La qualificazione ai quarti è svanita per una serie di dettagli, ma ci sono altri due obiettivi e un progetto sempre più convincente
È finita nel modo più beffardo, dunque. Con quella meta tragicomica subita ad Agen a ottobre, con le due mete segnate dal Connacht negli ultimi dieci minuti a Bordeaux e con una situazione inedita nel torneo da quando è stato cambiato il format, nel 2014: nelle ultime quattro edizioni, chiudere al secondo posto con 20 punti è sempre valso la qualificazione ai quarti. Non questa volta, non per il Benetton.
Durante la loro campagna europea i biancoverdi hanno commesso pochi errori, ma il conto pagato per quelle imprecisioni è stato salatissimo, sia per il risultato finale che per il modo in cui è arrivato. Nessuno è stato clemente con loro: né il Connacht, come detto, né il Bristol capace di battere a sorpresa La Rochelle a dicembre e arrivare così a 21 punti. Il Benetton ci ha messo un po’ del suo (ma davvero poco in effetti), ma la competizione non gli ha perdonato nulla. E alla fine della corsa, insomma, cosa resta?
Un cammino esaltante
Quello che il Benetton ha provato durante la corsa, filosofeggiando in maniera un po’ spicciola. È difficile però non prenderne atto: l’avventura europea dei veneti è stata una delle più importanti e autorevoli di un club italiano a livello internazionale, se non la più importante e autorevole. Quando ha trovato confidenza e contesti favorevoli, il Benetton ha mostrato una confidenza e una capacità di sopraffare l’avversario che non era per nulla scontata fino a un anno fa.
Pensiamo alla Challenge Cup 2016/2017, nel primo anno di Kieran Crowley in Ghirada. Contro il Bayonne, arrivato ultimo in Top 14 a fine anno, il Benetton vinse sia in casa sia in trasferta, ma con punteggi più contenuti rispetto ai recenti (15-28 e 21-17) e schierando la formazione titolare. Eccezion fatta per la famigerata trasferta ad Agen, la musica questa volta è stata ben diversa: nelle vittorie contro Grenoble e Agen sono arrivati 117 punti, 17 mete segnate, 6 subite e una differenza punti in media di 24.
L’evoluzione è evidente a partire dai numeri, oltre che nella qualità espressa in campo e in quella che gli inglesi chiamano strength-in-depth, letteralmente la forza nella profondità. Nelle sconfitte, Grenoble e Agen si sono dimostrate squadre piuttosto mediocri e senza grandi stimoli, ma rifilare loro 39 punti a partita di media è una cosa nuova in Italia, che certifica lo status raggiunto dal Benetton e una mentalità meno conservativa e sparagnina rispetto al passato.
Durante il torneo, il Benetton ha vissuto pure quella che forse resterà la partita più esaltante della stagione, anche a prescindere da quelle che arriveranno. C’era troppo in palio, nella partita in casa contro gli Harlequins, per poterla perdere: lo stadio pieno per la tribuna nuova, la voglia di giocare e vincere per Nasi Manu, la voglia di restare in corsa per la qualificazione, per l’appunto. Un tripudio di emozioni suggellato da una pazzesca meta all’ultimo secondo, finalizzata da uno dei simboli di questo nuovo corso del Benetton, Monty Ioane. Una vittoria che, come ha dichiarato poi Kieran Crowley, è stata una “una grande giornata per il rugby italiano”. Difficile dargli torto.
I prossimi obiettivi
Nonostante un’eliminazione così cocente, non c’è motivo di pensare che questo risultato possa provocare un contraccolpo psicologico al Benetton. Nell’ambiente attorno ai biancoverdi, del resto, sembra esserci una consapevolezza e un’autostima tale da poter andare avanti per la propria strada senza colpo ferire.
Pian piano, i Leoni stanno diventando una squadra sempre più completa e dotata di più armi con cui colpire in base all’andamento della partita e alla squadra schierata. Può capitare qualche passaggio a vuoto, come in occasione della trasferta a Londra contro gli Harlequins in cui le idee scarseggiano, ma l’impressione che offre il Benetton è quella di una squadra in costante sviluppo ormai da quasi tre anni, ovvero da quando Crowley e il suo staff hanno cominciato a lavorare insieme e da quando Antonio Pavanello ha cominciato ad allestire una squadra ragionata e sensata.
Anche l’ultimo acquisto, Toa Halafihi, si è subito rivelato per quello che è: un innesto oculato e con caratteristiche ben delineate. Non un carro armato, ma un ball carrier piuttosto atletico, capace di lavorare al meglio anche sulle fasce laterali e buon collante tra avanti e trequarti, in continuità con quello che possono offrire Barbini e Manu, gli altri numeri 8 della rosa. Un altro acquisto intelligente, a cui hanno fatto seguito quelli per il futuro di Snyman e Keatley.
L’eliminazione dalla coppa, insomma, può essere solo un punto di partenza per questa squadra e questo progetto. E poi in stagione ci sono almeno altri due obiettivi concreti da poter raggiungere per dare sostanza ai progressi che comunque sono sempre più evidenti: la qualificazione ai playoff e/o quella alla Champions Cup. Con quattro squadre racchiuse in appena due punti e il periodo del Sei Nazioni alle porte, a fine aprile potrebbe finire in qualunque modo. I Leoni dovranno provare a essere dalla parte giusta, ma potrebbe non dipendere solo da loro. In tal caso, il destino avrebbe comunque qualcosa da farsi perdonare.
Daniele Pansardi
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