La franchigia di Parma si sbriciola al cospetto dei Dragons, i veneti continuano nel loro (convinto) percorso di crescita
Ci sono volute quattro giornate di Pro14 perché arrivasse la prima doppia sconfitta per le squadre italiane, entrambe impegnate in trasferta in Galles. Due sconfitte maturate in maniera diversa e contro squadre dalla cilindrata diversa, ma che hanno finito per mostrare finalmente tutti i limiti delle due compagini di casa nostra, che già dal prossimo fine settimana saranno chiamate a reagire per mantenere in positivo i rispettivi bilanci di vittorie e sconfitte.
Sotto l’incessante pioggia di Newport, le Zebre sono naufragate e hanno ceduto ai Dragons, offrendo una prestazione piuttosto grigia nonostante siano rimaste a lungo a contatto nel punteggio.
Contro gli Ospreys, che hanno beneficiato del rientro di gran parte dei titolari, un Benetton rimaneggiato rispetto alle ultime uscite ha invece avuto la peggio, pur battagliando con coraggio contro un avversario apparso per il momento più forte.
I tanti limiti delle Zebre da trasferta
Alla vigilia della trasferta di Newport, un moderato entusiasmo circondava le Zebre: dopo la rimonta casalinga completata contro i Cardiff Blues una settimana prima, sembrava legittimo attendersi una prestazione in linea con i secondi quaranta minuti della partita precedente, alla ricerca di una ambita vittoria corsara.
Fuori dall’Italia le Zebre hanno più di qualche problema, non da oggi: nella scorsa stagione le vittorie esterne sono state 3, di cui una è arrivata a Treviso nell’ultima giornata. Le altre sono quella di Port Elizabeth contro i Kings e quella dello scorso febbraio a Galway, contro Connacht, ultima vittoria in terra straniera.
Quanto auspicato in settimana non si è però verificato, e contro i Dragons si è vista una sorta di replica del primo tempo di sette giorni prima: un sacco di errori gestuali, tanti palloni persi a contatto, una indisciplina costante cercando di recuperare il pallone dalle mani avversarie e una difesa che risulta efficace solamente quando riesce a togliere spazio salendo rapidamente, perché latita nel placcaggio uno contro uno, .
A questi difetti che appaiono ormai costanti nelle prestazioni zebrate, soprattutto quando non si gioca fra le mura amiche, si sono aggiunte sabato alcune situazioni che hanno finito per generare una prestazione scialba e frustrata contro una squadra quadrata, ma non irresistibile come i Dragons. Solamente 14 delle 22 rimesse laterali a proprio favore sono terminate fra le mani dei giocatori in maglia bianca, con una prestazione purtroppo non all’altezza da parte del giovane Ceciliani, dopo che anche il lancio di Fabiani non aveva incantato per pulizia. Anche la mischia chiusa è stata sofferente, e sovente punita dall’arbitro Neville.
Senza fonti di gioco dalle quali generare possesso, le Zebre hanno completato la partita avendo ottenuto il pallone per il 35% del tempo, e occupato il territorio avversario per il 31%. Nel primo tempo, una difesa non sempre di qualità non ha potuto resistere ad una situazione che vedeva ovale e campo in controllo costante degli avversari, ma la squadra italiana è comunque riuscita a rimanere agganciata alla partita. Nella seconda frazione, quando ha avuto maggiormente l’ovale a disposizione, gli errori gestuali e la totale inaffidabilità della rimessa laterale hanno inficiato l’efficacia del gioco e compromesso l’eventuale rimonta. Semplicemente, nonostante qualche occasionale folata, le Zebre non sono mai riuscite a costruire niente di concreto, fatta eccezione per l’azione della meta di Bellini, unica vera occasione in cui tutti i pezzi sono andati al posto giusto.
Fra le poche note positive del weekend, da segnalare lo stato di forma di Biagi, presenza costante a far legna sia in attacco che in difesa, e l’impatto di Tuivaiti, perfettamente a suo agio nell’impiego richiesto: portare costantemente avanti l’ovale.
Aldilà delle prestazioni dei singoli però, è la prova del collettivo a destare i maggiori dubbi in vista dei prossimi, ardui impegni contro Ospreys e Glasgow: c’è da lavorare concretamente su una serie di fondamentali imprescindibili per poter competere, in primis la rimessa laterale, e trovare un equilibrio psicologico fra il debordante entusiasmo di quando riesce tutto e la avvilita frustrazione di quando le cose non girano secondo volontà.
Il salto di qualità del Benetton Rugby
Dopo la prestazione di primo livello fornita a Llanelli, in seguito, peraltro, ai due successi con Dragons (in controllo) e Cardiff Blues (in rimonta), la considerazione del Benetton Rugby, da parte di stampa ed addetti ai lavori gallesi, ha raggiunto livelli probabilmente mai toccati in precedenza. La vigilia in casa Ospreys, infatti, per bocca anche di coach Clarke, non è stata affiancata dalla solita sensazione di facilità che ha preceduto per anni le sfide casalinghe contro le franchigie italiane. Il team di Swansea era consapevole di dover giocare vicino al massimo delle proprie possibilità per portare a casa un prezioso successo per risalire in graduatoria Pro14 e si è presentato in campo con il miglior XV presentabile attualmente, caratterizzato dalla presenza massiccia di nazionali di Gatland.
Non si può dire lo stesso per il team di Kieran Crowley, che ha attuato una turnazione scientifica con vista sull’intera stagione, rinunciando, però, a cinque elementi, tra campo e panchina, che avevano fatto la differenza in apertura di torneo. Pur senza Allan, Morisi, Tavuyara, Pasquali e Faiva (per motivi familiari), il Benetton Rugby ha dimostrato sul campo di aver fatto un salto di qualità notevole in termini di autostima (che il più delle volte arriva quando un giocatore può fidarsi totalmente del “sistema” orchestrato da coach e staff, e questo sembra esserne assolutamente il caso). I ragazzi veneti, infatti, soprattutto nel corso della prima frazione, nonostante la serata gagliarda dei padroni di casa, hanno portato avanti con personalità il game plan studiato dall’allenatore neozelandese, senza farsi condizionare troppo dalle situazioni contingenti.
Il piano di gioco prevedeva un attacco per linee dirette, da ogni zona del campo, nelle primissime fasi delle azioni, per provare a sfruttare alcune lacune abbastanza evidenti nel sistema difensivo dei padroni di casa. Un piano eseguito con costrutto e continuità, che ha messo a nudo i limiti difensivi dei ragazzi di Clarke, costringendoli, nella prima frazione, ad annaspare e concedere diversi calci di punizione, alcuni anche in zone caldissime.
Con il passare dei minuti, però, è emersa la differente cilindrata complessiva tra i 23 a distinta dei due club, con il Benetton che ha lanciato, per la primissima volta in stagione Alberto De Marchi (bentornato!) , Giuseppe Di Stefano, Edoardo Gori e Ian McKinley, pagando, dunque, un inevitabile deficit fisico, al cospetto di una squadra in condizioni eccellenti, soprattutto nei suoi uomini chiave con Geroge North e Justin Tipuric apparsi in uno stato di forma sublime, già più che pronti per un novembre internazionale da assoluti protagonisti. Difficile, dunque, pretendere di tener botta per 80 minuti, ma paradossalmente, per il Benetton, l’uscita di Swansea rappresenta un altro passo in avanti nel percorso di crescita collettivo della rosa, nonostante la sconfitta.
Gli altri temi del weekend
A chi chiedere qualcosa di più
Senza Giammarioli e con Minozzi, notoriamente fermo ai box, l’incombenza di creare qualcosa ricade ancor più sulle spalle di Carlo Canna, che però stavolta ha faticato, oltre a concedere con un errore grave in difesa la seconda marcatura pesante ai gallesi. Per supportare il numero 10, era lecito aspettarsi di più da Licata e Meyer, componenti della terza linea apparsi appannati rispetto allo scorso anno, quando erano stati costantemente fra i migliori in apertura di stagione.
Padovani s.v.
L’esperimento di Padovani all’ala rimane fondamentalmente senza voto: l’ex Tolone si è fatto trovare solo una volta non perfettamente piazzato da un calcio dietro le sue spalle di Robson che ha però eseguito nell’occasione un calcio davvero formidabile per trovare la rimessa. Poco coinvolto in altre situazioni, specie in alcune tipiche del ruolo che potrebbero aiutare a farsi un’idea più completa, il giocatore si è prodotto in una accelerata sull’out di sinistra niente male nella ripresa, evidenziando che la rapidità per vestire quella maglia non manca, e alle Zebre fa comodo avere in campo il maggior tasso di talento possibile.
La prima volta (dall’inizio) di Rizzi
Il ragazzo friulano non ha rubato l’occhio, faticando un attimo a carburare, pur dimostrando, però, alla lunga, di poterci già stare a livello Pro14. La prova è stata abbastanza buona (almeno in rapporto alle attese della vigilia), con qualche luce ed altrettante ombre: un apporto più che discreto nel gioco tattico, con calci per risalire il campo anche di eccellente qualità, e, tutto sommato, contornati anche da una più che accettabile consistenza difensiva, anche se un paio di placcaggi mancati sono pesanti. Così come non si possono dimenticare i due piazzati, assolutamente alla portata, mancati in avvio. Sei punti che avrebbero certamente aiutato il Benetton Rugby a salire immediatamente di colpi, che, invece, sono andati persi, non permettendo di posizionare un cuscinetto di “sicurezza” alla franchigia italiana, trovatasi immediatamente a rincorrere alla prima sgasata gallese.
Errori gestuali in zona calda
Se c’è un aspetto del gioco in cui il Benetton Rugby può ancora crescere esponenzialmente, quello è proprio la gestione dell’ovale con maggior perizia nella zona rossa. Troppe, infatti, le occasioni sciupate per eccessiva frenesia (per carità, dettata anche da una buona difesa avversaria) una volta dentro i 22 metri degli Ospreys. Una situazione per certi versi più comprensibile al Liberty Stadium, contro un team destinato, senza infortuni o situazioni particolarmente sfortunate, ad essere in lizza anche per il primo posto della propria conference, ma che si è già vista qua e là anche nel corso di altre uscite stagionale, similmente a quanto accaduto alla selezione azzurra nella passata stagione.
Lorenzo Calamai
Matteo Viscardi
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