Sei Nazioni 2019: il borsino azzurro dopo Inghilterra-Italia

Luca Morisi continua a crescere, Federico Ruzza è una certezza. Parisse non brilla, e nel frattempo è tornato anche Polledri

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ph. Sebastiano Pessina

Per l’Italia non c’è mai scampo quando una squadra come l’Inghilterra adotta una strategia così brutale e minimalista, riuscendo nel suo intento di massimizzare il più possibile i vantaggi fisici e tecnici individuali nei confronti degli azzurri. E quando per gli azzurri non c’è mai scampo, soprattutto contro una corazzata del genere, significa che molto probabilmente non riusciranno più a tenere sotto controllo il tabellino.

57 punti sono stati una tassa onerosa, che uniti alla serie di infortuni occorsi sul terreno di gioco hanno reso la disfatta ancor più pesante. L’unico modo che gli azzurri avevano per costruire una risposta agli inglesi era con la propria fase offensiva, vista la grande mole di possesso e territorio avuta dagli uomini di O’Shea (69% alla fine per entrambe le statistiche): sono arrivate due mete, alcune buone azioni e giocate interessanti, ma vuoi per limiti oggettivi dell’Italia, vuoi per la formazione forzatamente sperimentale del secondo tempo (a un certo punto c’erano tre piloni in campo, nessun centro di ruolo e Palazzani ala), gli azzurri non sono riusciti a mettere più punti sul proprio score dopo la meta di Morisi. E, anzi, sono stati ulteriormente puniti per le loro disattenzioni nel finale.

– Leggi anche: le dichiarazioni di O’Shea, Parisse e Morisi dopo Inghilterra-Italia

È stato dunque uno stress test troppo forte per la squadra di Conor O’Shea, che a sua volta ha “sbagliato forse un po’ l’approccio, o comunque siamo stati un po’ carenti a livello fisico a inizio partita” (più in difesa che in attacco, verrebbe da aggiungere), per usare le parole proprio di Luca Morisi. Vediamo nel nostro borsino chi, dall’esterno, è sembrato reagire meglio alla sfida più dura di questo Sei Nazioni, e chi invece ha subito di più l’onda bianca di Twickenham.

  • Chi sale

Luca Morisi

In due partite giocate a Twickenham, il centro del Benetton ha segnato tre mete e soprattutto sfoderato due prestazioni di grande classe e consistenza. Quello del milanese è un Sei Nazioni in crescendo: anonimo in Scozia, meglio contro il Galles, bene contro l’Irlanda, di gran lunga positivo a Londra, in particolare per come ha lavorato in fase offensiva quando è stato chiamato a fare strada nel corpo a corpo. 9 corse, 19 metri guadagnati, un break e ben 6 difensori battuti sono numeri importanti, visto che parliamo di un giocatore utilizzato prevalentemente nel traffico e poche volte per correre nei canali esterni. In difesa non sbaglia nemmeno un placcaggio degli otto tentati.

Federico Ruzza

Le prime due partite da titolare con la maglia della nazionale del padovano sono state contro Irlanda e Inghilterra, giocando inoltre sempre 80 minuti con ottime prestazioni. Nella sfida più brutale del Sei Nazioni, Ruzza è riuscito comunque a mettere in campo le sue caratteristiche di giocatore dinamico, elusivo e abile nel resistere agli impatti avversari per fare sempre quei metri in più fondamentali. Ha battuto 4 difensori e creato un break, correndo per 67 metri per 13 cariche. Sembra essere definitivamente il proprietario di una delle maglie da titolare in seconda linea.

  • Stabile

Tito Tebaldi

Ha condotto bene le danze in attacco come contro l’Irlanda, dimostrando di saper dare quel ritmo che alla fase offensiva italiana era mancato contro Scozia e Galles. Si sta rivelando un direttore d’orchestra efficace, che riesce a dare armonia con buona continuità, forse più di quanto ci si potesse aspettare prima del suo ritorno in campo.

Sebastian Negri

Il suo work rate è sempre ai massimi: corre (15 cariche, secondo per l’Italia), placca (11), pulisce ruck in continuazione e dà sempre prova della sua consistenza in campo aperto. Palla in mano non è così vistoso, ma quando impatta sulla difesa si ha sempre l’impressione che abbia lasciato un segno, anche minimo. Lavoratore infaticabile come pochi in questa squadra, le cui qualità in attacco forse non vengono sfruttate a dovere.

Jake Polledri

Anche se per soli trenta minuti, è stato esattamente il Jake Polledri che ci aveva lasciato a Roma lo scorso 24 novembre come uno dei pochi a creare qualche grattacapo agli All Blacks. Poderoso a contatto, abrasivo e sempre difficile da fermare: un bel modo per annunciare il suo ritorno, in vista magari di una maglia da titolare contro la Francia all’ultima giornata. Proprio come un anno fa, contro la Scozia.

  • Chi scende

Angelo Esposito

I due placcaggi mancati in occasione delle mete di May e Tuilagi sono sotto gli occhi di tutti, e parlano da soli. Dopo tre partite senza infamia e senza lode, l’ala del Benetton è incappato in due errori gravi che hanno spianato la strada all’Inghilterra nel primo tempo, permettendole di dilagare troppo rapidamente. In entrambe le occasioni né Daly né Tuilagi hanno rappresentato clienti facili, ma allo stesso tempo l’impressione è che l’ala azzurra avrebbe potuto fare molto di più nella fattispecie.

Sergio Parisse

L’ultima partita della sua immensa carriera a Twickenham non è stata certamente la sua migliore nel tempio londinese. Il capitano azzurro si è congedato da Londra con una prestazione sottotono, in ribasso rispetto a quanto fatto vedere a inizio torneo in Scozia (e abbastanza in linea con la sfida contro il Galles). Davanti a lui ora c’è l’ultima partita della carriera all’Olimpico e del Sei Nazioni: con il rientro di Polledri e la presenza di Negri e Steyn, è così assurdo pensare che possa iniziarla dalla panchina? Non distorcerebbe in nessun caso la figura di una vera e propria leggenda.

Dean Budd

Per il seconda linea neozelandese è stata un’altra partita piuttosto anonima, che non lo ha visto brillare particolarmente in nessuna area di gioco. La sua presenza è senz’altro importante per le sorti della rimessa laterale, ma il contributo che ha dato nel gioco aperto non è sembrato essere particolarmente significativo, nonostante i 10 placcaggi effettuati su 10 tentati. Servirebbe qualcosa in più.

Simone Ferrari

A parte qualche sprazzo di luce, il pilone milanese sta confermando le difficoltà incontrate nel Sei Nazioni dello scorso anno nell’adattarsi al livello di gioco più alto. Per essere il più competitiva possibile, l’Italia ha bisogno anche dell’apporto dei suoi giocatori di prima linea in ogni zona del campo: Ferrari può ancora innalzare il suo standard di gioco, anche perché – e forse tendiamo a sottovalutare quest’aspetto – ha “solo” 24 anni. Ci sono margini di miglioramento.

Daniele Pansardi

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