In un’intervista il ct della Rappresentativa della Rosa racconta il suo passato e il progetto tattico verso la RWC 2019
Fra pressioni, infortuni e soprattutto sconfitte (3 vittorie su 8 incontri), il 2018 dell’Inghilterra è stato per ora un anno piuttosto difficile, ma un’ulteriore verifica deve ancora venire: quella dei Test Match di novembre, quando i britannici affronteranno in successione Sudafrica (03/11), All Blacks (10/11), Giappone (17/11) e Australia (24/11).
Eddie Jones è atteso al varco sia dalla stampa sia dall’opinione pubblica. La sua squadra deve dimostrare qualcosa, altrimenti il progetto verso la Rugby World Cup 2019 perderà ulteriori certezze.
La creazione di un’identità
In un’intervista rilasciata al sito ufficiale della Federazione (in collaborazione con lo sponsor della nazionale anglosassone), il commissario tecnico ha detto: “Il picco di forma dovremo raggiungerlo dal 2 di novembre in poi, senza però pensare ad altro. Non dobbiamo iniziare a pensare ora alla Coppa del Mondo, anche perchè prima passeremo dal Sei Nazioni 2019. Ci sono aspetti che dobbiamo considerare e che devono diventare propri della squadra”. Una frase l’ultima che lascia presupporre il pensiero di Jones sull’inserimento di nuove conoscenze per il suo gruppo. Un’evoluzione che giocoforza andrà trovata, senza “scimmiottare” – come lui stesso ammette – gli All Blacks.
Al netto degli infortuni, esaminando appunto le ultime 8 partite degli inglesi sono due le cose balzate immediatamente all’occhio: un modo molto piatto di affrontare gli avversari dal punto di vista tattico, che in campo ha paradossalmente inceppato l’ingranaggio di un’orchestra dove si suona sempre il solito motivetto andando poi a sbagliarlo sistematicamente, e la mancanza di alternative frizzanti nel tanto sbandierato ultimo quarto di gara dei finisher; a cui aggiungere poi la querelle legata ai gradi di capitano: Hartley o Farrell? Nella creazione di un’identità di gioco e di squadra anche questo non è un aspetto da sottovalutare.
Le influenze del calcio
E se Eddie Jones pensasse al calcio per trovare una via da percorrere verso il mutamento inglese? Per lui non sarebbe una novità: “Quando allenavo il Giappone, l’influenza più grande per me era quella di Pep Guardiola e del suo Tiki-Taka. Essendo una squadra di non alto livello come le corazzate che affrontavamo, dovevamo trovare un modo per provare a batterle: capimmo che dovevamo muovere il pallone velocemente.
Lo incontrai una volta e lui mi dedicò un’ora e mezzo del suo tempo in una discussione molto utile”. E non è l’unico manager del calcio inglese a cui il ct ha chiesto udienza. Nella lista vi sono infatti Arsene Wenger, Sir Alex Ferguson, Roy Hodgson e anche l’attuale selezionatore Gareth Southgate.
Attingere concetti da discipline diverse non è molto facile, lo stesso calcio negli ultimi anni focalizzando l’attenzione sulla preparazione delle palle inattive ha spesso “copiato” il basket con blocchi atti a liberare saltatori/tiratori di un certo livello. Nel rugby gli spazi e le dinamiche di gioco sono più complicate, ma lavorare sulla “densità” intorno alla palla è un principio su cui l’Inghilterra può focalizzarsi. Infondo una difesa che sale in maniera asfissiante, altri non è che – estremizzando la visione – un pressing molto accentuato.
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