Nella conferenza stampa di venerdì pomeriggio, l’head coach ha parlato del match con gli Azzurri e del movimento georgiano
Firenze – “Sempre, in qualsiasi partita, il nostro obiettivo non è competere, è vincere.”
Esordisce così il capitano Merab Sharikadze alla conferenza stampa seguente il captain’s run della Georgia allo stadio Artemio Franchi di Firenze. A fianco a lui, Milton Haig, l’head coach della formazione est-europea.
“Siamo assolutamente pronti” dice il tecnico neozelandese.
“Di questa partita si è parlato molto. Quando giocheremo con l’Italia? Quando avremo la possibilità di giocare con l’Italia? Giochiamo con l’Italia? Beh, eccoci qua: domani giochiamo contro l’Italia. Tutta la squadra, chiunque sia coinvolto nell’ambiente della nazionale e, oserei dire, tutto il paese stava aspettando questa partita.”
L’argomento si sposta poi sul versante del rugby giocato. Durante l’allenamento di venerdì mattina il XV titolare georgiano ha lavorato soprattutto la distribuzione difensiva, per opporsi a un’Italia dalla quale ci si aspettano massicce dosi di gioco alla mano.
“Negli ultimi due anni e mezzo, da quando Conor è in carica, il gioco della nazionale italiana è cambiato. Adesso gli italiani amano di più correre e giocare il pallone fuori, perché questo è dove vogliono portare il loro gioco in futuro. Domani il tempo sarà buono e il terreno in ottime condizioni, quindi ci aspettiamo che l’Italia usi il pallone e voglia muoverlo, come hanno dimostrato di poter fare durante il Sei Nazioni e, a sprazzi, anche nella partita contro l’Irlanda.”
“Abbiamo passato una buona parte degli scorsi sei mesi a studiare il nostro avversario di domani, conoscerlo nei dettagli. Domani, però, dipenderà soprattutto da noi. Come staff abbiamo fatto tutto il possibile a livello di fornire informazioni ai giocatori perché domani, quando ci sarà il fischio d’inizio e la battaglia comincerà, ognuno sia pronto.”
“E’ vero che abbiamo diversi infortunati, non è un mistero, ma questo è il rugby. Non è la prima volta che affrontiamo una partita con qualche giocatore fuori. Abbiamo comunque scelto una formazione esperta, priva di debuttanti. Abbiamo lavorato bene nell’accrescere la profondità della nostra rosa negli ultimi anni e sarà interessante vedere cosa possono portare alla squadra i ragazzi che finora hanno avuto meno chances.”
Haig, che è da sette anni capo allenatore della nazionale georgiana, ha speso anche parole su cosa c’è dietro la partita fra Italia e Georgia, sul perché è così attesa, soprattutto dalle parti di Tbilisi: “Tutto il movimento seguirà l’incontro: se facciamo bene in questa partita potremo far sì che si crei una maggiore discussione sulla nostra partecipazioni a competizioni più importanti. Probabilmente questa partita non sarà esattamente la ragione per cui la composizione del Sei Nazioni cambierà, ma sappiamo che una buona performance ci aiuterà a farne parlare.”
“A noi piacerebbe un Sei Nazioni che diventasse a sette squadre, ma anche un sistema di promozione e retrocessione andrebbe bene. Non abbiamo una vera e propria posizione su come il Sei Nazioni dovrebbe essere: quello che vogliamo è una chance per partecipare.”
Sotto l’egida del coach neozelandese il rugby si è sviluppato non solo a livello di prestazioni della nazionale maggiore, ma anche e soprattutto come movimento generale. Molto, però, si deve al mecenate ovale Boris Ivanishvili, ex primo ministro del paese e una delle duecento persone più ricche al mondo. Haig non ha timori a riguardo: la crescita del rugby in Georgia non è più legata solamente ad alcuni individui, ma è sufficientemente strutturato per reggere l’urto con i migliori al mondo.
“Quello che succede nel rugby in Georgia è incredibile – dice Haig – Tutto è cambiato radicalmente da quando sono arrivato ad adesso. Certo, è noto a tutti che l’appoggio di Boris Ivanishvili ci abbia aiutato a costruire molte infrastrutture e che sta continuando a supportarci, così come lo sta facendo anche l’attuale governo georgiano. Il futuro del rugby in Georgia però è assicurarci che continuiamo a vincere partite e a competere e a crescere. E sta succedendo, se guardiamo ad esempio ai risultati ottenuti alla coppa del mondo under 20 in Francia. Il rugby georgiano è in ottima salute, anche dal punto di vista della strutturazione del movimento.”
Lorenzo Calamai
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