Cosa ci ha lasciato la partita di domenica al Lanfranchi, tra certezze e mancanze delle due squadre. Uno sguardo anche ai numeri dei singoli
Storicamente non è una bella partita, e la sfida giocata domenica a Parma non si è discostata poi molto dai precedenti dello scorso anno, quando le due squadre segnarono molto di più. È stata però anche una partita giocata a una buona intensità, con alcuni gesti tecnici di pregevole fattura, in cui la tensione per un match comunque importante nell’immaginario collettivo delle due squadre può aver fatto la differenza. Nell’analisi della sfida, per avere una base di partenza completa, non bisogna nemmeno dimenticare che la maggior parte dei trenta giocatori probabilmente si conosceva piuttosto bene in campo, il che alla lunga può portare le due squadre ad annullarsi sapendo pregi e difetti degli avversari.
A questi temi, se ne aggiungono poi un paio di più facile lettura che possono in un certo senso completare la lettura dell’ultimo match e le previsioni in vista del prossimo a Monigo: la qualità non sempre straordinaria delle due franchigie nel corso degli ottanta minuti e la diversa capacità delle due squadre di essere efficaci sul campo, a prescindere dalla mole di gioco prodotta.
Per le Zebre, sarebbe facile puntare il dito solo contro i calci sbagliati da Canna oppure contro la decisione (effettivamente incomprensibile) di andare in touche invece di tentare il piazzato per la vittoria, seppur da posizione angolata. Il problema, per i ducali, è essere arrivati a dover sperare nell’ultima azione all’ottantesimo minuto per vincere, dopo aver tenuto il pallino del gioco per la maggior parte del tempo segnando però solo una meta. Troppo poco per quanto vedere in campo dalla squadra di Michael Bradley, che ancora una volta ha dimostrato di saper variare bene la propria fase offensiva e di avere le idee chiare su come muoversi in campo, ma senza avere la consistenza necessaria.
Difficilmente altre squadre avrebbero perso con i numeri collezionati dalle Zebre, anche considerando le maul perse e il maggior numero di turnover. Come lo scorso dicembre, invece, la buona verve dei ducali si è infranta contro il muro difensivo biancoverde, che ha avuto il merito di soffocare i ball carrier di casa e di coprire al meglio tutta l’ampiezza quando le Zebre provavano a allargare il gioco (e quindi spesso). Il risultato è che gli uomini di Bradley hanno segnato appena 15 punti nelle ultime quattro partite di Pro14
Demeriti zebrati e meriti trevigiani insomma si sono intrecciati perfettamente, creando in teoria il contesto ideale al Benetton che ha concesso l’unica grande occasione ai ducali proprio con la meta segnata da Elliott. Ma se da un lato c’era una squadra che giocava senza essere troppo incisiva (rispetto alla mole di gioco prodotta), dall’altra c’era una squadra che riusciva raramente a trovare continuità in attacco e non riusciva a far valere la propria superiorità fisica. I quattordici calci di punizione concessi parlano da soli del resto.
Eppure, il Benetton ha dimostrato di avere un passo diverso rispetto alle Zebre grazie alla velocità di Duvenage, non a caso Man of the Match, e a due rebus rimasti irrisolti per i ducali: Negri e Steyn, sempre in avanzamento quando hanno portato avanti il pallone (10 e 12 volte). Senza contare i contributi notevoli di Barbini, Ruzza e Zanni palla in mano. Treviso ha poi sempre mantenuto una struttura efficace in attacco, grazie a un’ottima distribuzione degli uomini con cui riusciva a coprire tutta l’ampiezza del campo (vedasi Zanni e Barbini ben utilizzati sull’esterno), creando più occasioni pericolose con cui hanno sfiorato la meta (con McKinley e Barbini nella ripresa).
Più che tecnico-tattico, i problemi dei veneti sono stati – come spesso capita – disciplinari e di gestione del match (pure loro). Commettere fallo a dieci secondi dall’ottantesimo (bravo anche Rimpelli nell’occasione), quando ormai la palla sembrava essere in cassaforte e bisognava solo fare pick&go a ripetizione, è un errore grave tanto quanto quelli successivi commessi dalle Zebre.
Gli uomini del derby, secondo i numeri
Metri guadagnati per cariche – Trequarti
1. Jamie Elliott (Zebre) 8
2. Iliesa Ratuva Tavuyara (Benetton) 6,8
3. Edoardo Padovani (Zebre) 5,78
4. Jayden Hayward (Benetton) 4,59
5. Giulio Bisegni (Zebre) 4,5
5. Ian McKinley (Benetton) 4,5
Metri guadagnati per cariche – Avanti
1. Marco Barbini (Benetton) 6
2. Federico Ruzza (Benetton) 5
3. Alessandro Zanni (Benetton) 2,86
4. Maxime Mbandà (Zebre) 2,38
5. Sebastian Negri (Benetton)
Break
1. Giulio Bisegni (Zebre) 3
2. Jamie Elliott (Zebre) 2
3. quattro giocatori delle Zebre e sette giocatori del Benetton a 1
Difensori battuti
1. Jayden Hayward (Benetton) 6
2. Giulio Bisegni (Zebre) 5
3. Ian McKinley (Benetton) 4
4. Tommaso Castello (Zebre) 4
5. Edoardo Padovani (Zebre) 3
Offload
1. Monty Ioane (Benetton) 3
2. Marco Barbini (Benetton) 2
3. Federico Ruzza (Benetton) 2
4. Jayden Hayward (Benetton 2)
Placcaggi
1. Sebastian Negri (Benetton) 16 – 94% riusciti
2. Braam Steyn (Benetton) 15 – 100%
3. Ignacio Brex (Benetton) 13 – 81%
4. Alberto Sgarbi (Benetton) 12 – 80%
5. Federico Ruzza (100%), Hame Faiva (85%) e Marco Riccioni (100%) del Benetton a 11
Daniele Pansardi
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