Ben 16 dei 26 punti subiti dagli Azzurri provengono da fasi di gioco in cui eravamo in possesso dell’ovale
L’undicesima vittoria del Galles, la decima di Gatland con la nazionale dei Dragoni contro l’Italia, è arrivata all’Olimpico in proporzioni diverse da quelle che i giocatori gallesi e buona parte del pubblico si aspettavano. Gli ospiti tornano a casa con 4 punti in cascina, uno in meno di quanti probabilmente avessero messo in preventivo, e con una sensazione di incompletezza rispetto al lavoro che erano venuti a fare.
I dieci cambi del tecnico gallese hanno infatti rivoluzionato la squadra, e pur mantenendo alta la qualità media con giocatori come Aaron Wainwright e Thomas Young, a cui è stato negato un meritato titolo di migliore in campo, i Dragoni hanno fatto più fatica del previsto a battere un’Italia orgogliosa, che ha del merito nell’aver fatto disputare un incontro poco soddisfacente agli avversari e, pur nella sconfitta, ha giocato forse il miglior incontro dallo scorso Sei Nazioni ad oggi.
E’ un’Italia che si riscopre catenacciara, quella di Conor O’Shea, in questo inizio di Torneo: la fase difensiva è infatti notevolmente migliorata rispetto alle ultime uscite, complice qualche errore di troppo degli avversari che ne ha facilitato il compito. Dall’altra parte, è chiara un’involuzione a livello offensivo: per una squadra che ha così poco possesso, sfruttare ogni singolo pallone diventa vitale.
Proprio dai troppi errori individuali sia in zone di campo arretrate che in fase offensiva nasce la sconfitta della nazionale italiana nella seconda giornata del Sei Nazioni 2019.
Errori costosi
“In una partita ci sono alcuni momenti precisi che cambiano la forma di quell’incontro. Tre, quattro, cinque azioni che determinano lo svolgimento della partita” aveva detto O’Shea in conferenza stampa giovedì scorso.
“Riguardate i primi 50 minuti della partita con la Scozia e ditemi dove sono i problemi. Abbiamo iniziato bene, eravamo in controllo, poi abbiamo subito la prima meta a causa di un errore, un errore tecnico. E questa è stata la differenza sabato.”
Questa settimana non è stata diversa, anzi. Proprio gli errori individuali hanno compromesso una partita che a livello di sistema e collettivamente l’Italia non ha giocato male.
La partita si è aperta con un break di 9 a 0 a favore dei nostri avversari nel primo quarto d’ora di gioco. Tutti e tre i calci di punizione ottenuti dal Galles e messi fra i pali da Dan Biggar, però, provengono da palloni che erano in possesso degli Azzurri.
Dopo 16″, nelle immediate conseguenze del calcio d’inizio, Ghiraldini viene ben placcato da Young in un tentativo di uscita eseguito pedissequamente dagli Azzurri, con Dee che subito mette le mani sul pallone e non viene pulito a dovere da Budd e Steyn: calcio di punizione sotto i pali e primi 3 punti.
Attenzione ai dettagli e diversa prontezza mentale: l’Italia sta già pensando a liberare il pallone, ma è troppo prevedibile il pallone per Ghiraldini. Young può salire veloce e metterlo immediatamente a terra. Il numero 2 non riesce a lavorare a terra per liberare l’ovale, e Steyn e Budd non fanno il loro lavoro. Tanti piccoli errori in uno
Dopo 12 minuti di gioco, la mischia azzurra avanza nei nostri 22 metri: c’è una incomprensione fra Parisse, che vuole il calcio di punizione, e Palazzani, che invece vuole liberare subito al piede via Allan. Ne risulta un in-avanti, mischia per il Galles, calcio di punizione contro il nostro pack e altri 3 punti.
Al quarto d’ora, Palazzani si fa intercettare un passaggio da rimessa laterale all’altezza dei nostri dieci metri. Il Galles gioca poi 8 fasi ben difese dagli Azzurri, che però concedono un fuorigioco e un nuovo calcio che Biggar mette tra i pali. Gli avversari scappano già oltre il break, con l’Italia che ha difeso al meglio delle proprie possibilità, come dimostra la cifra esagerata di 66 placcaggi compiuti in 17 minuti di gioco.
Limiti offensivi
L’Italia ha un buon momento offensivo fra il ventesimo e il venticinquesimo minuto di gioco, entrando due volte nei 22 metri avversari e giocando un altro pallone in una zona avanzata del campo. Tutti e tre i possessi finiranno però malamente nelle mani avversarie senza che gli Azzurri riescano a mettere punti sul tabellone: la maul costruita al 20′ si esaurisce con Beard che esce con l’ovale fra le braccia, il contrattacco avviato da Padovani con la presa alta sul pretenzioso cross kick di Biggar finisce dopo sette fasi con Luca Morisi costretto al turnover da un choke tackle avversario, e allo stesso modo poco più tardi Campagnaro si farà strappare dalle braccia un pallone prezioso dopo la svirgolata di Josh Adams.
Dopo il recupero di Padovani, l’Italia alza il ritmo nei 22 avversari, ma nessuno dei ball carrier che si alternano (i migliori: Negri, Ferrari, Steyn) riesce ad avanzare. Un problema che sta incominciando a diventare cronico
Dopo il buon momento Azzurro, che si conclude con il più classico dei nulla di fatto, è il Galles che invece muove ancora il tabellino, stavolta con un calcio di punizione sudato fino in fondo. La difesa italiana resiste infatti ben 18 fasi all’assalto avversario prima di concedere il calcio del 12 a 0, con Biggar chiaramente frustrato per non essere riuscito a guidare la squadra oltre la linea.
Passata la mezz’ora, arriva il miglior momento dell’Italia: l’azione della meta di Steyn è scarna e brutale, ma efficace. Poco dopo solo il palo ferma Allan dall’accorciare sul 12 a 10 con il tempo rosso. Il 10 azzurro si farà perdonare poco dopo segnando tre punti in avvio di ripresa. E’ il minuto 42, l’Italia tornerà a vedere i 22 metri avversari solamente trenta minuti più tardi.
Per avere un metro di giudizio, tenete conto che 6 ingressi nei 22 metri sono un numero buono durante una partita. Invece la cifra di punti segnati in media per ogni ingresso è piuttosto basso: l’Italia ha bisogno di mettere punti sul tabellone ad ogni occasione possibile. Magra consolazione, i nostri avversari non hanno fatto molto meglio: 9 ingressi in controllo di palla nei 22 italiani, 2.07 punti portati a casa per ciascuno.
La partita vive il suo momento cruciale proprio fra l’inizio della ripresa e il 65′: il Galles sente il fiato sul collo, commette molti errori e l’Italia regge bene in difesa. Come nella parte centrale del primo tempo, però, i limiti offensivi e qualche errore individuale non consentono alla nostra nazionale di provare a vincere la partita. In particolare, dopo aver ben resistito a due assalti offensivi dei Dragoni, l’Italia ha due possessi offensivi fra la metà campo e i dieci metri avversari dai quali prova a costruire qualcosa, fra il quarantanovesimo e il cinquantunesimo.
Nel primo caso, Negri carica, avanza, ma si isola dai sostegni e commette un tenuto a terra poco oltre la linea mediana. Nel secondo è Parisse, dopo un’ottima touche vinta, a sbagliare la trasmissione verso Palazzani, che commette in-avanti. Sulla mischia che ne consegue il Galles segnerà la bella meta di Josh Adams, manipolando con grande classe la difesa italiana dopo una mischia chiusa, in un passaggio di gioco classico per i Dragoni, che finalmente trovano la giusta nota per il loro spartito in una partita tutto sommato mediocre. Con questi ultimi 7, arriva a 16 il computo dei punti concessi dall’Italia su un’azione con possesso a favore.
Mischia chiusa e gioco al piede
Se sull’errore del singolo il lavoro che lo staff tecnico può fare è limitato, ci sono due aspetti strutturali del gioco azzurro che necessitano immediata attenzione. Evidentemente, da novembre ad oggi, la priorità è stata data ad una rimessa laterale balbettante che oggi, invece, funziona: dopo il 13 su 13 di Edimburgo, a Roma gli Azzurri hanno perso una sola rimessa, ottenendo dieci possessi e rubandone ben tre agli avversari.
Dove ora urge mettere le mani è sul gioco al piede e sulla mischia chiusa. Sul primo aspetto l’Italia ha bisogno di migliorare in particolare l’utilizzo del box kick per far sì che non sia soltanto una restituzione del possesso agli avversari in una posizione di campo più arretrata. Abbiamo bisogno di una esecuzione migliore da parte del mediano di mischia incaricato, ma soprattutto di una pressione immediata sul ricevitore del calcio, per provare a recuperare il pallone o mettere in discussione il possesso sulla ruck immediatamente successiva.
Gori calcia troppo lungo. La linea sale unita, ma la pressione è praticamente assente: Anscombe può controllare il pallone facilmente ed esibirsi in un banana kick di gran classe
L’altro problema è la mischia chiusa. PlanetRugby scrive impietosamente: “Una cosa di cui potevi essere certo degli Azzurri era i loro solidi, spesso dominanti primi cinque uomini, che oggi sono costantemente messi sotto nelle fonti del gioco. Martin Castrogiovanni, Salvatore Perugini e Andrea Lo Cicero erano tutti giocatori di alto livello, ma ora che si sono ritirati, gli italiani hanno fallito nel rimpiazzarli.”
Una verità cruda, ma nondimeno una verità: contro la Scozia, l’Italia ha avuto a disposizione 6 mischie, riuscendo ad usare il pallone una sola volta e vincendo un calcio libero e un calcio di punizione in altri due casi. Tre i palloni persi su propria introduzione. Questa settimana, la prima linea gallese ha concesso qualcosa in più, ma si è presa anche qualche calcio di punizione molto importante e dalla mischia chiusa sono arrivate le due mete degli ospiti.
La prima, quella che ha rotto la partita, è stata una perfetta piattaforma d’attacco per una squadra maestra nello sfruttare le azioni che partono da fase ordinata. La seconda fa più male, perché viene da un pallone brillantemente recuperato dagli Azzurri, con Steyn e Hayward ad esibirsi in un choke tackle che costringe gli avversari al turnover nei nostri 22 metri. La mischia che ne segue, però, viene divelta dai gallesi, che prima vanno in rimessa laterale a 5 metri, e poi mettono la parola fine all’incontro con il grubber di Anscombe su cui si avventa Watkin.
La nostra prima linea è un po’ alta ma ha un buon ingaggio. Bigi non riesce a tallonare subito l’ovale, Pasquali si fa attrarre verso l’interno e non spinge verso la pressione del suo diretto avversario, che può entrargli sotto e portare a casa una mischia decisiva
Prossimo futuro
Il lavoro paga. Più questa nazionale riuscirà a stare insieme, senza pagare dazio agli impegni dei club, più potrà aggiungere qualcosa nelle prossime settimane. L’obiettivo è confermare i passi in avanti fatti in due partite, quella di Roma con l’Irlanda e quella di Twickenham con l’Inghilterra, che sono onestamente fuori portata per la squadra azzurra. Passare per quelle aggiungendo qualche pezzo in più al puzzle ancora incompleto di questa Italia potrebbe voler dire però avere il lusso di andarsi a giocare le proprie possibilità di vittoria nella centesima partita dell’Italia al Sei Nazioni, quella contro la Francia all’ultima giornata.
Lorenzo Calamai
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