Abbiamo parlato con la coordinatrice dell’attività femminile affrontando diversi temi d’interesse legati al movimento in rosa
Maria Cristina Tonna, Coordinatrice dell’attività femminile, è una delle figure più conosciute – e più informate – del rugby femminile italiano, ma non solo. La Nazionale femminile italiana sta vivendo davvero un grande momento, dopo i successi ottenuti dalle ragazze negli ultimi anni che hanno portato l’Italia prima a chiudere al nono posto l’edizione 2017 della Women’s Rugby World Cup, poi ad issarsi (sulla scorta dei risultati del campo) fino al settimo posto del ranking di World Rugby.
Merito di questi successi, oltre che delle ragazze e dello staff tecnico azzurro che lavora a stretto contatto con loro, va dato alla crescita esponenziale del movimento rugbistico femminile nel Paese.
“Dalla Coppa del Mondo 2017 in Irlanda il movimento è cresciuto di pari passo con i risultati della Nazionale, perché anche il rugby domestico ha approfittato di quel Mondiale raccogliendo l’energia sprigionata da quell’esperienza. Stiamo vedendo che c’è sempre molta curiosità da parte delle bambine che si avvicinano al gioco del rugby attraverso la promozione nelle scuole, tra le altre, e in questo periodo stiamo consolidando ulteriormente tutta questa energia positiva.”
“Un esempio di questo, tra i tanti che si possono fare, è stata l’aggiunta di una categoria al rugby femminile, la Under 18, colmando un vuoto che effettivamente c’era. I numeri son cresciuti, non tanto da poter permettere a tutte le squadre di schierare una squadra in questa categoria, ma è chiaro che questo passaggio era necessario per, come detto, colmare il vuoto ed evitare gli abbandoni ‘fisiologici’ delle ragazze che quando uscivano dall’Under 16 (fino ad ora composta di tre anni di età) si trovavano a dover scegliere se andare in Seniores, o smettere.”
“Non si è ancora del tutto sviluppata la cultura di avere un vivaio e di far entrare le ragazze di quell’età gradualmente nelle formazione maggiore, oltre al fatto che in alcuni casi proprio non esistevano realtà locali oltre la Under 16”, continua Tonna.
“Per introdurre la Under 18 abbiamo cercato di ricalcare la struttura già presente in ambito maschile e pensiamo che questa categoria segua il naturale sviluppo delle giocatrici, sia a livello rugbistico sia a livello di crescita personale, perché una ragazzi di 17 anni fa comunque fatica a stare all’interno di una categoria che iniziava a starle un po’ stretta [e non era magari pronta per fare il salto in Seniores]. Dopo la riforma, l’Under 16 è composta da due anni di età più un massimo di due fuori-quota per dare continuità momentanea al percorso di sviluppo e far andare a pieno regime le squadre col processo di propaganda, promozione e reclutamento, su cui deve esserci il focus di tutti in modo da attrarre nuove giocatrici e trattenere quelle che già sono inserite nell’ambiente. L’obiettivo di medio termine è di arrivare quanto prima a fare un campionato Under-18, senza perdere il focus sul coinvolgimento delle ragazze nelle categorie inferiori.”
Il piano della Federazione è davvero molto ambizioso e va nella direzione giusta, nell’ottica non solo ‘conservativa’ (che è comunque molto importante) ma anche e soprattutto di ampliamento della base di giocatrici, in modo da mettere il commissario tecnico, Andrea Di Giandomenico, e il suo staff nelle migliori condizioni possibili per scegliere i nuovi talenti per la maglia Azzurra.
“Già da quest’anno questa riforma è entrata in vigore e siamo piuttosto soddisfatte, speriamo di vedere i risultati già dall’anno prossimo, con squadre consolidate e un aumento delle ragazze in attività. Anche l’Under-14 si sta consolidando come categoria e questo è un segnale importantissimo, perché chiaramente se non vediamo una crescita in queste tre categorie (U-14, U16 e U18) non potremmo parlare del futuro del rugby femminile.”
“Fino alla stagione scorsa c’era una sola categoria obbligatoria per le società che hanno una formazione Seniores nella massima serie femminile, mentre da quest’anno abbiamo ampliato l’opzione facendo in modo che una società potesse scegliere fra le tre categorie,” continua Tonna. “Stiamo ovviamente monitorando il tutto da molto vicino, perché non è escluso che in un futuro prossimo le cose non possano cambiare. Noi come Federazione siamo più per una promozione della cultura, per cercare di coinvolgere le squadre e stimolarle a fare promozione piuttosto che porre degli obblighi ed imporre delle scelte dall’alto’.”
“Se una società che ha sempre avuto la sezione maschile decide di introdurre la sezione femminile, mettendoci la stessa attenzione, io credo che sia una grande opportunità di condivisione che può portare opportunità di grande crescita. Credo che avere una sezione femminile porti una sensibilità diversa all’interno del club perché le ragazze portano diversi punti di vista rispetto agli uomini, portando anche ulteriore entusiasmo che è un arricchimento per tutti.”
“Mi piacerebbe,” dice Maria Cristina, mostrando il suo entusiasmo e la sua visione del progetto, “che chi si avvicina al rugby femminile lo faccia con la stessa professionalita’ mostrata per la sezione maschile, la nostra, sottolineo, è un’operazione culturale più che un’imposizione e l’introduzione dell’Under-18 va in questa direzione.”
Il concetto di ‘creare una cultura’ è piuttosto interessante perché evidenzia il fatto che il rugby femminile italiano non sta vivendo ‘una moda’, nessuno si accontenta di quanto fatto finora e aspetta di vedere ‘quanto durerà’ ma il progetto e la pianificazione a livello giovanile danno davvero grande entusiasmo a chi ha da sempre a cuore le sorti del rugby femminile.
Perché come dice ancora Tonna, “se si obbligano le Societa’ ad avere le Under quando non sono coinvolte in pieno nel progetto, ci possiamo trovare di fronte a situzioni in cui i club devono fare qualcosa e lo fanno solo per essere in regola” ma, aggiungo io, il rischio forte è che se la regola cambia, se l’obbligatorietà viene tolta, la squadra sparirebbe con lei, lasciando un vuoto incolmabile.
Sarebbe oltretutto qualcosa di davvero bello poter vedere, a breve, che le Accademie verranno aperte anche alle ragazze, come succede per esempio in Scozia (ma da pochissimi anni anche lì).
Tonna dice che “al momento la Federazione si è orientata in un determinato modo, ma a brevissimo introdurremo un progetto nuovo (cui si è già accennato peraltro nel comunicato stampa emesso dopo il Consiglio Federale di dicembre 2018) che vedrà la nascita di una Elite Juniores Femminile e a breve saranno noti tutti i dettagli. E’ forse ancora un po’ presto pensare di pensare ad un’accademia femminile, i numeri ancora non sono cosi importanti ma con le strategie che abbiamo individuato – e che a breve saranno più visibili – e con cui stiamo lavorando arriveremo a colmare quel vuoto, a creare quell’anello di congiunzione tra le attività femminili regionali (le rappresentative regionali) e le nazionali femminili. Ogni cosa chiede il suo tempo, c’è un suo processo di gestazione che non va stressato né ignorato. Tutti i passi che abbiamo fatto nel settore femminile hanno avuto bisogno di tempo, perché quando si parla di un processo evolutivo non si possono ottenere grandi risultati nel brevissimo termine ma va dato tempo alla struttura di crearsi e poi di crescere. Sono però fiduciosa che a breve avremo tutto quello che serve per fare in modo che il rugby femminile continui ulteriormente a crescere. L’evoluzione va seguita e sostenuta, ma mai arrestata.”
“L’anno prossimo ci sara’ una riforma del campionato a XV femminile,” continua Tonna. “E’ già stato dichiarato tempo fa, la formula sarà nota entro fine stagione e pensiamo che molte squadre, sull’onda di questa possibile riforma, stanno preparando il loro ingresso nel campionato a XV, vedendo che i dubbi sull’aspetto economico di gestione della sezione femminile e sulla profondità della rosa (anche considerando la forza delle altre squadre presenti nel campionato) sono stati dissolti. Tante squadre stanno pensando adesso di fare il passo verso la squadra Seniores femminile e il prossimo anno non si ragionera’ su Serie A o Serie B ma daremo alle migliori l’opportunita’ di confrontarsi tra di loro, mentre le altre avranno opportunita’ di crescere seguendo un processo di formazione.”
Nel suo ruolo di Coordinatrice Attività Femminile lavora a stretto contatto con Daniele Pacini (responsabile del rugby di base) avendo tanti argomenti in comune e si occuperà anche del coordinamento, nella pratica, del nuovo progetto ‘Elite’ oltre a continuare a sorvegliare tutte le attività nelle regioni italiane, entrando in contatto tutti i giorni con le realtà locali femminili e sostenendo il loro sviluppo e i loro progetti territoriali.
“Nella mia attività quotidiana mi rendo conto che le più grandi difficoltà che abbiamo sono le offerte che arrivano da altri sport e il fatto che é sempre difficile fare sacrifici per andare ad allenarsi in un mondo in cui la tecnologia e diversi stimoli esterni possono creare distrazioni. Dobbiamo anche cercare di trovare sempre modi nuovi per far avvicinare le ragazzine al rugby, non possiamo ignorare il ruolo giocato dai social e dai telefonini in quest’epoca e dobbiamo cercare di sfruttare questo a nostro vantaggio.”
“In Italia ci sono grandi differenze a livello regionale, anche nel rugby femminile, ma ricalcano – con qualche eccezione – quello che succede nel rugby maschile. La percentuale di giocatrici, con le dovute proporzioni, vede una distribuzione simile a quella maschile e le regioni presentano, a grandi linee, le stesse peculiarità. Siamo molto contente di quanto sta succedendo in due regioni come Sicilia e Puglia dove abbiamo registrato un incremento importante delle giocatrici. Il grosso lavoro che faccio è supportare i progetti di sviluppo di FIR nelle regioni in ambito di rugby femminile perché ovviamente non possiamo avere un progetto unico che vada bene dappertutto, ma vogliamo fare in modo che i progetti siano validi nella regione in cui andiamo a lavorare.”
L’Italia Femminile ha aperto il Sei Nazioni di categoria con una bella vittoria raccolta a Glasgow contro la Scozia venerdi scorso, allungando a cinque la striscia di successi dopo aver violato il Millennium Stadium di Cardiff nel marzo 2018.
Le Azzurre giocheranno il Sei Nazioni Femminile senza particolari assilli di classifica, visto che World Rugby ha annunciato che i risultati ottenuti nel Torneo non influiranno nel percorso verso la qualificazione alla prossima WRWC2021 – ma ovviamente ogni vittoria aiuta l’Italia a cementare il loro posto nel ranking mondiale.
Tonna, negli ultimi due anni, si e’ concentrata sullo sviluppo delle attività regionali, dopo aver seguito e accompagnato per anni la Nazionale Femminile come manager. “Sono convinta che questa riforma del processo di qualificazione alla Coppa del Mondo non cambierà nulla in termini di approccio al Sei Nazioni Femminile della squadra. Non c’erano stati segnali che la riforma venisse introdotta prima dell’inizio del Torneo quindi eravamo pronte e concentrate a prenderci la qualificazione nelle prossime due edizioni del Torneo e nonostante il cambio arrivato davvero a ridosso del Sei Nazioni non è proprio il massimo, a livello di tempistica, per noi, resta la voglia di dare il massimo – come ha detto Manuela Furlan – per fare in modo che la squadra continui a crescere. La squadra non e’ concentrata sul vincere in funzione della qualificazione alla Coppa del Mondo, la squadra vuole sempre migliorarsi e questo è davvero l’aspetto straordinario, il segno che tutte insieme abbiamo creato la mentalità giusta – e questa è la strada da seguire, perché abbiamo comunque come obiettivi il ranking, il sottolineare che in Europa siamo una delle squadre migliori (le migliori dopo Francia e Inghilterra, che sono i nostri punti di riferimento) e nel tempo ci siamo conquistate un ruolo di leadership, anche a livello di sport italiano, che vogliamo mantenere – e che abbiamo tutte le qualità per mantenere.”
“Le ragazze non solo vincono e convincono, ma lo stanno facendo con continuità e sono certa che affronteranno questo Sei Nazioni Femminile scendendo in campo sempre per vincere.”
Settimana prossima l’Italia ospiterà il Galles allo Stadio Via del Mare di Lecce, una scelta coerente con lo sviluppo del rugby femminile nella regione Puglia.
“L’idea di girare l’Italia con la Nazionale femminile è fatta sempre tenendo conto del livello alto che le strutture devono offrire, perché il benessere delle giocatrici è fondamentale e lo stadio di Lecce è decisamente uno di questi, un impianto veramente bello che da subito ci ha dato le garanzie che cercavamo. Vorrrei davvero ringraziare l’Amministrazione Locale di Lecce e a chi ha permesso alla società Salento Rugby di poter organizzare questo evento, oltre al Comitato Pugliese e all’US Lecce che ha dato il consenso nonostante quello che magari si sente sulle condizioni del terreno di gioco dopo una gara di rugby. Portare il Sei Nazioni Femminile al sud è un ulteriore segnale di volontà di presidiare il territorio italiano e di voler lasciare sempre qualcosa in eredità. Per esempio, a Rovato – dove abbiamo giocato tre anni quando siamo entrate nel Sei Nazioni – è nato un bel settore femminile e credo che la nostra presenza in Puglia dia ulteriore stimolo al movimento per fare ancora bene e continuare a crescere.”
“Ci sono tanti stereotipi sociali e culturali da abbattere, ma anche la Nazionale che vince e soprattutto gioca un bel rugby sta dando una nuova immagine, che piace alle donne,” chiude Tonna. Impossibile darle torto.
Matteo Mangiarotti
Cari Lettori,
OnRugby, da oltre 10 anni, Vi offre gratuitamente un’informazione puntuale e quotidiana sul mondo della palla ovale. Il nostro lavoro ha un costo che viene ripagato dalla pubblicità, in particolare quella personalizzata.
Quando Vi viene proposta l’informativa sul rilascio di cookie o tecnologie simili, Vi chiediamo di sostenerci dando il Vostro consenso.