L’iconico fischietto gallese ha approfondito il tema attraverso un suo articolo su Wales Online
Se un paio di weekend or sono avete visto la sfida in terra gallese tra Dragons e Zebre Rugby, non vi sarà certamente sfuggito un dettaglio molto interessante. Il direttore della gara di Rodney Parade, infatti, era Joy Neville, giovane ed apprezzatissimo arbitro irlandese. “Segni particolari”: donna. Una femmina speciale, anche se lei certamente non converrebbe con noi sull’aggettivo, che ha riscritto la storia dei fischietti nel Pro14.
Dopo essere divenuta la prima ragazza a fare l’assistente in match di coppe europee, Neville è stata la prima donna di sempre ad arbitrare una partita nel fu torneo celtico (Southern Kings v Ulster, nel dettaglio), abbattendo così una “barriera” di genere e mostrando al mondo tutte le sue qualità di direttore di gara, già note a chi la seguiva da tempo nel suo percorso di crescita, dopo la fine della sua carriera da giocatrice ovale.
Un debutto, il suo, che non è passato ovviamente inosservato anche a colui che è univocamente considerato il numero 1 dei fischietti mondiali. Nigel Owens, infatti, partendo proprio dai primi passi della Neville nel Pro14 e dal loro rapporto come colleghi, ha analizzato lo sviluppo del mondo del rugby, sempre più inclusivo, anche per ciò concerne le donne, in un interessantissimo articolo apparso sul suo blog, su ‘Wales Online’.
“Il mondo del rugby è diventato molto più inclusivo, anno dopo anni. Un tempo era un ambiente esclusivamente maschile, poi, step by step, anche le donne hanno iniziato a seguire l’ovale, ad andare al campo per guardare la partita e discuterne con gli uomini. La crescita fuori dal rettangolo verde, di riflesso ha portato anche ad uno sviluppo sul campo, con sempre più giocatrici desiderose di mettersi alla prova in prima persona, e allo stesso tempo, anche più arbitri di sesso femminile. Quello di Joy (e delle altre ragazza ai vertici) non è un esperimento fatto dal nostro sport per vendere più biglietti ed attrarre attenzione. Lei è lì perché ha dimostrato il suo valore. Come accaduto per me in passato. Non avrei mai sopportato l’idea di fischiare in una finale mondiale perché “diverso” in quanto gay. In futuro vedremo più donne arbitrare partite di rugby”, ha scritto, in un paio di passaggi focali, Owens.
Pensiero con il quale è difficile non concordare, soprattutto per chi vive in una realtà, quella italiana, che può vantare due eccellenze, in tal senso, come Maria Beatrice Benvenuti, fischietto a cinque cerchi in quel di Rio de Janeiro e volto noto anche degli studi TV, e Clara Munarini, prima donna italiana ad arbitrare una gara di “primo livello” maschile nel nostro paese.
A chiosa della sua analisi, poi, l’iconico arbitro gallese ha raccontato un piccolo aneddoto su un collegiale parigino vissuto in compagnia della Neville. “Lo ammetto, almeno all’inizio è difficile non avere almeno qualche remore nel linguaggio, quando in un gruppo di soli uomini si aggiunge anche una ragazza. Joy, però, accortasi di come ci stessimo rendendo ridicoli nel parlare in modo sin troppo gentile ed educato, ci ha chiesto quando avremmo smesso di fare gli ‘schiocchi’. Pretendeva di essere trattata come tutti gli altri, semplicemente come un arbitro, generico, in tutto e per tutto”, ha narrato l’esperto direttore di gara.
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