Il trequarti inglese, dopo una stagione vissuta in infermeria, prova a spiegare le ragioni del suo pensiero
Stare lontano dal campo può aiutarti a vedere le cose sotto una prospettiva diversa, con il distacco necessario che a volte ti consente di elaborare le cose al meglio. E’ il caso, ad esempio, di Anthony Watson che – ormai da qualche tempo – non sta calcando le scene ovali a causa di infortunio al tendine d’Achille.
Il trequarti di Bath e soprattutto della nazionale inglese, senza dimenticare anche le sue presenze con i British & Irish Lions, ha affermato negli ultimi giorni: “Per limitare gli infortuni, non penso che la soluzione sia cambiare la natura del gioco – esordisce al Mail on Sunday – la cosa difficile è giocare 25 partite all’anno. Alla fine la tua condizione essendo impiegato così tanto potrà essere al 75 o 80% e quindi sei più esposto al rischio di farti male. Secondo me, il numero massimo di partite in un anno per ogni singolo giocatore può essere individuato in 20″.
Una “provocazione” questa che sta già facendo riflettere, nel mondo britannico e non solo. L’Inghilterra nell’ultimo anno ha dovuto fare i conti con un’infermeria piena all’inverosimile, l’Irlanda qualche anno fa ha concluso il Mondiale con una injury list spaventosa e soprattutto di recente il fatto che Sam Warburton a soli 29 anni abbia dovuto abbandonare l’attività agonistica sono indicatori che tutti stanno prendendo in esame.
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