Il rientro in campo e il momento delle Zebre: intervista a Maxime Mbandà

Con il terza linea abbiamo parlato delle recenti difficoltà dei ducali, soprattutto in trasferta e nel segnare punti (solo 7 in tre partite)

maxime mbandà zebre

ph. Luca Sighinolfi

Non è un momento facile per le Zebre. I ducali sono reduci da tre sconfitte consecutive molto pesanti, con due ‘zeri’ sui tabellini e un totale di 7 punti segnati nel complesso. I tanti (se rapportati alla rosa) infortuni che stanno caratterizzando la stagione inoltre non stanno certamente dando una mano allo staff guidato da Michael Bradley, che ha dovuto operare spesso scelte forzate e mandare in campo elementi appena arrivati dal mercato. Di recente, dall’infermeria è quantomeno uscito Maxime Mbandà, tornato in azione contro Munster e Ospreys. Lo abbiamo intervistato per parlare del suo rientro e della situazione in casa bianconera.

Maxime, dopo due partite sei già al 100%?

Non mi sento così spaesato, diciamo così. Ho tanta voglia di fare, che è la componente maggiore. Ho un sacco di arretrati e di mesi persi per infortunio negli ultimi due anni che mi hanno fatto rosicare tanto. La volontà è la prima cosa. Mi sento bene fisicamente, però man mano recupererò la forma migliore. Più muscoli di prima? In questi mesi ho avuto la possibilità di mettermi a posto. Adesso sto bene, e spero di migliorare sempre di più. Rispetto agli anni scorsi, fisicamente sto molto meglio.

Nelle prime due uscite abbiamo visto che ti sei spesso proposto con linee di corsa interessanti in attacco, mentre in difesa sei sempre stato molto aggressivo nell’uscita dai blocchi. È questo che ti chiede Bradley? Di portare dinamismo?

Le mie caratteristiche sono note, sia in attacco sia in difesa. Quello che posso fare è dare dinamismo, sì, ma la squadra ha una base solida e lo ha dimostrato. Purtroppo nelle prime due partite, da quando ho iniziato di nuovo a giocare, non ci sono state le migliori proposte di gioco da parte delle Zebre. Nonostante gli infortuni a Marci (Violi) e Minozzi, la squadra c’è, ma dobbiamo metterci in testa che possiamo vincere e toglierci soddisfazioni. Le partite come quella di sabato scorso ci stanno; cadere ci sta, ma come è successo a me l’importante è rialzarsi.

Come dici tu stesso, l’impressione è che la squadra ci sia. In effetti, anche da fuori le Zebre sembrano avere strutture ben organizzate sia in attacco sia in difesa. Non riuscite probabilmente ad essere efficaci nel giocare la singola situazione. Cosa ne pensi?

Sicuramente la struttura è solida. Ma a questo livello ogni singolo errore costa una meta non segnata o una meta non subita. Purtroppo a Swansea contro gli Ospreys non abbiamo segnato nemmeno un punto, ma questo non vuol dire che non abbiamo giocato. In alcuni momenti abbiamo difeso veramente bene, ma in attacco non siamo riusciti a mettere in difficoltà una squadra con tanti internazionali. Noi non ci abbattiamo: ora abbiamo le due partite con i russi, il Benetton, La Rochelle e i Cheetahs. Abbiamo già i nostri obiettivi.

Contro gli Ospreys effettivamente avete difeso molto bene e, in alcune occasioni, avete anche placcato duro. Il fatto è che a furia di difendersi solamente, contro certe squadre, finisce sempre male. Che problemi avete identificato in attacco invece?

A noi serve avere molto possesso, e invece ultimamente abbiamo perso tanti palloni davanti, soprattutto per una questione di testa. Basta una persona non in partita su quindici a mettere in difficoltà la squadra. Poi è necessario reagire tutti insieme. In questi giorni abbiamo visto tanti video, Mike, Carlo e Alessandro ci hanno una “testa tanta”: adesso dobbiamo tornare ad attaccare come prima e a segnare come prima. Prima perdevamo le partite, ma almeno attaccavamo, giocavamo e segnavamo. Sono errori che capitano, ci abbiamo messo una croce sopra e pensiamo solo al futuro.

Avete perso un pizzico di incoscienza rispetto allo scorso anno?

Non credo, noi ci sentiamo sempre molto liberi nel nostro gioco perché i nostri allenatori ce lo permettono e ci fanno giocare anche nei nostri 22. Abbiamo commesso errori che forse lo scorso anno non facevamo e non siamo riusciti a dimostrare a pieno le nostre potenzialità. Ma siamo fiduciosi del nostro gameplan e lo porteremo avanti.

Gli avversari con tutta probabilità vi studiano di più e hanno una considerazione diversa, tra le altre cose.

Quest’anno le nostre avversarie schierano formazioni di tutto rispetto e non solo seconde o terze scelte. Vuol dire che ci temono e hanno capito che possiamo giocarcela. Negli anni passati, probabilmente gli Ospreys hanno schierato 3-4 persone che la settimana prima avevano giocato contro il Sudafrica (North, Watkin, Tipuric, Nicky Smith e AW Jones erano nei 23, ndr) Questo ci fa onore, ci piace. Siamo lì per giocare contro i migliori, non per far allenare le seconde e le terze squadre. Ci stimola a fare di più. Poi capitano le giornate storte, ma dobbiamo limitarle.

È una stagione un po’ strana finora per le Zebre. In Pro14 avete raccolto 15 punti, ma tutti in casa e concentrati in tre partite. In trasferta, invece, avete segnato 8 punti di media fin qui. Perché fuori casa fate così tanta fatica? È solo un problema di attitudine, come dicevi tu?

Sicuramente. Giocare in casa fa sempre il suo effetto, anche perché a Parma il pubblico è aumentato e ci dà la carica. È essenziale per noi. Il fattore campo però non deve diventare una scusa, perché tutti giocano in trasferta. Purtroppo è una questione di mentalità, almeno per me. Non possiamo permetterci di giocare punto a punto in casa e poi di prenderne 40-50 fuori. È uno step mentale che dobbiamo superare.

Domanda da un milione di dollari: come si risolve un problema del genere?

Abituandosi a giocare sempre meglio. Bisogna abituarsi a giocarsela, a vincere e a capire che non stiamo andando a fare una scampagnata ma a batterti. Ne va della tua squadra, di te stesso e anche della tua nazione: andando a vincere all’estero, gli italiani fanno capire alle altre squadre del Pro14 che non sono un cuscinetto. Dobbiamo metterci in testa che possiamo competere anche fuori, perché non c’è nessun mostro che ci impedisce di vincere.

Allargando un attimo lo sguardo alla rosa delle Zebre, come stai vedendo i giovani che sono arrivati quest’estate dal Top 12? Di quanto tempo hanno bisogno per adeguarsi al meglio, considerando che non tutti possono avere l’impatto di Minozzi o Giammarioli?

I giovani hanno voglia. Uno stacco così grande non c’è. Stanno cercando di ritagliarsi il proprio spazio, ma secondo me tutta questa differenza per i giovani che stanno arrivando ora non c’è. Magari io, quando sono arrivato qualche anno fa dall’Eccellenza, potevo avvertirla di più. I ragazzi che arrivano ora hanno qualità impressionanti e sono pronti per affrontare questo salto.

Ora c’è un’inedita trasferta in Russia: cosa puoi dirci dell’Enisej? 

Giocano molto per linee dirette, sono veloci, tentano molti offload e cercano di prendere di sorpresa l’avversario. Contro La Rochelle hanno subito tanti punti, facendo però tre mete in una delle due sfide contro una squadra di un’altra categoria. Non hanno paura, sono anche bravi tecnicamente. Il nostro obiettivo, soprattutto in trasferta, sarà quella di mettere più pressione possibile e poi far valere il nostro gioco.

Grazie Maxime, buon viaggio verso Sochi.

Dasvidania.

Daniele Pansardi

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