I club della Premiership potrebbero avere idee molto fantasiose

Da un torneo in stile Ryder Cup, ad una riforma interna e della Champions Cup: le ha messe insieme il Guardian

ph. Reuters

I proprietari dei dodici club della Premiership si incontravano ieri, martedì 11 settembre, per discutere della recente proposta da parte di un investitore privato (la CVC Capital, già in controllo della Formula 1 dal 2016 al 2017) di diventare azionista di maggioranza della lega che gestisce il campionato, per un affare da 275 milioni di sterline.

Secondo Robert Kitson, del Guardian, tuttavia l’offerta – che dovrebbe essere rifiutata – non sarà l’unico argomento di discussione tra i presidenti della Premiership, che starebbero pensando a nuove riforme riguardanti la struttura dei primi due campionati, una possibile riduzione delle squadre partecipanti alla Champions Cup e la possibilità di giocare alcune partite contro le squadre dell’emisfero Sud. Ma andiamo con ordine.

La Champions Cup

Le modifiche di qualche anno fa avevano già ‘abbattuto’ il numero di squadre da 24 a 20, ma secondo gli stakeholder della Premiership il numero dovrebbe essere rivisto al ribasso ancora una volta. Stando al Guardian, si potrebbe discutere di una Champions Cup a 16 squadre, a cui si qualificherebbero le migliori cinque di Pro14, Premiership e Top 14 e la vincitrice della Challenge Cup.

I motivi sono semplici e facilmente intuibili: offrire il pubblico maggiori big match in calendario, eliminare il maggior numero possibile di partite scontate o mediocri e attirare maggiore interesse. E ottenere più ricavi, aggiungiamo noi.

Le sfide con l’emisfero Sud

Come noto, dal 2020 il calendario internazionale cambierà in maniera sostanziale rispetto a quello che conosciamo oggi. Con i Test Match estivi spostati a luglio, il mese di giugno generalmente occupato dalla finestra internazionale resterebbe vuoto (a meno che le leghe non decidano di far slittare i calendari dei campionati, per esempio), così in Inghilterra starebbero pensando ad una competizione basata sul sistema di punteggio della Ryder Cup tra le migliori squadre delle isole britanniche e le migliori squadre del Super Rugby.

L’idea è sicuramente curiosa e un esempio lo offre proprio Kitson. Cinque squadre neozelandesi, tre australiane e cinque sudafricane si dividerebbero le sfide contro inglesi, irlandesi, scozzesi e gallesi: tredici partite verrebbero giocate tra il venerdì e la domenica, con un punto assegnato per ciascuna vittoria. Proprio come accade nella celeberrima sfida Europa-USA di golf. Il primo che arriva a quota sette vincerebbe il trofeo.

La rivoluzione interna

Nuovi tornei, numero di partite in aumento, maggiori rischi per la salute di giocatori già martoriati dal rugby odierno, dagli impatti devastanti e dai continui infortuni. Per quanto riguarda il proprio sistema interno, la Premiership dovrebbe discutere anche di una possibile soluzione che vada incontro alle esigenze di chi poi va effettivamente in campo.

Il principio di base sarebbe quello di costruire delle rose allargate a 60 giocatori, scrive Kitson, magari promuovendo ancor più giocatori dalle rispettive Academy – una prassi già ben consolidata negli ultimi tempi in Inghilterra (i Saracens hanno 30 giocatori provenienti dal settore giovanile, i Chiefs ne hanno promossi 14 quest’estate).

Con 60 giocatori a disposizione, ciascuna squadra potrebbe schierare formazioni competitive sia nella Premiership che nella Premiership Shield, ovvero il campionato delle seconde squadre. Le partite dei due tornei verrebbero giocate in parallelo al torneo principale, quindi nel weekend e non più il lunedì come accade oggi, in modo da garantire ad ogni club sempre una partita in casa, con la prima o la seconda squadra.

Il punto più controverso, però, arriva ora: nelle intenzioni della lega, lo Shield sostituirebbe l’attuale Championship come torneo cadetto, a cui parteciperebbero dunque le dodici squadre B più altri due team, ipoteticamente i London Irish e la miglior squadra non promossa della Championship – gli Ealing Trailfinders, stando all’ultimo anno.

London Irish e Ealing Trailfinders sarebbero le uniche due squadre dello Shield ad avere il diritto di avanzare in Premiership: se dovesse essere una delle squadre B a vincere il campionato, dal massimo torneo inglese non vi sarebbe alcuna retrocessione nella serie cadetta. L’eventuale retrocessione dallo Shield, invece, verrebbe decisa con un playout con la vincitrice della lega inferiore, a quel punto il terzo campionato per importanza nel Paese.

È difficile capire quante di queste proposte possano realmente prendere piede in un futuro prossimo, ma certamente le indiscrezioni raccolte dal Guardian ci dicono di una lega di Premiership quantomai ambiziosa e pronta a mettersi in gioco, pur con progetti in alcuni casi problematici – il torneo in stile Ryder Cup, per esempio – e che faranno storcere il naso a molti puristi del rugby e, almeno in Inghilterra, a chi vorrebbe maggiore collaborazione tra la nazionale e i club.

Quando però sono il business, la possibilità di aumentare il proprio giro di affari e la volontà di far divertire sempre di più il pubblico – non necessariamente un riflesso positivo per chi scende in campo, come stiamo imparando a capire – a muovere le menti e a tirare le fila, anche le idee all’apparenza meno credibili spesso possono prendere forma. E proprio il rugby ci ha consegnato in merito diversi esempi negli ultimi anni, dall’espansione a Sud del Pro14 al Super Rugby globalista e logisticamente folle. Alle stranezze, insomma, ci stiamo abituando.

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