Top 12: i percorsi di Petrarca e Rovigo nelle parole di Marcato e Casellato

Abbiamo parlato con i due tecnici delle rispettive squadre e di come arrivano al doppio derby per le semifinali

ph. Mattia Radoni

MILANO – È una semifinale, ma è anche il derby d’Italia. Le sfide tra Petrarca e Rovigo già di per sé non sono mai partite come le altre, figurarsi ora che è caricata ulteriormente di significato dall’importanza dei playoff. A margine della conferenza stampa di presentazione della fase finale del Top 12, abbiamo parlato con gli allenatori delle due squadre – Andrea Marcato e Umberto Casellato – di cosa bisogna aspettarsi dalla doppia sfida delle prossime settimane, e di come campioni d’Italia e Bersaglieri si presenteranno in campo.

La visione di Umberto Casellato

Di Rovigo si può dire che è forse la squadra più divertente del torneo: più di cento mete segnate, tante azioni spettacolari e partite sempre effervescenti da novembre in poi. Un percorso iniziato a rilento, decollato un po’ all’improvviso e solo in parte frenato dalle due sconfitte (in campionato e in coppa) contro il Calvisano, che per il coach veneto non hanno comunque tolto certezze alla squadra.

“Stiamo andando avanti con le nostre idee. Abbiamo scelto una rosa molto giovane all’inizio, con un’età media di 23,1 anni, e molto probabilmente sarà ancora più bassa. Ci sono tanti giocatori giovani fuori dalle Accademie che sono interessanti, come Angelini che ha un potenziale”.

“Del nostro rugby, come ho detto prima in conferenza, dico che è molto semplice – ha detto Casellato – È difficile da difendere, giochiamo tutto quello che abbiamo davanti. Dicevano tempo fa che ero un allenatore con un rugby molto strutturato, ma per come giocano le mie squadre dimostrano il contrario. I ragazzi vedono la situazione e devono giocarla, poi gli errori arrivano perché la mole di gioco è importante e ci stanno”.

Anche se Casellato ha cercato di ‘promuovere’ in un certo senso la semplicità del suo gioco, lo stesso coach ha riconosciuto che all’inizio per i giocatori è tutt’altro che facile adattarsi. “È vero, perché quando sono bambini viene detto loro di fare altre cose. Molte volte, per esempio, non serve fare quella che ora viene chiamata exit strategy dai tuoi 22. Spesso però hai lo spazio al largo, perché i trequarti ripiegano per andare a prendere il calcio. Se sei in 4 contro 2 non è un rischio per te giocare, ma un rischio per gli altri. È sempre difficile cambiare una mentalità a ragazzi che sono abituati in una certa maniera, ma ora le situazioni vengono codificate da tutti allo stesso modo”.

Il discorso è poi proseguito sul piano strategico e tattico, quando al tecnico facciamo notare il ruolo sempre più importante di due giocatori come Lubian e Vian nel contesto rodigino. “Noi giochiamo con l’1-3-3-1 (qui per saperne di più, ndr) per cui sono quelli designati a stare larghi. Usando tutta l’ampiezza del campo loro si notano in maniera particolare”.

“Anche i trequarti hanno avuto un miglioramento comunque: Cioffi non aveva segnato tante mete di 70-80 metri lo scorso anno, Odiete è passato da quattro a ventidue mete. Quindi qualcosa di diverso c’è”. È a questo punto che è intervenuto nella discussione Alberto Chiesa, capitano del Calvisano, che scherzosamente ha ricordato al coach che una meta di 70 metri vale comunque 5 punti, in una simpatica contrapposizione tra il pragmatismo dell’estremo livornese e la maggiore ricerca di una compiutezza estetica di Casellato.

“Sono d’accordo – ha risposto ridendo il coach – ma preferisco vedere una meta lunga 70 metri. Segnare da una maul è diverso rispetto a una meta in coast to coast con quattro offload e quindici passaggi”.

La partita contro il Petrarca sarà molto interessante anche sotto questo punto di vista, perché si affrontano il miglior attacco e la miglior difesa. “La vera sfida sarà fare mete al Petrarca. È stata l’unica squadra che ci ha lasciato a zero, anche se a inizio stagione quando eravamo degli scappati di casa (ride, ndr). Sono molto quadrati”.

Il percorso di Andrea Marcato

La preoccupazione maggiore per Andrea Marcato è l’infermeria, ma del resto non potrebbe essere altrimenti. Il Petrarca è stato colpito regolarmente da diversi infortuni che ne hanno spesso decimato l’organico: più che un alibi, è un dato di fatto. E il 36enne coach dei campioni d’Italia non ha nascosto una certa frustrazione per l’argomento: “Quest’anno è andata un po’ così”.

“Alcuni sicuramente sono fuori (in precedenza Marcato aveva fatto i nomi di Nostran, Rossetto e Lamaro come assenti certi, ndr), poi l’infermeria è abbastanza piena (anche Riera e Leaupepe in dubbio, ndr). Speriamo di recuperarne il più possibile”.

Quella del Petrarca è stata una stagione non sempre facile da decifrare: i padovani sono rimasti imbattuti nelle prime otto gare ma non hanno mai convinto fino in fondo, perdendo poi due partite consecutive. “Sicuramente siam partiti bene, mentre le altre un po’ a rilento. Dopo quella sconfitta contro il Valorugby sono cominciati i tanti infortuni, perché a ogni partita ne perdevamo tre. Ci sono state sei operazioni chirurgiche durante la stagione”.

“Poi ci abbiamo messo anche del nostro con due lunghe squalifiche – ha continuato Marcato – anche se ora stiamo facendo meglio. Come dicevo prima, non ci presentiamo alle semifinali come favoriti, ma quando si riazzera tutto si può sempre ripartire”.

Da campione d’Italia, il Petrarca doveva far fronte alle tante aspettative che c’erano attorno ai tuttineri. “Riconfermarsi non è facile. Lo scorso anno era un po’ tutto nuovo e c’era tanta fame. Secondo me, la cosa su cui dovevamo migliorare era il lavoro su noi stessi, senza pensare a giocare sugli altri. Siamo noi a dover alzare l’asticella e a voler sfidare i nostri stessi risultati”.

Marcato ha tirato in ballo la classifica del Petrarca per spiegare il suo pensiero. “Se guardiamo, abbiamo lo stesso numero di vittorie di Calvisano e Rovigo ma otto punti in meno in classifica. Questo significa che troppo spesso ci siamo adattati all’avversario. Magari abbiamo chiuso le partite nel primo tempo, ma poi non siamo stati capaci di fare una meta in più per il bonus, cosa che le altre hanno fatto”.

Anche per lo stesso head coach, alla fine, tutto questo è una situazione nuova, visto che alla stagione di debutto come tecnico ha portato la sua squadra fino alla conquista dello Scudetto. “Sembrava un sogno vincere il campionato al primo anno. In questa stagione la pressione è stata maggiore, ma i playoff dovevamo centrarli. Io poi voglio imparare e cerco di sfruttare tutte le opportunità ogni giorno”.

Come detto in precedenza, il Petrarca può vantare di gran lunga sulla miglior difesa del campionato per punti subiti (266 – 12,09 a partita), ma è allo stesso tempo la squadra tra le semifinaliste che ha fatto più fatica a segnare, fermandosi a 482 punti fatti (Valorugby 592, Calvisano 671, Rovigo 725). “Siamo contenti della difesa e del fatto che sia ancora la migliore. In attacco abbiamo fatto più fatica. Rispetto allo scorso anno non abbiamo più Simone Rossi, che è stata una perdita enorme per noi ed è stato difficile da sostituire. Con gli infortuni che abbiamo avuto, inoltre, abbiamo perso i nostri migliori ball carrier e senza avanzamento poi diventa difficile”.

Quello che spesso si nota del Petrarca, in ogni caso, è la capacità dei trequarti di fare male alle difese avversarie anche quando non c’è un avanzamento chiaro ed evidente con il pack nella battaglia a terra. “Abbiamo dei trequarti che possono fare la differenza, come Riera, Ragusi e Fadalti che hanno l’x-factor. Qualcosa poi ti devi inventare sempre, soprattutto quando non puoi avere a disposizione i tre ball carrier principali – Michieletto, Grigolon e Borean – per 7-8 mesi, per squalifica o infortuni. Devi adattare il gioco a quello che hai”.

In coda a ogni intervista, agli allenatori sono stati chiesti i nomi di tre giocatori dell’attuale Top 12 che potrebbero avere un impatto immediato sul Pro14, se dovessero passare alle franchigie. Ecco le risposte di Casellato e Marcato.

Umberto Casellato Danilo Fischetti. Poi sicuramente Massimo Cioffi, che fa la differenza nel campionato italiano e vorrei vederlo a un livello più alto. È un’ala che nello spazio al largo ha le caratteristiche di Minozzi: un po’ meno velocità, ma è quel tipo di giocatore. Secondo me poi ci sono due giocatori come Matteo Ferro e Mirko Amenta che purtroppo non sono mai stati considerati per quel livello.

Andrea Marcato – Chi può adattarsi subito è Mirko Amenta, perché da due anni sta giocando in modo strabiliante. Mi pare che sia un ’92, ma non è tardi e fisicamente è a quel livello. Quest’anno mi son piaciuti tantissimo Michelangelo Biondelli Giovanni D’Onofrio, due trequarti che hanno grandi capacità. Forse non sono prontissimi, ma io li porterei su. E anche la velocità di Massimo Cioffi non è da poco.

Daniele Pansardi

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