L’efficacia offensiva dei Leoni contro la sterilità ducale. E poi il focus sul duello tra i tallonatori e sui migliori in campo
Non è Grenoble ma Parma, eppure l’aria della giornata storica c’è. Zebre e Benetton si affrontano nell’ultima di campionato in un derby pieno di significati: da una parte gli ospiti che con un punto di bonus scriverebbero l’ennesima pagina di prestigio per l’ovale nazionale, dall’altra i padroni di casa, che hanno l’ultima occasione per il risultato della bandiera in una stagione al di sotto delle aspettative.
Le due squadre non hanno rinnegato neanche nello scontro frontale i loro principi di gioco, cui sono stati fedeli tra alti e bassi durante le ultime stagioni. Le Zebre, infatti, hanno impostato fin da subito un gioco arioso fatto più di passaggi che di attacchi (135 contro 91, rapporto di 1,5 passaggi per ogni attacco) e una difesa garibaldina ma non sempre efficace (31 tentativi di controruck contro le 19 di Treviso, ma anche 23 placcaggi sbagliati contro gli 8 del Benetton).
Treviso, d’altra parte, ha utilizzato il classico gioco conservativo, fatti di grande abilità nel mantenimento del possesso e della gestione degli impatti, arrivando sul finale avanti per efficacia globale di attacchi (51% di TAAR, Total advancing-attacks rate, l’indice con cui misuriamo la percentuale di attacchi efficaci sul totale dell’intera gara).
La crescita del Benetton
Anche se con i favori del pronostico, il Benetton Treviso inizialmente ha faticato non poco a trovare le contromisure alle Zebre. Nonostante i possessi siano stati infatti uguali, nella prima frazione (19 a testa) la squadra trevigiana non è riuscita ad azionare l’ormai classico multifase (media di 2,2 fasi per possesso) finendo per trovarsi nella situazione che è loro meno congeniale, ossia la difesa di un gioco profondo e veloce.
Le Zebre dal canto loro non hanno approfittato del momento di confusione biancoverde e, pur avendo per larghi tratti il pallino del gioco (quasi metà fase in più di media per ogni possesso, 2,6), non riescono a mantenersi avanti nel punteggio finale, anche non considerando la meta trevigiana allo scadere di frazione. Per uscire dalle sabbie mobili del primo tempo, Treviso si è affidato soprattutto a capitan Allan.
È lui, infatti, che ha gestito quasi completamente il gioco al piede (8 calci, il doppio di qualunque altro compagno) sia quando serviva liberare, sia quando si trattava di usare il cesello per mettere Morisi in mezzo ai pali, dimostrando una rinnovata convinzione dopo il capitanato.
In fase di distribuzione dell’ovale, invece, Treviso ha mostrato una struttura più complessa di quanto si faccia spesso menzione: è una squadra che favorisce palesemente il gioco stretto e che prepara ogni attacco con pochissimi passaggi (rapporto 1,02), ma in questo contesto, nonostante il primo passatore sia di nuovo Allan (13), dietro di lui ci sono Hayward (4) e, più sorprendentemente, Ruzza (4). Mentre il primo ha un ruolo di playmaker-ombra anche in nazionale, il secondo, dopo un inizio di stagione da super-sub, si è consacrato definitivamente come incastro prezioso del puzzle tattico di Kieran Crowley.
Cosa si salva delle Zebre
Le Zebre, invece, nella enorme quanto improduttiva mole di gioco macinata nel primo tempo, sono state sostenute dal lavoro oscuro di Leonard Krumov: il seconda linea lombardo ha chiuso i suoi 72 minuti in campo con 25 ruck e 6 placcaggi. Il suo EMP (Events per minute, la somma di tutti gli ‘eventi’ di cui è protagonista un giocatore in campo aperto diviso i minuti giocati) di 0,46 è portato in basso dalla vena esclusivamente difensiva della sua performance. I 23 ingressi nelle ruck offensive, però, ci ricordano come Krumov sia stato protagonista in un raggruppamento su quattro dei totali registrati dalle Zebre, un apporto che merita di essere
Grande curiosità ovviamente era riservata al giovanissimo Filippo Alongi, pilone destro classe 2000 che partiva dal primo minuto, facendo in settimana un salto di due categorie. Non è sembrato faticare troppo, magari grazie anche ai ritmi relativamente bassi del primo tempo, e ha finito la partita con 8 ingressi in ruck e 5 placcaggi (tutti portati a segno) che gli valgono un EPM di 0,46. Niente di trascendentale, ma considerando che si trattava di un esordio sono sembrate profetiche le parole di Denis Dallan, che in tempi non sospetti lo aveva incoronato il pilone del futuro per la nazionale.
Il big match in prima linea invece riguardava Fabiani e Bigi, due giocatori che dal prossimo anno lotteranno per la maglia da titolare a Parma, e che potrebbero fare lo stesso a fine estate in Giappone se Ghiraldini non dovesse recuperare dall’infortunio. Il giocatore dei Leoni ha continuato con la sua brillante stagione mettendo insieme 3 ingressi avanzanti, 20 ingressi in ruck totali e 6 placcaggi (tutti portati a termine), per un EPM di 0,51.
Non è finito particolarmente distante Fabiani, con 2 ingressi non avanzanti, 17 ingressi in ruck e 4 placcaggi di cui uno mancato (EPM di 0,45). A far pendere l’ago della bilancia verso Bigi è stata la migliore giornata al lancio in touche, dove ha chiuso con un 100% a differenza dell’avversario diretto, e in generale delle Zebre, che hanno finito con il 72%. Una differenza marcata ma non così assoluta da spostare definitivamente gli equilibri anche in maglia azzurra, per due giocatori che si sono dimostrati estremamente preziosi per le loro squadre.
Il secondo tempo si è aperto con un ritmo completamente differente rispetto al primo: è aumentato il numero di fasi (4,4 fasi in media per ogni possesso per Treviso e 7,1 per le Zebre), per un gioco più prolungato e con meno cambio di possesso. In questa situazione sono salite in cattedra le riserve delle due squadre, chiamate a un work rate più elevato dei compagni che hanno giocato la prima frazione.
Si è parlato spesso del differente apporto della panchina Benetton come possibile spiegazione della brillante stagione regolare appena conclusasi. Questo è sicuramente vero, considerando le prestazioni di Pasquali (1 carica, 13 ruck e 5 placcaggi, EPM 0,83), Appiah (1 carica, 12 ruck e 2 placcaggi, EMP 0,65) e Faiva (2 carica, 7 ruck forzando un turnover e 2 placcaggi, EMP 0,57) ma non ha reso giustizia all’apporto che la panchina delle Zebre ha dato al match: Zilocchi con 5 ingressi, 19 ruck e 4 placcaggi ha chiuso con un EMP di 0,82, vicinissimo a quello di Pasquali; Rimpelli e Brown hanno avuto entrambi un EMP di 0,76 e Luus di 0,69.
Nonostante queste similarità tra le riserve, il rapporto di punti per fase delle Zebre non è migliorato ma peggiorato, passando dai 0,12 punti nel primo tempo ai 0,07 nel secondo. In questo frangente, a Treviso è bastato mantenere l’inerzia della prima frazione (0,28 punti per fase nel primo tempo e 0,21 nel secondo) per trovarsi in un confortevole vantaggio fino a fine gara.
I migliori in campo
Il grande trascinatore nella seconda frazione di gioco per le Zebre è stato Mattia Bellini. L’ala ha infatti messo a referto una prestazione a tutto tondo con 1 meta, 10 cariche, 51 metri corsi, 1 difensore battuto, 15 ingressi in ruck, 2 placcaggi e 6 passaggi: alcuni direttamente dalla base sostituendo il mediano, altri da primo uomo in piedi, in un ruolo da playmaker alternativo. Numeri che danno la dimensione di quanto il suo infortunio abbia penalizzato le Zebre.
Tra i biancoverdi trevigiani, invece, come al solito c’è stata un’altra grande prestazione della terza linea, con Toa Halafihi su tutti. Il numero 8 neozelandese ha chiuso con 1 meta, 14 cariche, 40 metri corsi, 2 difensori battuti, 17 ingressi in ruck e 8 placcaggi, e un EMP 0,45, dimostrando come sia fondamentale per il Benetton ripartire il prossimo anno tanto da lui quanto da Ioane e Tavuyara.
In conclusione
Le Zebre hanno avuto la possibilità di rovinare il sogno ai cugini trevigiani, ma alla fine la maggiore efficacia offensiva del Benetton ha scavato il divario finale tra le due squadre. Dopo il miracolo della scorsa stagione, quest’anno quasi niente a Parma è andato come sarebbe dovuto. Urge salvare il salvabile, cercando di creare una rosa più ampia e dalla qualità più omogenea, per evitare di soffrire nuovamente in caso di infortuni ai giocatori più forti e rappresentativi.
Il Benetton, invece, poteva fare la storia e ci è riuscito. E in fondo è questo quello che importa. Adesso c’è di nuovo il Munster a Limerick, un’altra occasione di scrivere un nuovo capitolo di questa incredibile stagione senza eccessive pressioni, ma con la consapevolezza di essere una squadra con un roster di grande livello, in possesso di un’identità di gioco efficace e di uno staff di altissima qualità.
Con l’ultima nota, volevamo sottolineare come in questa giornata storica abbia messo la firma anche Luca Morisi, uno dei più limpidi talenti formati dal rugby italiano negli ultimi tempi e allo stesso tempo uno dei più sfortunati. Un conto aperto con la sorte che, finalmente, inizia a ripagare.
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