Il fattore campo che salta quasi ovunque, il grande esordio di Specman, la vittoria dei Crusaders e il ritorno di Quade Cooper
La prima giornata del Super Rugby è andata in archivio con poche sorprese e diverse partite molto equilibrate. È stato un turno dedicato prevalentemente ai derby inter-conference, con un paio di eccezioni. Nell’unica sfida trans–tasmanica a spuntarla sono stati i neozelandesi degli Hurricanes sui Waratahs, mentre tra Sharks e Sunwolves i sudafricani hanno avuto la meglio a Singapore. Ripercorriamo il weekend attraverso la rubrica Parole e numeri.
4 – Le partite concluse con uno scarto di 7 o meno punti nel punteggio finale, sulle sette giocate. E un’altra (Jaguares-Lions) è finita 16-25, non molto lontana. Tante le partite in bilico, in cui le favorite sulla carta sono comunque riuscite a vincere: i Crusaders a Auckland, gli Highlanders a Hamilton, gli Hurricanes a Brookvale e i Rebels a Canberra.
6 – Ancora più alto è stato il numero di vittorie in trasferta, perché a quelle sopraccitate bisogna aggiungere la vittoria dei Lions in Argentina. Gli unici a far valere il fattore campo sono stati i Bulls, che hanno dominato forse più nettamente del previsto gli Stormers, battuti con un perentorio 40-3. Che sia un segnale a tutta la conference sudafricana? Ancora presto per dirlo, ma per tutto il torneo un ritorno ad alti livelli dei Bulls sarebbe fondamentale.
Specmagic – La star della nazionale sudafricana di Sevens Rosko Specman ha giocato la sua prima partita della carriera nel Super Rugby, all’età di 29 anni. Ed è andata piuttosto bene, per usare un eufemismo. L’ala dei Bulls ha tagliato a fettine la difesa degli Stormers, bucandola tre volte e battendo sette volte il diretto avversario, segnando una doppietta nei primi venti minuti di partita con due impressionanti accelerazioni.
Invincibili – Anche contro dei Blues decisamente in palla e all’apparenza più che mai competitivi a certi livelli, i Crusaders hanno vinto. Come fanno ormai ininterrottamente dal 17 marzo 2018, giorno dell’ultima sconfitta nel Super Rugby arrivata per mano degli Highlanders. Due mete di Mataele e due mete di punizione sono bastate a Auckland, in una prestazione tutt’altro che perfetta (13 calci di punizione concessi). Sugli scudi in particolare Braydon Ennor, centro classe 1997 da cui sono passate tutte le azioni più pericolose dei rossoneri.
Leoni – Passano gli anni, cambiano gli interpreti, vanno via Mostert, Dreyer, van Rooyen, gli Ackermann (padre e figlio) e Jaco Kriel, ma le grandi certezze dei Lions restano immutate. Anche a Buenos Aires, i Lions hanno offerto una straordinaria prova di forza nelle fasi statiche, sia in mischia sia con la classica rolling maul chiusa da Malcolm Marx. L’arata in mischia su introduzione argentina nei 22 avversari è un biglietto da visita notevole.
Ritorno – Dopo un anno di purgatorio in NRC, Quade Cooper ha ritrovato il Super Rugby e lo ha fatto con la consueta classe, al fianco tra l’altro del compagno di merende Will Genia. Il mediano d’apertura si è subito preso i titoli di siti e giornali locali e neozelandesi per come ha guidato la squadra alla vittoria, tanto da far dire a Greg Martin – ex giocatore di Reds e Wallabies – che quella di Cooper è stata “the most commanding fly-half performance from an Australian in three years”. Non c’è bisogno di tradurre, insomma.
100.- Akira Ioane sta diventando a tutti gli effetti uno dei ball carrier più straordinari dell’emisfero Sud. Contro i Crusaders, il numero otto dei Blues ha trascinato i suoi con l’ennesima prestazione sopra le righe: ha caricato la linea 20 volte guadagnando 100 metri, ha battuto quattro difensori e fatto due break, marcando una meta su una bella percussione individuale. Chissà che in nazionale, molto presto, Rieko non venga raggiunto dal fratello maggiore.
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