La Challenge Cup delle italiane: quali obiettivi per Benetton e Zebre

Sabato inizia la seconda coppa europea per entrambe le italiane, che non possono proprio permettersi di snobbarla

benetton steyn

ph. Ettore Griffoni

Come in diversi altri sport, anche la seconda competizione europea per club del rugby vive in una sorta di limbo tra chi la considera strategica, chi vorrebbe sfruttarla come vetrina per mettersi in mostra e chi non la considera affatto; tra chi gioca ogni partita al massimo delle proprie possibilità e chi, invece, decide di iniziare a prenderla più o meno sul serio a partire dai quarti di finale.

La Challenge Cup non sfugge a queste logiche e a queste dicotomie che di riflesso la rendono in genere poco allettante a livello generale, anche perché non ha quasi nulla che la rende una competizione di culto come potrebbe essere la sgangherata Europa League calcistica. Per Benetton e Zebre, in ogni caso, tutti questi discorsi perdono quasi completamente di senso: lo status e la reputazione delle italiane in Europa ‘costringono’ in teoria entrambe le squadre a non potersi permettere una scelta, soprattutto quest’anno.

Vale la pena ricordare, infatti, che la doppia partecipazione alla Challenge Cup 2018/2019 delle due franchigie non può essere considerata un vanto, anzi. Per la prima volta dall’istituzione dell’Heineken/Champions Cup, avvenuta nel 1995, nessuna squadra italiana vi parteciperà, perché il nuovo sistema meritocratico voluto dall’EPCR sulle modalità di qualificazione dal Pro14 le ha quasi automaticamente escluse sul momento. Bastava poco del resto, considerando il rendimento sempre precario di Benetton e Zebre nell’ultimo lustro in Celtic, ad eccezione della brillante stagione dei biancoverdi dello scorso anno (che comunque non era bastata nemmeno per andare ai playoff per un posto in Champions).

La partecipazione ad una coppa europea per il momento più consona al livello di entrambe, comunque, non deve essere vista come una ‘punizione’ (meritata, tra l’altro), ma deve rappresentare un’opportunità: per vincere il maggior numero di partite possibili, che ad un movimento come il nosttro fa sempre bene; per giocare più partite partendo da una situazione di vantaggio sulla carta, che nella costruzione di un mentalità vincente è un tassello pure fondamentale (e che in Champions non sarebbe mai successo); per avere, di conseguenza, sempre più continuità di rendimento.

Puntare in alto, ma quanto in alto?

Sponda Benetton

Delle due, il Benetton è senza ombra di dubbio la squadra che ha le maggiori possibilità di realizzare qualcosa di importante in Challenge Cup. Ha una rosa piuttosto completa, non numericamente ma nella qualità degli uomini, ha un girone con due squadre francesi di bassa classifica (che non guasta mai, in genere) e sembra essere in costante ascesa per maturità tecnica e capacità di giocarsela sempre alla pari con quasi tutti gli avversari.

I Leoni stanno imparando a farsi conoscere anche nel resto d’Europa nelle ultime settimane, sia per le due vittorie consecutive all’inizio sia per la grande partita in casa degli Scarlets, e dilapidare sul palcoscenico continentale il credito reputazionale acquisito finora sarebbe un vero delitto. Treviso è la seconda forza del suo raggruppamento, dietro gli Harlequins ma davanti a Grenoble e Agen, che presumibilmente daranno poco peso alla Challenge perché impegnate nella più remunerativa lotta salvezza nel Top 14.

Il passaggio del turno, facendo tutti gli opportuni scongiuri del caso, è ampiamente alla portata, se non come prima almeno come una delle tre migliori seconde. Un obiettivo raggiungibile in caso di doppia sconfitta con gli Harlequins, a patto di racimolare almeno 18 punti nelle quattro sfide contro le due squadre transalpine. E poi? La concorrenza al turno successivo rischierebbe di essere troppo alta per i Leoni, in un torneo che vede pure la presenza di Clermont, Stade Francais e Ospreys, ma giunti ai quarti di finale ogni partita potrebbe essere buona per confezionare una piccola e memorabile impresa.

Guardando allo scorso anno, il paragone con i Cardiff Blues – poi vincitori del torneo – diventa troppo allettante per essere ignorato. Pur non essendo distanti dai gallesi come livello assoluto, questi ultimi hanno spesso dimostrato di avere dei picchi di brillantezza ed efficacia davvero notevoli per una squadra della classe ‘media’, e che forse il Benetton ancora non ha (o non ha ancora avuto bisogno di farli vedere). Vietato fare analogie, insomma.

Sponda Zebre

Le Zebre affronteranno il torneo con meno pressione rispetto al Benetton, un po’ obbligato come abbiamo visto a darsi degli obiettivi più ambiziosi del normale. Con una rosa più corta e l’impellente bisogno di fare turnover per non appesantire le gambe di tutti i titolari, per i ducali sarà difficile mantenere sempre lo stesso livello prestazionale per tutte le sei partite, anche se in questo senso sono arrivate risposte incoraggianti da diverse ‘seconde linee’ nell’ultima trasferta di Glasgow.

Subire qualche imbarcata in meno dello scorso anno, inoltre, sarebbe già un notevole passo in avanti. Nel 2017/2018, i ducali chiusero il girone con la seconda peggior difesa del torneo, davanti solo al Krasny Yar e dietro anche all’Enisej, subendo 45 punti dall’Agen, 42 dal Pau e 69 dal Gloucester in trasferta, facendosi rimontare da 30-7 a 33-38 dal Pau in casa.

Questa volta il girone pare meno duro: Bristol è una squadra di grandi talenti ma nel complesso inferiore al Gloucester; La Rochelle e Pau sono invece sulla stessa lunghezza d’onda, ma i russi dell’Enisej non possono essere considerati una minaccia al pari dell’Agen. Con i siberiani, ogni risultato diverso da due vittorie sarebbe una brutta figura, mentre un altro successo in una delle due partite in casa – dove potrebbero giocare sempre i titolari – contro La Rochelle o Bristol può essere messo nel mirino.

La qualificazione, invece, appare cosa proibitiva, in quanto richiederebbe almeno quattro vittorie più qualche altro punto di bonus da raccogliere qua e là. Ma alle Zebre, più che il passaggio del turno, si richiede soprattutto una maggiore competitività.

Daniele Pansardi

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