La conferenza stampa dell’head coach australiano dopo la seconda, pesante sconfitta contro gli All Blacks ha vissuto momenti di gelo e tensione
Il carattere di Michael Cheika non è dei più docili, è noto. Una volta di più l’head coach della nazionale australiana ne ha dato prova nel corso della conferenza stampa che ha seguito la seconda sconfitta dei Wallabies contro gli All Blacks, anche questa arrivata con un punteggio piuttosto duro per i suoi, 40 a 12.
Già una settimana fa, parte della stampa ovale australiana aveva alzato il livello di pressione sull’allenatore della squadra nazionale, assumendo che la federazione sia poco contenta dei risultati della squadra e che la panchina di Cheika si sia fatta traballante.
Un paio di giornalisti hanno provato a riprendere l’argomento dopo la partita di sabato, ricevendo in cambio da Cheika risposte dure, ma schiette, dimostrando di voler mettere un freno alle speculazioni sul suo posto di lavoro.
“L’ultima persona alla quale sto pensando è me stesso” ha detto secco Cheika.
“Io voglio che l’Australia giochi un buon rugby, e che sia la migliore possibile. Quindi se pensate che io sia preoccupato per me stesso, non mi conoscete. Alcuni possono prendere il lavoro di allenatore di rugby come un lavoro, io lo faccio perché è la mia passione.”
“Io voglio più di ogni altra cosa che l’Australia vinca – ha proseguito, rimanendo composto ma visibilmente accalorato dalle proprie parole, mentre nella sala stampa calava il gelo fra i presenti – Farò del mio meglio, ognuno dei giorni che avrò l’onore di passare in questa posizione.”
Dopo un momento di silenzio, l’ex coach dei Waratahs ha risposto con lo stesso tono a una ulteriore domanda che gli chiedeva se non stesse riflettendo sul momento giusto per farsi da parte, lasciando l’Australia.
“Non lo sapresti” ha risposto a muso duro Cheika rivolto all’interlocutore.
“Non so da dove viene fuori questa domanda. Ho detto esattamente che cosa penso in proposito, categoricamente. Quindi se pensate che sia un dibattito in corso nella vostra testa dovreste prendere delle pillole per risolverlo, perché non c’è nessun dibattito nella mia di testa.”
Con sincera onestà è intervenuto sull’argomento, invocato dalla stessa sala stampa alcuni minuti dopo, la controparte neozelandese di Cheika, Steve Hansen: “Penso che tutto questo faccia parte dello sport, non è così? Voi signori e signore siete implacabili. Dovete vendere giornali e quello [del rischio di esonero di Michael Cheika] è un grande titolo.”
“La cosa importante è che lui non perda fiducia nelle proprie convinzioni e che la squadra non perda di vista che cosa stanno cercando di fare. […] Perdere contro di noi non fa di loro una brutta squadra. Abbiamo visto due test dove gli abbiamo fatto male con i palloni di recupero e stanotte siamo riusciti a fargli male anche da fase ordinata. C’è una squadra piuttosto speciale là negli spogliatoi, e quando verrà il momento fra qualche anno, tipo 5, 10 o 20 anni, guarderemo indietro e penseremo che questo era un gruppo speciale. Non penso che un allenatore debba essere sotto pressione per aver perso contro di noi.”
L’apprezzamento fra colleghi fa sempre piacere. Eppure, conoscendo Michael Cheika, le ultime parole di Hansen non devono esattamente avergli fatto il massimo del piacere: rafforzano la sensazione bruciante di queste due sconfitte nette, e alimentano il fuoco che porterà le due squadre ad affrontarsi nuovamente il prossimo 27 ottobre, al termine del Rugby Championship, per l’ormai tradizionale terzo episodio della Bledisloe Cup.
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