Abraham Steyn si è confermato come il giocatore più in forma del momento. Ruzza ha brillato nuovamente dalla panchina, mentre in prima linea c’è qualche scricchiolio di troppo
La seconda partita dell’Italia nel Sei Nazioni 2019 ha di fatto cristallizzato le valutazioni conplessive rispetto a quanto già era stato fatto dopo la gara in terra di Scozia. A livello di singoli, tuttavia, qualcosa si è mosso, con un paio di elementi che hanno confermato di vivere un momento magico, ed altri invece, di essere più in difficoltà.
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Chi sale
Abraham Steyn: il terza linea del Benetton Rugby si è ormai scrollato di dosso in via definitiva le prestazioni altalenanti degli ultimi anni con l’Italia, portando anche in maglia azzurra il momentum che ne sta contraddistinguendo l’eccezionale stagione con i Leoni veneti. L’ex Calvisano è stato di gran lunga il migliore in campo tra i padroni di casa, archiviando una performance di grande spessore a tutto tondo. Il classe ’92 si è rivelato il ball carrier più utilizzato ed efficace (non a caso la meta a partita ancora in bilico è arrivata da un suo avanzamento prorompente), ha dato un contributo prezioso nelle ruck, forzando peraltro l’unico tenuto gallese, ha placcato con profitto ben 17 volte, ergendosi verosimilmente a miglior azzurro di giornata.
David Sisi: si dice che confermarsi ad alto livello dopo aver disputato una buona gara (a maggior ragione quella d’esordio) sia estremamente complesso. L’avanti zebrato ha dimostrato di possedere il know-how necessario per prendere in mano le redini della seconda linea italiana, ribadendo all’Olimpico quanto di buono fatto vedere a Murrayfield, dove fu probabilmente l’azzurro migliore nella prima, funesta, ora del match. Il suo contributo in touche è stato prezioso, così come il lavoro dispensato qua e là, in giro per il campo, durante l’arco di tutta la partita.
Chi è stabile
Edoardo Padovani: dopo la parentesi francese, il versatile e talentuoso trequarti azzurri ha viaggiato a lungo a fari spenti, anche per via di qualche fastidioso infortunio, disseminato qua e là sul suo percorso, che lo ha costretto, in momenti diversi, a saltare qualche gara di troppo (come nello scorso novembre). Zitto zitto, tuttavia, Padovani si è ripreso le Zebre, e, al di là delle mete marcate (bellissimo plus, ci mancherebbe), l’ex Mogliano sta ritrovando le vecchie sensazioni anche con la maglia azzurra.
Federico Ruzza: il talentuoso e versatile avanti del Benetton Rugby, utilizzato anche contro il Galles dalla panchina, ha avuto, proprio come nel notevole finale di Murrayfield, un impatto notevole in senso positivo sulla fluidità dell’attacco italiano. Il classe ’94 ha eluso con la consueta perizia un paio di placcaggi avversari, facendo anche strada, però, in tutte e 5 le cariche effettuate, mostrandosi efficiente anche sotto il profilo fisico.
Luca Morisi: il centro milanese ha cambiato posizione rispetto alla prima uscita, ma ha comunque toccato pochi palloni, rendendo così difficile una sua valutazione in attacco. In difesa, invece, tutto sommato, ha superato anche il secondo esame, tenendo botta con perizia.
Chi scende
La prima linea: la prestazione nelle fasi statiche è stata tutto sommato all’altezza della situazione. Quello che, invece, è mancato, almeno rispetto agli standard prestativi posti in essere dai dirimpettai di giornata, è l’efficacia in giro per il campo. I primi tre azzurri hanno faticato oltremodo nel vincere le collisioni, non riuscendo quasi mai ad andare oltre la linea del vantaggio palla in mano. Anche il contributo nei breakdown non è stato straordinario, sempre se parametrato ai colleghi in rosso. Il work-rate nel gioco aperto della prima linea, quindi, è uno degli aspetti che più necessita di miglioramenti, in chiave Italia, per le prossime sfide.
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