Marco Antonio Gennari, il piede d’oro del Valorugby

Dopo la vittoria in Coppa Italia, abbiamo parlato con il cecchino dei reggiani e (anche) del suo grande rendimento dalla piazzola

ph. Valorugby Emilia

Marco Antonio Gennari, ala classe ’92 del Valorugby Emilia, è stato il grande protagonista del successo dei diavoli rossi nella finale di Coppa Italia, andata in scena ieri a Parma, con 17 punti e la consueta efficacia dalla piazzola. Abbiamo parlato con lui della gara del Lanfranchi, addentrandoci, poi, in altre questioni legate all’annata del club emiliano e la crescita dell’atleta ex Viadana.

“Ieri a Parma siamo partiti veramente forte, giocando bene e prendendoci un buon vantaggio, anche se a un certo punto, anche a causa di qualche difficoltà in mischia ed in touche abbiamo avuto un calo, ma ad inizio secondo tempo ci siamo ripresi e siamo riusciti a gestirla piuttosto bene fino al successo finale”, esordisce il talentuoso trequarti emiliano, spiegandoci come la finale di Coppa sia stata uno specchio della notevolissima stagione dei diavoli.

“A volte, magari, siamo stati anche un pizzico fortunati, però, analizzando tutta la stagione, anche grazie agli acquisti di peso che sono arrivati sia tra gli avanti che tra i trequarti, si nota come la nostra squadra sia quasi sempre riuscita a superare i momenti difficili, sia nel corso di una singola gara, restando nel match, che durante il campionato”, prosegue tratteggiando nei dettagli la forza che ha permesso al Valorugby di spiccare il volo, effettuando un salto di qualità sostanziale rispetto all’anno scorso, con l’obiettivo playoff ormai ad un passo. Ma l’ambizione della compagine guidata dal presidente Enrico Grassi è tale per cui questa Coppa sia solo un lussuoso punto di partenza.

“Come ha detto Roberto (l’allenatore Manghi, ndr), questo è solo un primo passaggio nella nostra stagione. Ora Dobbiamo raggiungere il traguardo dei playoff, e poi il grande obiettivo è cercare di vincerli”, spiega senza giri di parole, chiarendo gli aspetti su cui la squadra deve assolutamente migliorare.

“Dobbiamo cercare di entrare in campo sempre con la stessa mentalità sia contro una super big che contro una piccola, rispettando al meglio il piano di gioco che ci hanno dato gli allenatori. La nostra missione è quella di riuscire il più possibile a giocare di squadra. Ce lo dice sempre coach Manghi, perché non appena pensiamo di risolvere le contese come individualità andiamo in difficoltà. Ci deve essere sempre collaborazione l’un con l’altro, e tra reparti, con trequarti ed avanti che devono lavorare come un compartimento stagno”, chiarisce con grande consapevolezza di quanto fatto e quanto ancora si debba costruire.

Una crescita, quella della squadra emiliana, andata di pari passo a quella del ragazzo nocetano, che pur dividendo le proprie giornate tra il lavoro in azienda ed il campo da rugby, si è consacrato verosimilmente come il miglior calciatore del massimo torneo tricolore, settimana dopo settimana. “Mi aspettavo una buona stagione, probabilmente, però, non fino a questo punto. Personalmente sono soddisfatto, perché poter essere sempre protagonista (16 gare su 19 da titolare, ndr) è molto bello. Ora sto lavorando per arrivare (e poi giocare) al 100 % delle mie possibilità i playoff”.

“Non ci sono segreti, ma devo ringraziare la società. A volte, lavorando a Noceto, non riesco ad essere ad allenamento. Tuttavia, posso allenarmi in autonomia a Parma, seguito dal preparatore Silvano Garbin. Per fortuna Roberto, Willie e Carlo, i nostri allenatori, sono estremamente aperti e mi danno la possibilità di supplire alle mie assenze in modo diverso, e questo mi consente di essere comunque”, chiarisce Gennari, fiero del suo percorso professionale.

Prima di chiudere la nostra chiacchierata c’è spazio anche per un’analisi della ‘situazione calciatori’ in Italia. “Per quanto mi riguarda, il calcio piazzato è prima di tutto un qualcosa di naturale. Se non hai quel talento, è difficile salire di colpi. Lo puoi fare allenandoti, ovviamente, ma senza esagerare. Io, ad esempio, ho la fortuna di avere questa dote innata. Poi, chiaramente mi alleno, ma sempre misurando il tempo e le energie, evitando di finire in over training. Forse da noi, soprattutto a livello giovanile, si eccede con i training focalizzati solamente su quell’aspetto del gioco. Ricordo anche sessioni in Under 20 di 3 ore solo sui piazzati, e per quello che è il mio rapporto con i penalty, probabilmente è troppo. Però, va detto che questo è un aspetto molto soggettivo: la sua interpretazione, più o meno corretta, è diversa atleta per atleta”.

Matteo Viscardi

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