E quindi cosa succederà nel 2019? (prima parte)

Un’anticipazione degli argomenti che verranno trattati nei prossimi mesi, dall’Italrugby alla Coppa del Mondo

ph. Sebastiano Pessina

Le cose di cui parlare sono tante, soprattutto in un anno particolare come quello della Coppa del Mondo. Prima di arrivare al torneo giapponese, del resto, c’è tutta una stagione davanti: il Sei Nazioni, le coppe europee e le finali dei campionati di tutto il mondo, compreso quello italiano. Ci sono però temi più stimolanti e interessanti di altri, che abbiamo cercato di riassumere in questo articolo.

Che ne sarà dell’alto livello italiano?

Cominciamo dall’Italia, cercando di essere il più diretti possibile: una vittoria al Sei Nazioni, tre vittorie contro Russia, Canada e Namibia e una lotta feroce contro il Sudafrica ai Mondiali rappresenterebbero una sorta di trionfo. Il problema è che, a eccezione delle tre vittorie contro le Tier 2, non c’è da essere granché ottimisti per i noti motivi, per cui è lecito attendersi dei risultati peggiori di quelli auspicati qualche riga più su. Non ci sarebbe nulla di strano, purtroppo. E il Sei Nazioni potrebbe essere, dal punto di vista dei risultati, solo in continuità con gli ultimi.

Un’altra incognita sarà al solito il modo in cui i giocatori delle franchigie trasferiranno le proprie competenze e la propria voglia di combattere al livello più alto, per capire se la maggior parte dei giocatori attualmente nel giro della nazionale ha le qualità (tecniche, fisiche e attitudinali) per poter confrontarsi in maniera più dignitosa con tutte le Tier 1. È uno dei grandi dilemmi del rugby italiano, e non si sa quando e come potrebbero arrivare delle risposte.

A livello Pro14, intanto, Benetton e Zebre potrebbero consolidarsi ulteriormente nelle posizioni che budget, giocatori e staff tecnico competono a ciascuna delle due franchigie, con gli alti e i bassi che ci sono per natura nel corso delle stagioni. Avere stabilità, una certa continuità e alcune solide certezze sono comunque delle belle novità nel rugby italiano.

Il triello

Nel 2014, un anno prima della RWC, il Sudafrica batté in casa gli All Blacks e lanciò la sfida alla corona per il 2015, dichiarandosi come l’unica potenziale concorrente in quel momento (poi sarebbe arrivata pure l’Australia). Quest’anno, a lanciare un chiaro avvertimento ai neozelandesi bi-campioni in carica, sono state addirittura in due: ancora gli Springboks, vincendo a Wellington e sfiorando il bis a Johannesburg, e l’Irlanda, splendida vincitrice a novembre contro i neozelandesi e sempre più dominante.

Peccato che il mese di Test Match non abbia regalato anche la sfida diretta tra verdi e sudafricani, perché avremmo avuto un quadro completo. Attualmente sono le tre squadre più forti del globo, davanti a Galles e Inghilterra che potrebbero essere ancora un passo indietro. In Giappone, tra otto mesi, All Blacks e Springboks si sfideranno subito nel girone, e una delle due dovrebbe sfidare proprio l’Irlanda nei quarti di finale. Chi sopravviverà allo scontro potrebbe giocarsela in finale il 2 novembre a Yokohama.

Le ultime di Sergio Parisse

Il 2019 sarà anche l’ultimo anno di Sergio Parisse con la nazionale italiana, a meno che il fuoriclasse dello Stade Francais non sorprenda tutti a 36 anni e decida di continuare. Sarà l’anno, quindi, delle ultime volte: l’ultima volta a Murrayfield, l’ultima volta a Twickenham, l’ultima volta all’Olimpico, l’ultimo dei cinque Mondiali e infine l’ultima partita, di cui si conosce già la data salvo cose clamorose. 12 ottobre 2019, All Blacks-Italia, City of Toyota Stadium. Lo stesso avversario del suo esordio, avvenuto l’8 giugno 2002.

Diciassette anni di sconfitte (tantissime), magie ineguagliabili e un altissimo senso del dovere, che lo ha reso sempre uno dei migliori in campo dell’Italia nelle 134 presenze con la maglia della nazionale, a prescindere dalle qualità tecniche stellari. Ancora oggi, all’estero l’Italrugby è essenzialmente Sergio Parisse, anche per il suo carisma e il rispetto che si è guadagnato a suon di spettacolari prestazioni in carriera. Non sapremo quando rinascerà in Italia un giocatore del genere, che sappia coniugare leadership tecnica e morale come ha fatto Parisse: godiamocelo finché possiamo.

Fino in fondo?

Il Valorugby non è più una sorpresa dopo dieci giornate, otto vittorie e due sconfitte (molto risicate, di due e tre punti). Battere il Petrarca in casa non è da tutti, anche perché la squadra di Andrea Marcato sembrava essere immune a ogni tipo di difficoltà o sconfitta. Quello dei reggiani è stato un exploit forse inaspettato all’inizio, visto che la scorsa stagione la squadra di Manghi era arrivata a 20 punti dal quarto posto e sembrava ancora una creatura in fase di costruzione.

In questo girone di andata, invece, il Valorugby sembra aver saltato diversi passaggi nel percorso che dovrebbe portare una medio-piccola allo status di big. La rosa, in ogni caso, è stata ben allestita e sembra molto equilibrata, con un pack solido guidato dall’energia di Mirko Amenta (costantemente uno dei migliori giocatori del campionato) e una trequarti coordinata da Panunzi, Rodriguez, Vaega e Ngaluafe. Il piede di Gennari poi è uno dei più efficaci del  torneo. Per lo Scudetto, insomma, potrebbe non essere troppo presto.

Continuità femminile

La nazionale di Andrea Di Giandomenico sarà impegnata nel primo dei due Sei Nazioni che conteranno per la qualificazione alla Coppa del Mondo 2021, obiettivo assolutamente raggiungibile per una formazione che ha ben assorbito il ricambio generazionale post-RWC 2017 e ha stabilizzato la sua posizione nel contesto europeo. Per qualificarsi, le azzurre dovranno piazzarsi meglio di una tra Scozia e Irlanda nella classifica aggregata dei 6N 2019 e 2020.

Mentre l’Irlanda dovrebbe essere sempre superiore alle azzurre, Manuela Furlan&co. hanno tutti i favori del pronostico dalla loro nelle sfide contro la Scozia, già dominata a Calvisano nel Test Match novembre per 38-0. L’Italia ha un gioco propositivo, basato sulla tecnica individuale e sulla ricerca degli spazi, in modo da sfruttare i pregi di una squadra molto agile ed eclettica, che non fa della forza fisica il proprio punto di forza nel suo complesso.

Sa vincere giocando anche bene, insomma. Il prossimo Sei Nazioni inizierà subito con la sfida cruciale contro la Scozia, che in casa potrebbe creare più difficoltà del previsto; nel mirino anche la sfida casalinga contro il Galles nell’inusuale cornice dello stadio Via del Mare a Lecce (capienza da oltre 30mila posti). Se non ci sono Francia e Inghilterra di mezzo, per le azzurre è tutto possibile.

Conservatorismo o insurrezione?

In Champions Cup il dualismo Leinster-Saracens potrebbe monopolizzare la competizione, con le due corazzate che sono le naturali favorite per sollevare il trofeo. Nessun’altra squadra in Europa ha dimostrato la stessa capacità di passare come un carro armato sull’avversario, ed è stato solo un peccato che lo scorso anno si siano sfidate in un precoce quarto di finale. Le uniche squadre che potrebbero insidiarsi, al momento, sembrano essere Racing (già una certezza da qualche anno) e un rinnovato e rinvigorito Tolosa, che però parte ancora indietro rispetto alle altre tre.

Le gerarchie del Pro14 sono invece ancora piuttosto difficili da interpretare, ma quel che è certo è che Leinster è il grande favorito e gli Scarlets non sono più quelli di un anno fa. Chi se non i dubliners allora? Forse i Glasgow Warriors, se non falliranno ancora una volta nei playoff, oppure Munster, se saprà arrivare con più idee dello scorso anno alle battute finali.

La Premiership invece sembra un affare chiuso tra Saracens e Exeter, che non sembrano lasciare spazio alla fantasia visto l’andamento nella regular season. Al momento, l’unica squadra che potrebbe rappresentare una sorpresa è il Gloucester di Danny Cipriani e Jake Polledri, anche perché i Wasps non sembrano realmente affidabili.

Da questi discorsi si discosta il Top 14, in cui può quasi sempre succedere di tutto. Come lo scorso anno con Castres. Clermont, Tolosa e Racing sembrano un passo avanti a tutti, al momento.

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