Abbiamo intervistato la versatile prima linea del Colorno, arrivata in Nazionale dopo aver iniziato a giocare a rugby pochi anni fa
Nell’Italia femminile che sta regalando diverse soddisfazioni in questo Sei Nazioni 2019, ed in generale negli ultimi anni, la giovane e versatile Silvia Turani si sta ritagliando gara dopo gara uno spazio sempre più importante nelle gerarchie di Andrea Di Giandomenico. L’ascesa della 23enne è molto recente, con l’amore per il rugby sbocciato circa tre anni fa mentre si trovava in Erasmus a Cordoba, e corroborato con impegno, passione e talento nei proficui anni di militanza a Colorno (questo in corso è il terzo), che le hanno permesso di archiviare uno scudetto nel 2018 da protagonista, e raggiungere stabilmente la maglia della nazionale azzurra. L’abbiamo contattata per parlare di questo Sei Nazioni ed in generale del suo vissuto con la selezione italiana.
Silvia, dall’esterno l’Italrugby femminile sembra un grande gruppo, dentro ma anche e soprattutto fuori dal campo. Come ti sei trovata in questo contesto?
Partiamo dal presupposto che la mia esperienza in azzurro inizia a fine 2017, proprio quando tante veterane avevano appena lasciato. Quindi sono arrivata come una ragazza nuova, ma all’interno di un contesto fatto da “nuove” (la gara di Biella contro la Francia, nel novembre 2017, vide l’esordio di quasi una decina di ragazze, ndr), nel quale anche le veterane hanno subito messo grande impegno nel costruire un ottimo affiatamento. Arrivando da Colorno, dove giocano diversi elementi azzurri, poi, probabilmente sono stata anche agevolata nel trovarmi subito a mio agio, però devo dire che l’inserimento è stato molto facile perché c’è un clima veramente bello. Ad ogni raduno si conosce qualche ragazza nuova. Ci si diverte moltissimo, e c’è un aspetto che mi ha stupita molto in senso positivo. In Nazionale, anche prima di partite importante, si nota come ci sia veramente tanta tanta serenità. In più i “ruoli” sono definiti (sorride, ndr): c’è chi fa la super simpatica, chi è più seriosa e chi si pone nel mezzo.
Come cambia la preparazione tra una partita (ed una mischia) internazionale ed una di campionato?
Cambia sicuramente cambia il contesto. In campionato ci si trova un paio di ore prima del match, mentre in Nazionale si sta tutte assieme per qualche giorno in vista della partita, ed è un qualcosa che aiuta nell’affrontare l’impegno.
La mia preparazione personale dal punto di vista emotivo al match, invece, nonostante ci sia ovviamente più clamore mediatico e più interesse generale attorno alle partite dell’Italia, non si modifica. Anzi, forse, a Colorno, giocando spesso titolare ed essendo maggiormente un punto chiave della squadra, percepisco una maggiore responsabilità e conseguente tensione.
Quando si tratta di mischia, il mio approccio mentale è sempre lo stesso, che si stia giocando contro l’Irlanda o contro squadre italiane. Dal punto di visita fisico e tecnico, però, sono effettivamente mischie più complesse, perché hai di fronte sempre atlete toste. Paradossalmente, però, più che lavorare sulle avversarie, è fondamentale sviluppare al meglio la chimica tra di noi. parlo sia di accorgimenti tecnici e strategici, che relazionali. Conoscendoci sappiamo bene come aiutarci e venirci incontro nel modo migliore possibile sotto entrambi gli aspetti.
Cosa vi portate a casa da queste prime esaltanti partite del Sei Nazioni 2019?
Al netto dei risultati, che sono un qualcosa di tangibile per tutti, senza dubbio, come ci dice spesso Andrea (Di Giandomenico), ci portiamo a casa la consapevolezza di saper giocare a rugby e che lo si possa fare ad alto livello. A volte è più semplice di quanto non ci sembri, e al di là di tutte le paranoie che possono generarsi. Giocare in quel rettangolo verde è semplice, non facile, ma semplice, perché è quello che facciamo ogni domenica tutte e 23, e siamo in grado di farlo bene.
Come vi approccerete alla sfida contro l’Inghilterra?
Oggettivamente vincere sarà difficile. Inutile girarci intorno, però allo stesso tempo non è nemmeno giusto scendere in campo dicendo già a noi stesse che perderemo. Penso che prepareremo una partita nella quale “giocare sicuro”, senza forzature o cose particolari. Poi si tratterà di affrontare nel modo migliore situazione per situazione, mischia per mischia, touche per touche, giocata per giocata.
Matteo Viscardi
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