Le troppe occasioni mancate dai trevigiani, che si complicano la vita per la qualificazione, e l’ottima partita dei ducali
Doveva arrivare ed è arrivata: le Zebre hanno ottenuto la loro più larga vittoria di sempre contro l’Enisei fra le mura amiche dello stadio Lanfranchi di Parma. Un successo meritato, arrivato soprattutto grazie a quanto certificato anche dalla trasferta a Sochi, e cioè che i russi non hanno abbastanza benzina e abbastanza profondità per reggere oltre i quaranta minuti di gioco. Il discorso qualificazione, nonostante tutto, si è complicato e non di poco.
I padroni di casa sabato non sono stati perfetti: sono stati irruenti dal punto di vista disciplinare, impazienti di recuperare il pallone e di fare immediatamente la differenza. Un atteggiamento che si è notato anche in qualche esagerazione offensiva, sulla quale però le Zebre non hanno praticamente pagato dazio, fatto salvo per l’intercetto subito da Canna, a causa dell’inconsistenza dell’avversario.
L’Enisei ha proposto un rugby estremamente monocorde, basato sull’unica caratteristica davvero impressionante della squadra: le dimensioni fisiche. Ecco dunque che le Zebre hanno dovuto registrarsi in mischia prima di poter reggere il colpo, e hanno faticato a segnare nella prima frazione di gioco proprio a causa del livello dello scontro fisico imposto dagli avversari. Una volta prese le misure, però, la squadra di Michael Bradley ha dilagato, come succede troppo raramente alle italiane di fronte a un avversario nettamente inferiore.
Il grande problema del Benetton in casa degli Harlequins, invece, è stata la mancata concretizzazione di tutte le occasioni avute a disposizione. E soprattutto nel secondo tempo sono state tante: se ne possono contare almeno sei, tra mischie e touche a proprio favore ben dentro la metà campo degli Harlequins e sprecate con una fastidiosa regolarità. Gli uomini di Crowley non sono riusciti a elevarsi rispetto alla mediocrità generale della partita, con il risultato di tornare in Italia senza nemmeno un bonus difensiva.
Non sono bastati nemmeno il 61% di possesso palla e il 63% di territorio per mettere alle corde gli inglesi. Sotto una pioggia torrenziale e su un terreno molto pesante, la squadra di Paul Gustard ha fatto leva solo sulla propria impeccabile difesa (95% di placcaggi riusciti) e sulla capacità di togliere spazio all’attacco trevigiano, che al largo non ha mai trovato spazi utili per costruire qualcosa di buono. Nella gara degli autoscontri il Benetton non ha perso la battaglia fisica, ma non ha trovato il modo di uscirne quando ce ne sarebbe stato il bisogno (e infatti zero break creati e soli sette difensori battuti).
In ottica qualificazione, le cose si sono inevitabilmente complicate anche per i veneti. Una sola vittoria, ora, non basterebbe più: soprattutto contro il Grenoble, in trasferta, i trevigiani potrebbero fare grande fatica, mentre l’Agen tra le mura di casa del Monigo non dovrebbe rappresentare un problema insormontabile. La strada comunque resta in salita.
Gli altri temi del weekend
Segnali dai centri
Michael Bradley torna con alcune indicazioni positive dall’incontro. È il caso dei centri, Tommaso Boni e Nicolas De Battista. Il primo dieci mesi fa, complice l’infortunio a Michele Campagnaro, era il centro titolare della nazionale italiana. Poi con il passare dei mesi da quella nazionale si è un po’ allontanato, complici prestazioni sempre più malinconiche. Un suo ritorno su livelli meritevoli potrebbe stimolare una competizione quanto mai necessaria. De Battista invece è stato un oggetto misterioso, colpito da innumerevoli acciacchi che ne hanno minato la continuità. L’argentino ha offerto una buona prestazione per 60 minuti e, anche se non ha potuto mettersi in luce nella festa finale, è stato perfetto nella lettura della situazione in occasione della prima marcatura del match, forse la più complessa.
Dean Budd, sopra tutti
Il capitano non poteva fare molto di più dal punto di vista individuale: 10 placcaggi su 12, un turnover vinto, presenza costante in attacco sia per palloni portati (9) sia per sostegno e soprattutto una minaccia costante per la rimessa laterale londinese, tanto da rubare almeno un paio di touche avversaria (di cui una sui propri 5 metri). Nel finale di partita ha pure intercettato un calcio del mediano di mischia dei Quins a pochi passi dalla loro linea di meta, ma il rimpallo non è stato favorevole. Ha fatto il possibile, anche piuttosto bene.
Difesa promossa, in ogni caso
Nonostante qualche occasionale superficialità, le Zebre hanno dimostrato buona attitudine nel resistere difensivamente all’assedio operato dagli avversari negli ultimi dieci minuti del primo tempo: molteplici sequenze di difesa estremamente fisica intorno alla linea dei cinque metri hanno avuto sorte positiva, nonostante subire una meta avrebbe probabilmente cambiato poco o niente in termini di risultato finale, con la vittoria delle Zebre mai in discussione.
Maul annullate
Il secondo tempo dello Stoop ha certificato l’impossibilità per il Benetton di organizzare un carrettino contro questi avversari, che già all’andata al Monigo avevano di fatto tolto quest’arma agli uomini di Crowley. Ad un certo punto, in una delle tante piattaforme a disposizione a ridosso dei 22 avversari, gli Harlequins hanno preso talmente bene il tempo al Benetton da far indietreggiare il carrettino italiano, costretto alla resa contro l’ottima organizzazione (condita da una buona dose di malizia, naturalmente) degli inglesi. A questo, vanno aggiunti poi i due turnover fischiati ai Leoni per due ostruzioni praticamente identiche nel giro di pochi minuti, tra gli sguardi quasi stupiti dei giocatori. Errori che sono costati molto cari al Benetton.
Daniele Pansardi
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