Né giovani talenti, né esordienti da far strabuzzare gli occhi, ma cinque uomini che sono emersi quest’anno quando nessuno se lo aspettava
Ci sono giocatori che, per un motivo o per un altro, impiegano qualche anno in più a uscire fuori dalla loro zona d’ombra, anche se avrebbero tutte le qualità per farlo prima. A volte è l’incontro con un allenatore a cambiare per sempre una carriera o una stagione, oppure delle coincidenze più o meno fortunate che lo portano a esprimere un insospettabile potenziale. A volte un vero e proprio motivo non c’è probabilmente, perché forse era solo questione di tempo.
OnRugby ne ha scelti cinque, ben consapevole di averne tenuti fuori giocatori altrettanto meritevoli (Beirne ha dominato nel Pro14, Machenaud ha trascinato la Francia nel Sei Nazioni e altri ancora). Non sono stati inclusi i giovani in rampa di lancio naturalmente, perché quelli fanno parte di una categoria a parte: sarebbe stato fin troppo facile inserire giocatori come Stockdale, Larmour, Delguy, Minozzi, Polledri e simili.
Ma torniamo a noi. Ecco i cinque giocatori più sorprendenti del 2018.
Faf de Klerk (Sale Sharks/Sudafrica)
Il mediano di mischia sudafricano è esploso di nuovo, dopo essersi presentato al grande pubblico con la maglia dei Lions nel 2016 con la sua effervescenza e imprevedibilità. Le sue stesse caratteristiche, ai tempi, tuttavia gli si erano un po’ ritorte contro all’interno del periodo difficile degli Springboks, culminato con la sconfitta in Italia a Firenze, e il biondo numero 9 ne aveva fatto le spese.
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Ma forse il problema non era nemmeno davvero lui, perché con il trasferimento in Inghilterra ai Sale Sharks il giocatore torna sui livelli del Super Rugby, diventando ben presto uno dei leader della squadra inglese. Steve Diamond può consegnare a Rassie Erasmus, sopraggiunto intanto sulla panchina degli Springboks, un mediano maturo e consapevole dei propri mezzi. E de Klerk deflagra, tanto da entrare anche in lizza per il premio di miglior giocatore dell’anno, circostanza impensabile solo qualche mese prima. Ora, invece, lotta al fianco di Conor Murray e Aaron Smith per la palma di miglior mediano di mischia al mondo.
Tommaso Castello (Zebre/Italia)
Per uno arrivato anche piuttosto tardi sulla scena del Pro12, a 25 anni suonati, non c’erano queste grandi aspettative. La prima stagione, nel 2016/2017, scivola via in maniera piuttosto anonima, ma dall’incontro con Michael Bradley il genovese è uno dei principali uomini a beneficiarne. Le sue caratteristiche principali sono note: placcare duro e correre dritto per dritto, ma con il passare del tempo Castello dimostra di saper anche evolvere il proprio gioco poco alla volta, diventando più abile a leggere le situazioni in attacco (a parte la meta sbagliata contro la Georgia, uno dei pochi errori di quest’anno) e a trattare l’ovale.
Il suo utilizzo in campo resta prettamente legato alla sua fisicità e alla sua solidità come difensore di un canale molto delicato, ma a sorprendere ancor di più è stata la sua attitudine e l’impatto in maglia azzurra soprattutto durante il Sei Nazioni. Durante il torneo, è stato uno dei pochi a saper alzare di una tacca il suo livello rispetto al Pro14 per non farsi trovare impreparato, e di questi tempi è cosa rara. Difficile dire cosa ne sarà del suo impiego in nazionale se Luca Morisi dovesse diventare il titolare della maglia numero 12, ma quanto fatto da Castello non può essere cancellato.
Pieter-Steph du Toit (Stormers/Sudafrica)
Fino ad un anno fa era difficile inquadrare Pieter-Steph du Toit. Quando ha cominciato a giocare con gli Springboks era considerato una sorta di scherzo della natura: difficile dare torto, visti i 120kg spalmati su un imponente fisico di 2 metri, da buona seconda linea sudafricana. Ma nei suoi primi anni du Toit non ha sempre mantenuto le promesse, pur disimpegnandosi bene in un periodo certamente poco fortunato per gli Springboks.
Anche per lui, come per de Klerk, in estate però qualcosa è cambiato. Nel nuovo Sudafrica di Erasmus, il 26enne (che gioca sempre di più solo in terza linea) ha alzato esponenzialmente il livello del suo gioco, disputando una sontuosa partita contro gli All Blacks nella vittoria a Wellington e trovando continuità come mai in carriera con la maglia della nazionale. Secondo Eramsus può ancora migliorare e dimostrare la sua fame.
Hadleigh Parkes (Scarlets/Galles)
Da quando è arrivato agli Scarlets, Parkes ha subito dimostrato grande comprensione del gioco, ottime capacità di distribuzione e una fase difensiva di assoluto livello. Con il passare del tempo, Wayne Pivac non ha quasi mai rinunciato al suo connazionale, che nel frattempo è cresciuto insieme a tutto il progetto della franchigia di Llanelli diventandone un ingranaggio fondamentale.
Nel novembre 2017 è diventato eleggibile per il Galles, ma forse in pochi avrebbero immaginato un tale impatto sul rugby internazionale per uno che al massimo aveva giocato in Pro12/14 e, ormai diversi anni prima, nel Super Rugby. Dopo lo straordinario debutto con due mete al Sudafrica a novembre, Parkes ha invece disputato un eccezionale Sei Nazioni, mettendo a disposizione tutte le sue qualità anche per Warren Gatland, giocando tutte le cinque partite del torneo dal primo minuto.
Josh Navidi (Cardiff Blues/Galles)
Navidi sembrava essere destinato ad una degna e notevole carriera da “giocatore di club”, vista l’abbondanza di terze linee in Galles e le porte quasi sempre chiuse in nazionale. Nel novembre 2017, dati gli infortuni di Lydiate e Warburton, gli si sono però spalancate però le porte della maglia rossa, vestita in precedenza solo in due occasioni durante i tour dei Lions del 2013 e 2017.
E come ha risposto il flanker con i dreadlocks più famosi del Galles? Sfornando le migliori prestazioni della propria carriera con tutta probabilità. Contro Scozia, Galles, Irlanda (suoi i due assist per le mete del secondo tempo) e Francia, Navidi è stato onnipresente in campo, dimostrando di essere anche un giocatore adatto a livello internazionale come avevamo già scritto durante il torneo. La nuova stagione è stata caratterizzata da un infortunio che lo ha tenuto fuori per un paio di mesi, e forse il treno per un posto da titolare anche per il prossimo Sei Nazioni potrebbe essere passato, ma Gatland sa di poter contare di lui.
Daniele Pansardi
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