Nations Championship: anche i club di Premiership e Top14 dicono la loro

Con un comunicato congiunto le due Leghe chiedono di essere coinvolte nella decisione finale sulla nascita del torneo

ph. Reuters

Giovedì a Dublino, il rugby mondiale potrebbe cambiare per sempre il suo aspetto. L’incontro fra World Rugby, il Sindacato Giocatori e i rappresentanti di tutte le nazionali di Tier 1, a cui aggiungere Giappone e Fiji, è ormai imminente ma prima che tutto questo accada ci sono due entità che hanno voluto esprimere il loro parere in merito alla nascita della Nations Championship: la LNR (French Rugby League) e la PRL (Premiership Rugby).

Il comunicato
Le due Leghe, tramite un comunicato, ha esplicitato la loro posizione: “L’accordo di San Francisco raggiunto a gennaio 2017 da tutte le parti interessate, tra cui LNR e PRL, rappresentava una struttura proporzionata per tutte le parti, con un calendario internazionale da adottare sino al 2032.
Le leghe professionistiche invece sembrano essere state escluse dalla discussione su questo nuovo format, anche se il progetto di World Rugby rappresenterebbe un cambiamento importante – rispetto a quanto detto a San Francisco – per tutti le parti coinvolte nel rugby professionistico andando a influenzare anche altre competizioni già esistenti.
LNR e PRL si rammaricano del fatto che World Rugby non coinvolga pienamente tutte le parti interessate nella ricerca di un consenso riservandosi la possibilità di intraprendere qualsiasi azione per vedere riconosciuti i loro diritti”.

Rischio di azioni legali
A quanto si legge quindi le Leghe non sembrano aver preso proprio bene questo improvviso cambiamento e velatamente, ma non troppo, hanno fatto capire di essere pronte a ricorrere anche ad azioni legali qualora ce ne fosse bisogno.

Il punto focale
Il nodo centrale della questione comunque sembra essere quello delle semifinali e delle finali della futura Nations Championship: giocatori e club non vogliono impegnarsi nell’eventualità di giocare cinque settimane consecutive a livello internazionale. I protagonisti sul campo ritengono che una prolungata attività a quegli standard disturberebbe le politiche di welfare relative al riposo e alla salute, mentre le società rimarrebbero – in alcuni casi – senza i loro migliori elementi per un intervallo di tempo prolungato che ricadrebbe sui match in programma nei campionati domestici ma di riflesso anche sulle sfide della prima fase delle coppe europee.

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