Per l’ultima recita nel torneo con Warren Gatland, i Dragoni vorrebbero regalarsi la vittoria finale della kermesse
Dalle parti di Cardiff, media ed appassionati si augurano che Warren Gatland possa chiudere la sua avventura nel Sei Nazioni (alla guida del Galles) nello stesso modo in cui il lungo e proficuo rapporto lavorativo con la WRU iniziò, ormai 11 or sono. I dragoni dominarono letteralmente l’edizione 2008 della manifestazione, archiviando un favoloso Grand Slam, sublimato dai successi a Twickenham e Croke Park. Era il Galles di uno Shane Williams al meglio della carriera. Una formazione che entrò immediatamente in sintonia con le richieste del giovane coach neozelandese e non lasciò nemmeno le briciole alle avversarie.
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Quella di oggi, invece, è la squadra di Alun Wyn Jones, con caratteristiche diverse, ma anch’essa dotata di tutte le carte in regola per ripetere i traguardi ottenuti anche nel 2012 e nel 2013 (anche se il coach, in quel caso, fu Howley, e non ci fu Grand Slam), pur non essendo molto considerata dai media in ottica successo finale. Paradossale, visto che il Galles è terzo nel World Rugby Ranking, ed arriva addirittura da una striscia aperta di 9 vittorie consecutive in chiusura di 2018, comprendente anche i successi di prestigio contro Sudafrica (2 volte) ed Australia.
“Più i media parlano di altre squadre, meglio è per noi. Ovviamente si discute molto sull’Irlanda come potenziale favorita dalla Coppa del Mondo, quindi quello che sarà difficile per loro è gestire la pressione. Non possiamo controllare ciò che accade esternamente, ma speriamo di poter capitalizzare il fatto di iniziare il torneo a ‘fari spenti'”, ha commentato Warren Gatland alla presentazione del torneo, lasciando intendere come, tutto sommato, non sia poi così male avvicinarsi alla rassegna senza la pressione che vige sulla testa dei favoriti, lasciandosi però scappare anche un’esternazione piuttosto ottimistica in caso di vittoria in apertura a Parigi. “Penso che se riusciremo a vincere la prima partita a Saint Denis, avremo ottime possibilità di vincere il torneo”, ha sentenziato l’ex coach dell’Irlanda.
Punti di forza
Ciò che ha colpito in maniera pesante nel corso di questi ultimi mesi è la solidità mentale della squadra, derivante ovviamente dalla fiducia nei propri mezzi e nel sistema di gioco proposto dal coach, che negli (ultimi) anni ha saputo aggiungere/modificare cose al game plan noto ai più e ai meno addentro alla faccenda come “Warren ball”.
Il Galles non ha sbagliato un singolo approccio alla gara in tempi recenti, a prescindere da chi abbia affrontato, dimostrando un’attitudine da compagine di primo livello mondiale.
Il talento, poi, è straordinariamente diffuso in tutti i reparti a disposizione di Warren Gatland. Basti pensare alla variegata possibilità di scelta nel triangolo allargato. In base alle necessità tecniche e tattiche, Gatland può comporre un numero quasi illimitato di combinazioni 11-15-14, di fatto senza mai abbassare la qualità complessiva. La terza linea, nonostante i troppi forfait per malanni fisici può vantare almeno un paio di giocatori in grande spolvero. Justin Tipuric sta vivendo un periodo di straordinaria efficacia, forse il miglior della carriera, pound for pound, mentre Josh Navidi è ormai una certezza ai massimi livelli.
Le fasi statiche sono ancora “sicura a cui affidars”i: la touche funziona sotto l’egida dello straordinario capitan Jones, giocatore cardine del team sotto ogni punto di vista, la mischia non ha praticamente mai offerto il fianco alle rivali dell’ultimo periodo, anche considerando quelle più valide nel frangente.
Punti deboli
L’inesperienza a questi livelli della coppia mediana che potrebbe/dovrebbe iniziare le prime partite. Tomos Williams e Gareth Anscombe sono due giocatori dotati di talento sopra la media. Hanno già tastato il livello internazionale (l’apertura ha già archiviato anche 3 gare dall’inizio nel torneo, il 9 è al debutto), ma l’arena del Sei Nazioni, ancor più se affrontata da titolari fissi, può nascondere insidie di non poco conto. Il fatto di conoscersi molto bene, visto che militano nello stesso club, dovrebbe tuttavia mitigare eventuali difficoltà.
La quantità e la “qualità” degli assenti. La lista degli infortunati in terza linea, un reparto che già deve rinunciare in via definitiva allo storico capitano Sam Warburton ritiratosi dall’attività agonistica, fa letteralmente impressione. Per un motivo o per un altro, Ellis Jenkins, James Davies, Aaron Shingler, Taulupe Faletau, Dan Lydiate non possono rispondere alla chiamata di Warren Gatland, con lo stesso Ross Moriarty in forte dubbio per l’avvio del torneo a causa di una concussion. Non è meno corposa anche la lista degli assenti forzati in seconda (out quasi certi Beard ed Hill) e tra i trequarti, dove devono alzare bandiera bianca elementi dal provato valore internazionale come l’apertura Rhys Patchell, il centro Scott Williams, l’estremo Leigh Halfpenny (ancora alle prese con i problemi da concussion, anche se potrebbe rientrare dopo le prime due gare) e l’ala Josh Adams.
La profondità del movimento gallese permetterà comunque a Gatland di schierare formazioni in grado di competere nelle due trasferte in Continente. La sensazione, però, è che per puntare al titolo, servirà ritrovare qualche elemento cardine in vista delle ultime delicatissime sfide contro le altre Home Union.
Scenario migliore possibile
Warren Gatland, approfittando di un calendario tutto sommato non impossibile, chiude con il botto il suo ultimo Sei Nazioni alla guida dei dragoni archiviando un lussuoso Grand Slam. I gallesi passano indenni la doppia trasferta franco-italiana in apertura di competizione nonostante diverse assenze pesanti causa infortuni, presentandosi all’attesissima sfida interna contro l’Inghilterra a quota 9 punti. Al Principality Stadium, contro gli acerrimi rivali inglesi, Justin Tipuric e compagni si prendono la rivincita della beffarda sconfitta di Twickenham della passata edizione al termine di un’epica battaglia, decisa da una marcatura deliziosa di George North.
Il successo senza troppi patemi a Murrayfield, poi, trasforma il duello di Cardiff con l’Irlanda in una vera e propria finale. I padroni di casa si impongono anche di fronte agli uomini di Joe Schmidt, vincendo il titolo (21 i punti totali in graduatoria) e portando a 14 la striscia di vittorie consecutive.
Scenario peggiore possibile
La gara dello Stade de France si trasforma in una trappola fatale per il Galles. la Francia domina il match e non lascia scampo ai dragoni, che lasciano Parigi senza punti in classifica, perdendo peraltro un paio di pedine importanti, tra terza linea e trequarti, a causa di problemi fisici.
I ragazzi di Gatland si rialzano a Roma, archiviando una sofferta vittoria contro l’Italia che sembra dare nuova linfa al gruppo. Il successo in terra italiana si rivela, invece, un fuoco di paglia, restando l’unica soddisfazione dell’intero torneo. Contro Inghilterra, Scozia ed Irlanda, infatti, arrivano altre tre sconfitte amare, che relegano il team di Cardiff in quinta piazza e fanno scattare allarmi e polemiche in vista dell’imminente Rugby World Cup 2019 in Giappone.
Giocatore da seguire
Lontano dai ritmi frenetici del campionato inglese, lasciato in estate dopo 5 stagione con i Saints, George North si presenta al Sei Nazioni tirato a lucido. L’ala degli Ospreys ha mostrato in Pro14 di essere vicina alla miglior versione possibile, e, a differenza degli ultimi anni, ha potuto prendersi qualche turno di riposo, tra torneo celtico e Challenge Cup.
Il fatto che la maglia numero 14 dei dragoni sia di sua proprietà per tutto il torneo non è minimamente in discussione, con Gatland che non può rinunciare all’esuberanza atletica ed all’intelligenza sublime del nativo di King’s Lynn. A novembre, l’ex Northampton è partito da titolare in tutte 3 le sfide contro le formazioni tier 1 affrontate dal Galles, rivelandosi imprescindibile per gli equilibri del team. Risolti i problemi con le concussion e ritrovato lo splendore dei giorni migliori, non sorprenderebbe, a fine torneo, vederlo in nomination per il titolo di miglior atleta della competizione.
Matteo Viscardi
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