Una vittoria chiave e una sconfitta frustrante

Quella del Benetton, che pone fine ad un periodo complicato. E quella delle Zebre, ancora una volta rimaste a zero

monty ioane

ph. Ettore Griffoni

Minima produzione, massimo risultato. Con 22 punti segnati e cinque punti raccolti, la vittoria del Benetton in casa dei Kings può essere riassunta così. Complice una serata ancora una volta non eccezionale di McKinley (6/12 in stagione), condizionato anche da vento e posizioni laterali, il punteggio finale a Port Elizabeth è stato forse più stretto di quanto abbia detto la partita, ma visto l’andazzo delle ultime settimane per i Leoni è tutto grasso che cola.

I biancoverdi hanno reso frustrante il match ai Kings, con una tripletta da rolling maul che avrebbe tagliato le gambe a chiunque. Oltre all’incapacità di fermare i carrettini italiani, i sudafricani hanno pagato una copiosa indisciplina che ha vanificato la fisicità messa in campo nelle collisioni e l’attenzione nel non lasciare varchi in fase difensiva; dall’altra parte, l’attacco dei Leoni non ha certamente brillato (appena 9 difensori battuti in totale) e non ha quasi mai impostato un ritmo incalzante in attacco, se non per brevi periodi del match. Ma senza tanti nazionali non poteva essere semplice.

A tal proposito, Kieran Crowley può essere soddisfatto dalle indicazioni arrivate a Port Elizabeth dai giocatori su cui era maggiormente puntata la lente d’ingrandimento: Lamaro (23 placcaggi, molti dei quali in avanzamento) si è confermato un talento di sicuro avvenire, Pettinelli, Riccioni e Zanon non hanno sfigurato, mentre Esposito ha dimostrato di poter essere un rincalzo affidabile di Hayward.

Chi invece dovrebbe essere molto contrariato è Michael Bradley, perché la sterilità offensiva delle Zebre è diventata a tratti preoccupante. I punti segnati nelle ultime tre partite sono appena 7: l’unico squillo resta quella di Renato Giammarioli contro Munster, una settimana fa. Per il resto, i tabellini sono rimasti a zero sia contro i Cardiff Blues sia contro gli Ospreys: due trasferte difficili e con tanti giocatori assenti per impegni internazionali o infortuni, è vero, ma questo non può essere una giustificazione per coprire tutti gli errori – individuali e collettivi – visti ultimamente.

A Swansea, i ducali di fatto non sono mai riusciti a costruire una piattaforma di gioco quando ne hanno avuto la possibilità, vuoi per un in avanti banale, vuoi per un lancio in touche storto, vuoi per una scelta di gioco mal eseguita dal singolo. Di riflesso, non riuscire ad incanalare sui binari giusti nemmeno un’azione in attacco è poi uno degli ingreidienti migliori per perdere il contatto in partite come quelle di venerdì sera, in cui l’avversario – già più forte e confidente sulla carta – si prende ogni vantaggio da tutte le situazioni di favore.

Gli altri temi del weekend

Difesa da prima fase

Se il Benetton ha un problema evidente e persistente, è la difesa da prima fase. Dopo aver regalato una soft try ai Cheetahs a Bloemfontein, anche i Kings hanno trovato terreno fertile in quella zona di campo tra i primi uomini schierati fuori dal raggruppamento. Problemi di comunicazione? Possibile, anche se nel caso della meta dei Kings va sottolineata anche la pregevole linea di corsa di Kruger. Qualcosa comunque dovrebbe essere rivisto.

Buone le strutture, meno tutto il resto

In quello che si propongono di fare le Zebre, sia in attacco sia in difesa, sembra esserci un senso e un’organizzazione. A mancare, contro gli Ospreys e non solo, è purtroppo tutto il resto: nella fase offensiva si sono perse al momento efficacia, rapidità e quel pizzico di incoscienza che caratterizza talvolta le folate bianconere, per non parlare del disastro in rimessa laterale (5 perse su 15) e in maul, mentre in difesa è sopratttutto l’indisciplina (17 falli commessi) ad aver schiacciato le Zebre dentro i propri 22 per larghi tratti del match. I ducali hanno dimostrato ancora una volta di trovarsi a proprio agio con il sistema difensivo implementato dallo staff tecnico e di saper essere combattivi e ruvidi al punto giusto, ma passare la maggior parte del tempo a placcare alla morte può solo essere improduttivo.

Monty contro tutti

Nessuna delle ali passate dall’Italia negli ultimi anni ha il bagaglio tecnico e atletico di Monty Ioane. E in questa sede non parliamo solo della sua accelerazione sul breve e sul lungo, del fiuto per la meta e dei suoi giochi di gambe, ma principamente del suo stile di gioco senza palla. Anche contro i Kings, l’australiano si è messo in mostra per le sue abilità nel seguire gli up&under e nella puntualità con cui arriva sul pallone, se non per contenderlo in aria quantomeno per stendere il diretto avversario non appena pianta i piedi sul terreno. Dei suoi 6 placcaggi, inoltre, quasi tutti sono stati in avanzamento.

Edoardo Padovani, un passo alla volta

Uno dei migliori a Swansea è stato senza molti dubbi l’estremo bianconero, che ha messo un altro tassello nel suo personale percorso di crescita e riabilitazione. È stato uno dei pochi a portare la palla avanti con una certa concretezza in fase offensiva, mentre dietro si è ben distinto per copertura del campo e letture di gioco. Visti gli infortuni di Minozzi e Bellini, due delle principali armi offensive delle Zebre, il suo contributo nei prossimi due mesi sarà ancor più prezioso per Bradley.

Daniele Pansardi

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