di alto livello, la società con altre compagini europee super strutturate, rispetto alle quali, pur essendoci ancora un gap, stiamo cercando, anno dopo anno, di assottigliare il divario.

Visto che si sta per entrare nell’anno lungo del mondiale, avete un accordo di massima con la federazione per la gestione del minutaggio degli “internazionali”?

Non abbiamo accordi specifici con la Federugby in tal senso, ma da parte nostra, e penso anche da parte delle Zebre, credo ci sia buon senso. Siamo consci che un giocatore, in una singola annata, può fare 28, esagerando 30, partite al massimo, e sappiamo quanto sia importante (anche per noi) che i nostri giocatori partecipino attivamente alle vicende della nazionale. Il nostro staff parla spesso con lo staff azzurro, posso dire che c’è un buon rapporto tra i due gruppi di lavoro. Non vengono concordate le presenze a livello numerico con il Benetton, ma quantomeno si è molto attenti e responsabili in tutto ciò, cerchiamo di “voler bene” alla selezione italiana, perché senza nazionale, che è da traino di tutto il movimento, anche noi club saremmo penalizzati. Quindi, la nazionale è sempre d’interesse primario. Qualsiasi ragazzo che gioca con  noi deve sapere che l’occhio di riguardo per ciò che concerne il suo minutaggio (anche in ottica internazionale) è sempre ben aperto e vigile.

Matteo Viscardi

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