L’ala figiana è arrivata al Benetton tra qualche incognita, ma ha disputato una stagione di altissimo livello e di grande stile
È il 67esimo minuto di Benetton-Cardiff Blues, seconda giornata del Pro14. A Monigo si gioca una partita intensa, molto equilibrata e sul filo del rasoio, dal possibile esito davvero imperscrutabile. In una fase di gioco tattico al piede, durante il classico ping pong di calci il pallone arriva nelle mani di Ratuva Tavuyara, che si appresta a continuare sulla stessa sinfonia. O almeno quella sarebbe l’intenzione.
Fino a quel momento, l’ala figiana aveva disputato una partita senz’altro positiva, pur con qualche sbavatura difensiva, e aveva propiziato la seconda meta di Steyn con una delle sue impressionanti accelerazioni in contrattacco, in cui aveva saltato difensori come birilli con quel suo stile quasi canzonatorio, di chi non sembra davvero prendere una partita di rugby sul serio (almeno in apparenza).
Probabilmente con lo stesso spirito, Tavuyara ha raccolto quel pallone vagante dentro i suoi 22 e, senza un motivo ben preciso, ha deciso di calciare di destro a incrociare, invece di prepararsi per una più canonica liberazione verso destra. Il risultato, come si può vedere dal video, è tragicomico, anche perché poi i Blues passeranno in vantaggio proprio al termine di quell’azione.
La sua reazione, spontanea e genuina come il suo stile di gioco, merita di essere immortalata una volta di più.
Anche da questi episodi, goffi e un po’ naif, può tuttavia nascere e crescere un culto nei confronti di un giocatore. Vale anche – e soprattutto – per Ratuva Tavuyara, che con il passare delle settimane e dei mesi è diventato uno dei Leoni più apprezzati e amati dal pubblico trevigiano, oltre che una delle ali più devastanti del Pro14 insieme al dirimpettaio Monty Ioane.
L’impatto di Tuva
È impressionante pensare a come, nel giro di qualche mese, Tavuyara sia assurto a uomo decisivo per lo sviluppo offensivo del Benetton e ad attaccante tra i più pericolosi di un torneo come il Pro14. Il 28enne era arrivato a Treviso con un curriculum non indimenticabile, che vista l’età faceva presagire a una scommessa piuttosto rischiosa da parte del ds Pavanello: 15 presenze nelle edizioni 2016 e 2017 della Mitre 10 Cup a Waikato (con 7 mete il primo anno in 8 apparizioni), un’esperienza a Bordeaux in cui ha ‘assaggiato’ il professionismo europeo e poi l’arrivo al Benetton. In mezzo, anche il rugby di club neozelandese e qualche partita di rugby seven.
Still waiting on Sky to correctly mention Waikato’s Iliesa Ratuva Tavuyara as “Tavuyara” and not “Ratuva”. It’s only week 10 though…
— Joseph Pearson (@joepearsonffx) October 15, 2016
In ogni caso, su Twitter qualcuno faceva notare anche nel 2016
quale fosse il cognome giusto con cui identificarlo.
Senza presenze nel Super Rugby e senza aver particolarmente sfondato nel rugby ‘provinciale’ neozelandese, Tavuyara arriva in Italia e fa comunque capire subito di avere un potenziale fisico e tecnico inavvicinabile per tutte le altre ali italiane.
Dopo quello svarione con i Cardiff Blues, sarebbe stato facile pensare ad un’ala tanto fantasiosa e straordinaria palla in mano quanto poco ordinata e senza l’acume tattico necessario per sopravvivere al rugby europeo. Le previsioni però si rivelano sbagliate: quell’episodio di inizio settembre ci svela la natura intrinseca e l’indole del giocatore a 360 gradi, ma da quel momento Tavuyara sarà capace di dare sfogo solo alla parte ‘buona’ del suo rugby, o perlomeno quella che serviva al Benetton.
“Avevamo necessità di introdurre in rosa un giocatore capace di rompere le linee e creare pericoli nelle difese avversarie”. Antonio Pavanello lo aveva introdotto così al momento dell’annuncio ufficiale, confermando di vederci parecchio lungo nel reclutamento dei giocatori delle ultime due stagioni. In una stagione in cui Ioane è rimasto spesso imbottigliato dalle difese avversarie, Tavuyara è stato il perfetto sfogo per il gioco del Benetton sul lato opposto del campo e ha mantenuto elevato il tasso di pericolosità dell’attacco biancoverde.
I suoi numeri, al termine della stagione regolare del Pro14 (17 partite giocate), parlano chiaro: 48 difensori battuti (8° in classifica), 27 offload (3°), 22 clean break (5°) e 899 metri corsi palla in mano (8°), a cui vanno aggiunte le 5 mete segnate, quasi tutte molto pesanti nel contesto in cui sono arrivate. In Challenge Cup, in quattro partite, ha messo insieme 5 mete, 8 clean break, 12 difensori battuti e 6 offload, spaventando a morte le difese di Agen e Grenoble.
Il suo DNA figiano, poi, è evidente ogni qualvolta entra in possesso di palla. La sua stazza gli permette di resistere spesso e volentieri al primo placcaggio, perlomeno quanto basta per tenere libera la mano destra: a Tavuyara del resto basta quella per mettere sull’attenti un paio di difensori, attirarli a sé e servire il primo uomo in sostegno
? Sembra quasi tutto fin troppo facile per il nostro Ratuva Tavuyara! ?
Cosa ne pensate? ? pic.twitter.com/PG4EtEMOHw
— Benetton Rugby ? (@BenettonRugby) January 15, 2019
Fijian power.
La sua esplosione è stata probabilmente più fragorosa di quanto ci si potesse immaginare. Che potesse essere un giocatore divertente e spettacolare nel suo modo di giocare lo si era intuito fin dal principio, come detto, ma la sua continuità nel corso della stagione non era un elemento così scontato. Anzi. Rispetto a Ioane è un giocatore sicuramente meno completo e meno influente per la sua squadra, se si considera anche l’aspetto difensivo in cui l’australiano eccelle, ma Tavuyara ha saputo far fruttare al meglio le sue qualità in una squadra che in effetti aveva bisogno di più soluzioni soprattutto a livello offensivo. Quando il pallone passa dalle sue mani, si può star certi che succeda qualcosa.
– Guarda anche: la straordinaria meta di Ratuva Tavuyara contro il Leinster
Da buon figiano, del resto, è anche molto piacevole da guardare, per alcuni dei motivi già citati (portare a spasso le difese tenendo il pallone con una sola mano, per esempio). Il modo in cui riesce a muoversi, divincolarsi e sterzare in campo è decisamente contro intuitivo rispetto al suo fisico, e in Italia è di fatto un esempio più unico che raro di giocatore con queste caratteristiche (quanti ne sono passati di trequarti con quella stazza, quelle abilità e in quel ruolo?). Si diverte, sa intrattenere ed è utile per la squadra: con il suo ingaggio insomma il Benetton ha pescato un jolly di inestimabile valore, di cui può sfruttare gli anni forse migliori della sua carriera, sempre con un sorriso sulle labbra.
Daniele Pansardi
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