Fabrizio ci ha chiesto qualche delucidazioni su alcuni ruoli del nostro sport, e abbiamo cercato di accontentarlo
Il postino placca sempre due volte è la posta del cuore ovale di OnRugby.it. La redazione risponde a una selezione di domande dei lettori. Poneteci le vostre questioni all’indirizzo email [email protected], o scriveteci un messaggio tramite la nostra Pagina Facebook.
Domanda di Fabrizio
Volevo chiedervi alcuni chiarimenti sulle prerogative di ogni ruolo del rugby per poter capire meglio il gioco.
- Piloni: nella mischia chiusa l’1 ha la testa “fuori” dalla mischia e il 3 dentro la mischia. In condizioni di gioco normale invece si differenziano per qualcosa?
- Seconde linee: qual è il loro compito in mezzo al campo? Come si differenziano 4 e 5? Come si distingue una seconda linea molto forte (es. Retallick)?
- Terze linee: il 6 e 7 giocano rispettivamente su lato chiuso e aperto della mischia, mentre l’8 è incaricato di staccarsi dalla mischia per partire palla in mano. Mischia a parte, come si differenziano questi 3 ruoli? Perché spesso si sente parlare di flanker che non possono giocare N.8 e viceversa?
- Centri: come si differenziano? Perché a volte si vedono centri che possono fare anche le terze linee? (es. Sgarbi al Benetton). Quali caratteristiche fanno un gran primo centro e un gran secondo centro?
Risponde Lorenzo Calamai
Ci perdonerà Fabrizio se abbiamo razionalizzato la sua email, ma i contenuti erano davvero tanti e ne affrontiamo intanto una parte.
Incominciamo da una premessa fondamentale: nel rugby di oggi, come in tanti altri sport, si va sempre di più verso l’acquisizione da parte dei giocatori di un ventaglio di competenze trasversali molto ampio: tutti devono saper fare tutto. Ovviamente ci sono ancora delle abilità specifiche e ogni attore porta sul palcoscenico della partita caratteristiche diverse, che però non sono sempre necessariamente legate al suo ruolo. Lo spiegone che segue, quindi, vale a titolo generale, a grandi linee, per orientarsi. Procediamo per punti, seguendo l’ordine delle domande:
- Fra di loro, due prime linee non si differenziano in modo particolare una volta che la mischia chiusa è finita. Eventuali differenze nel loro utilizzo nel gioco aperto dipendono dalle caratteristiche dei singoli, e non tanto dal ruolo ricoperto. Un pilone come Tadhg Furlong, ad esempio, è un ball carrier di grande qualità e porta avanti un sacco di palloni, ma non è necessariamente una caratteristica comune a tutti i numeri 3.
- Generalmente, le seconde linee sono giocatori di fatica incaricati soprattutto di pulire i raggruppamenti e portare avanti il pallone, e sono i principali terminali del lancio in rimessa laterale. Non ci sono vere e proprie differenze fra numero 4 e numero 5, ma se vogliamo essere pignoli i numeri rispecchiano lo schieramento in mischia chiusa, a sinistra o a destra. In linea di massima la seconda linea destra è più forte in mischia chiusa dell’altra, e quindi spesso più grande fisicamente, per facilitare il compito al proprio pilone e per cercare di far girare la mischia ordinata leggermente verso destra, a vantaggio dell’attacco. Cosa serve per essere una grande seconda linea? Una imponente presenza fisica, un alto workrate in attacco e in difesa, l’intelligenza e le doti del gioco aereo nella rimessa laterale. Brodie Retallick è una grandissima seconda linea perché a queste caratteristiche combina la completezza in ogni aspetto del gioco: è prima di tutto un giocatore fortissimo, prima di una seconda linea fortissima.
- Rispetto ai ruoli precedentemente descritti, i tre giocatori di terza linea si distinguono maggiormente l’uno dall’altro, ma il loro impiego dipende tantissimo dalle caratteristiche dei giocatori e dalle richieste dello staff tecnico. Il numero 7 di una squadra è di solito il giocatore con più corsa fra quelli del pacchetto di mischia, capace di fare da raccordo fra mischia e trequarti e di contendere i palloni avversari al breakdown (esempio illustre: Michael Hooper); il numero 6 assomiglia invece più spesso a una seconda linea, deputato al lavoro oscuro di pulizia dei punti d’incontro (esempio illustre: Wenceslas Lauret); il numero 8 invece mischia spesso tutte queste caratteristiche con grandi qualità di portatore di palla, visto che deve ripartire dalla base del raggruppamento ordinato (esempio illustre: Billy Vunipola). E’ fondamentalmente questa la caratteristica discriminante che rende alcuni flanker poco adatti a quel ruolo, vuoi per scarsa propensione all’avanzamento o per una manualità non proprio da suonatore di pianoforte.
- Le variabili nella composizione di una coppia di centri sono pressoché infinite. Lo stereotipo classico vuole che il primo centro sia un giocatore potente fisicamente per andare a sfidare nelle prime fasi le linee difensive avversarie, mentre il secondo è un giocatore più elusivo, veloce e capace di giocare ottimamente le situazioni nel campo allargato. Facciamo un esempio eccellente? Nel 2009 i British & Irish Lions sfidarono il Sudafrica abbinando la potenza di Jamie Roberts alla classe e alla brillantezza di Brian O’Driscoll. Ci sono però tante possibili variazioni, come hanno dimostrato per prime Inghilterra e Australia alla mitica Rugby World Cup del 2003, dove entrambe schieravano a numero 12 un secondo playmaker deputato maggiormente all’organizzazione e alla distribuzione del pallone piuttosto che allo sfondamento. Sicuramente nello skill set di un centro ci sono caratteristiche assimilabili a quelle di una terza linea dal punto di vista dell’abbinamento fra mobilità e impatto fisico, grande capacità di placcaggio e un buon utilizzo delle abilità manuali.
Per dubbi e chiarimenti sulle regole potete leggere e scaricare (gratuitamente) l’edizione 2019 della nostra Giuda alle regole del rugby.
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