Alcuni spunti dal big match di sabato nel Top 12, con cui i reggiani hanno spedito la propria candidatura anche per lo Scudetto
Petrarca-Valorugby doveva misurare due cose in particolar modo: il grado di onnipotenza raggiunto dai campioni d’Italia e quanto fosse sottile la linea che separava gli ospiti dall’essere una sorpresa o una certezza ben consolidata. Il risultato finale, ma soprattutto la prestazione offerta contro la squadra più forte del torneo, ha chiarito una volta per tutte lo status degli emiliani, che ora possono essere considerati realmente una delle contender per lo Scudetto da qui a maggio.
Allo stesso tempo, il modo in cui è arrivata la sconfitta non ridimensiona certamente il Petrarca, che dopo tante vittorie stentate (5 successi su 8 sono arrivati con uno scarto inferiore ai sette punti) si è ritrovata dall’altra parte della barricata. Per gli uomini di Andrea Marcato è stato comunque il primo ko dallo scorso 23 dicembre, maturato per di più con un’inferiorità numerica per 48 minuti sul groppone. Di motivi per preoccuparsi della propria leadership ce ne sono ancora pochi, anche se i segnali lanciati dal Valorugby sono inequivocabili.
Senza punti deboli
Nel match della ‘Guizza’, nessuna delle due squadre ha messo in mostra particolari debolezze nel corso degli ottanta minuti. Il primo tempo ha seguito le indicazioni della classifica: il miglior attacco ha impegnato notevolmente la miglior difesa, con quest’ultima che ne è uscita vincitrice sia per meriti propri sia per qualche demerito degli altri, spesso non perfetti nell’esecuzione oppure fallosi nell’handling (ma non senza buone idee offensive).
I padovani a lungo non sono stati in grado di tenere il possesso, consegnando ovale e territorio agli emiliani che hanno prodotto una notevole mole di gioco. Al contrario, le fasi statiche hanno visto un certo predominio del Petrarca, soprattutto in mischia; ne è uscita fuori una partita a tratti anche gradevole, pur senza grande continuità, equilibrata fino all’ultimo secondo.
Le giocate dei singoli
In una battaglia tra due squadre allo stesso livello, almeno nel sabato pomeriggio di Padova, devono essere anche le qualità tecniche e atletiche dei singoli a trascinare gli altri 14 in campo per risolvere lo stallo. Il Petrarca, nel segnare la prima meta con Coppo, si era affidato a una magia di Menniti-Ippolito, ma delle grandi qualità individuali dei giocatori petrarchini non c’erano molti dubbi.
Il Valorugby, invece, ha confermato di avere nella propria rosa diversi giocatori di primo livello per il Top 12, effettivamente capaci di dare una scossa ad un match con una giocata estemporanea. Le due mete decisive dei reggiani lo dimostrano fino in fondo: in entrambe ha messo lo zampino Ngaluafe, valore aggiunto nel triangolo allargato, prima con l’intercetto e poi con un offload decisivo a metà campo per Mirko Amenta. Il numero otto siciliano, a sua volta, ha dato grattacapi ai tuttineri durante tutta la partita con la sua esuberanza fisica, come nell’azione che poi ha portato alla segnatura di Mordacci.
Ai due già citati, si aggiungono poi il centro neozelandese Cardiff Vaega, uno che attira inevitabilmente le attenzioni di almeno un paio di difensori quando porta palla e mette in mostra il suo repertorio di finte e giochi di gambe; la mediana Rodriguez-Panunzi, ottimi gestori del gioco insieme a un altro playmaker come capitan Farolini. Quando c’è qualche grana da risolvere, insomma, Roberto Manghi sa a chi affidare le chiavi della sua squadra.
Ritmo e vitalità
Pur con qualche errore in fase di rifinitura e finalizzazione, la fase offensiva del Valorugby ha destato impressioni positive in particolare per la volontà di voler coinvolgere tutti e quindici gli uomini a tutti i livelli del campo. Gli emiliani cercano di occupare tutta l’ampiezza anche con il reparto degli avanti – come succede praticamente in ogni squadra di alto livello -, molto coinvolti nella manovra (a un certo punto i piloni du Plessis e Muccignat hanno scambiato l’ovale al largo nel primo tempo, con offload di quest’ultimo per Mordacci all’esterno).
In questo contesto, Panunzi sta emergendo come un buon distributore dotato di un ottimo passaggio, anche se il mediano di mischia probabilmente troppo spesso compie quel mezzo passo di troppo prima di rilasciare l’ovale. Con un’apertura completa nel suo gioco come Rodriguez al suo fianco, in ogni caso, la regia non ne sta risentendo. E l’attacco del Valorugby continua a macinare punti come nessuna in questo campionato (29,77 di media).
Tommaso Coppo promette bene
In un Petrarca dove al solito hanno brillato i centri Riera e Bettin e le terze linee Manni e Conforti, a rubare la scena in alcuni frangenti del match è stata anche l’ala classe 1998, da quest’anno titolare quasi in pianta stabile per Andrea Marcato (7 partenze su 9 partite). Quella segnata sabato è stata la quarta meta della stagione, ma non è la segnatura a essere rilevante, bensì la sua rapidità e la sua leggerezza nella corsa e negli appoggi, che ne fanno un giocatore atipico per lo standard attuale delle ali italiane. Non per quelle del futuro, considerando anche D’Onofrio, il suo compagno di squadra De Masi tra gli altri.
Un Menniti-Ippolito ciprianesco
La difesa del Valorugby è stata sempre arcigna durante la partita, facendo valere l’uomo in più sulla linea e la buona predisposizione a ricompattarsi molto velocemente anche nelle condizioni più critiche. Per avere la meglio di una retroguardia così coesa, come già accennato prima, serviva necessariamente l’intuizione geniale di qualcuno. Menniti-Ippolito, a quanto pare, dovrà aver visto i video di Danny Cipriani degli ultimi mesi e ha deciso di trarre ispirazione, con una giocata che somigliava a un vero e proprio all in.
In parità numerica all’esterno, l’apertura padovana calibra un passaggio al millimetro che scavalca tutti i tre difensori reggiani con una parabola perfetta, che si spegne nelle mani di Coppo con delicatezza. Una perla di rara bellezza, da parte di un giocatore forse sottovalutato per le sue abilità alla mano e apprezzato più che altro per il suo ottimo piede. Eppure, non è bastata.
Daniele Pansardi
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