Danielle Waterman, ex estremo dell’Inghilterra, ha analizzato quella che secondo lei è una grave mancanza per diverse nazionali
Nelle ultime settimane, non è stata solo l’Inghilterra maschile di Eddie Jones a far parlare di sé per il suo gioco al piede e le capacità di mettere pressione alle squadre avversarie calciando dietro la linea difensiva. Anche le Red Roses – la nazionale femminile inglese – hanno saputo mettere alle corde la Francia nello scontro diretto per il titolo grazie a un sapiente uso dei calci tattici e di spostamento, come poche volte si vede fare nel rugby femminile.
Per Danielle “Nolli” Waterman, 33enne giocatrice dell’Inghilterra fino allo scorso anno, il 41-26 maturato a Doncaster è stato un pretesto per parlare proprio di come le squadre usano il piede nel gioco femminile. Lo ha fatto con un articolo pubblicato sul sito di Sky Sports, dal titolo molto chiaro: «Il gioco al piede nel rugby femminile ha bisogno di essere sviluppato».
“La scarsa capacità tecnica nel colpire la palla e la mancanza di un efficace calcio tattico sembrano essere temi anche nelle altre nazioni – ha scritto Waterman, dopo aver brevemente fatto il punto sulle debolezze della nazionale francese contro l’Inghilterra – Per anni l’Irlanda ha avuto un gioco che mi ha messo alla prova come estremo. Niamh Briggs aveva un grande piede, e Nora Stapleton avrebbe usato dei calci tattici per influenzare le prestazioni della sua squadra […] Durante la partita contro la Scozia, invece, l’Irlanda non ha mai utilizzato il vento a favore per guadagnare territorio”.
Waterman ha poi parlato anche della partita tra Italia e Galles, finita con un inusuale pareggio per 3-3. “Allo stesso modo, abbiamo assistito a una mancanza di calci efficaci nella partita tra Italia e Galles. Giocare troppo nelle aree sbagliate del campo ha portato a innumerevoli errori e al risultato finale di 3-3”. La giocatrice dei Wasps ha poi citato l’episodio dei minuti finali, in cui il Galles non è riuscito a buttare fuori il pallone per far finire la gara, concedendo un’ultima chance all’Italia.
Tirando le conclusioni, Waterman dice che “ho visto così tante componenti del gioco svilupparsi e progredire negli anni, ma i calci sono tra queste. Genericamente parlando, le ragazze crescono senza colpire un pallone di nessun tipo”. La 33enne porta avanti anche un esempio della sua esperienza personale, perché a sua volta è sembrata trascurare in parte questo aspetto.
“Ho passato molto tempo della mia carriera credendo di non poter calciare, perché non pensavo che fosse una punto di forza. Mi vergognavo di non avere la gittata e l’efficacia che ci si può aspettare da un estremo di livello internazionale. Eppure, il gioco ha la necessità di cambiare questa mentalità”.
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