La lavagna tattica del quarto di finale ci fa rivivere con numeri e statistiche la battaglia del Thomond Park
Cos’è più sorprendente? Un’italiana a giocarsi il titolo di Pro14 o una sconfitta a Thomond Park che lasci l’amaro in bocca?
In una produzione televisiva di inizio secolo de I Miserabili, Gerard Depardieu, che interpretava Jean Valjean, raccomanda a Cosette di “non curarsi degli agi, perché ci si abitua fin troppo facilmente”. Allo stesso modo noi italiani appassionati di rugby, ci siamo abituati al bellissimo agio di questa stagione del Benetton Rugby, capace di arrivare a due punti dalla storia (ancora) in uno stadio dove nessuna italiana ha mai vinto e che ha visto capitolare anche gli All Blacks, tanto da restare con l’amaro (e che amaro) in bocca per un sogno finito una manciata di minuti troppo presto.
Primo tempo
I biancoverdi si presentano al tempio di Limerick con un atteggiamento cattivo e concentrato, senza alcuna intenzione di regalare niente agli avversari. Come nella partita di Dublino contro il Leinster, la zona rossa trevigiana è spostata ai 30 metri difensivi e non è permesso prendersi rischi. I primi 4 possessi, infatti, tutti in questo spazio territoriale, vengono rispediti al mittente dai piedi di Allan (3) e Hayward (1) in massimo 2 fasi (media 1,25).
A ridosso della metà campo, invece, si comincia a vedere una squadra in salute, capace di prendersi dei rischi anche quando sta soffrendo in termini di ritmo e possesso (5 possessi per Munster con 3,6 fasi di media ciascuno): il 5° possesso infatti viene giocato da Duvenage con un calcetto a scavalcare, che non va a buon fine, mentre il 6°, sempre in quella zona di campo, vede il primo multifase che dura per 4 fasi costringendo CJ Stander al fallo.
Ma, per quanto rinvigorenti, non sono sintomi di una risveglio: Munster continua a forzare costringendo il Benetton prima due volte alla mischia, poi altrettante alla punizione (rispettivamente 7° e 9°, e 8° e 11° possesso, media 5,25 fasi ciascuno) finendo per mettere i primi punti sul tabellino.
La reazione allo svantaggio del Benetton è da grande squadra. Recupera palla subito dopo il kick-off e pareggia immediatamente dopo 5 fasi, le prime nella metà campo avversaria. Munster, però, non è da meno e continua imperterrito a macinare gioco. I possessi numero 13 e 14 li vedono stabilmente nella trequarti del Benetton (media 9,5 fasi per possesso) mentre nel 15° sono per 13 fasi all’interno dei 22 metri di Treviso. I biancoverdi, però, si salvano sempre, prima grazie alla difesa abrasiva di Lazzaroni (1 ingresso, 12 ruck e 12 placcaggi fatti, EPM 0,50), e alla conseguente dominanza in mischia chiusa di Riccioni (2 ingressi, 20 ruck e 13 placcaggi fatti, EPM 0,56 e un bel mal di testa causato al dirimpettaio Kilcoyne), e successivamente sempre grazie al pilone pescarese, abile a forzare il turnover su Stander.
Dalla successiva penal-touche, Treviso imbastisce la più lunga fase di possesso della prima frazione con 12 fasi strette prima del calcio(rapporto di 1,33 ingressi per ogni passaggio), ma allo stesso tempo anche la più sterile, visto che non riuscirà a superare la trequarti avversaria, nonostante attacchi degni di nota, come quello di Monty Ioane (15 ingressi, 44 metri corsi, 1 clean break e 5 difensori battuti) che messo al centro del campo riesce a eludere tre placcaggi in rapida successione prima di essere portato a terra.
A questo punto la partita sembra incanalarsi sui binari del ping-pong tattico: 6 dei successivi 8 possessi sono, infatti, calciati direttamente all’avversario, con le due squadre che preferiscono studiarsi e approfittare dell’errore avversario piuttosto che esporsi direttamente. Da una touche appena nella metà campo offensiva, però, una giocata veloce per Hayward (9 corse, 43 metri corsi, 2 clean break e 3 difensori battuti), permette all’estremo della nazionale la coltellata profonda fin dentro ai 22 avversari. Treviso ne fa tesoro, giocando 4 fasi strette (con due cariche in rapida successione di Braam Steyn) per poi aprire su Ratuva che fa meta alla bandierina, dimostrando la capitale importanza che i tre giocatori del triangolo allargato rappresentano nel gioco del Benetton, come unica alternativa al multifase prolungato.
In questa frazione di gioco esce fuori il lavoro mastodontico di Luca Bigi. Il tallonatore che il prossimo anno giocherà a Parma, infatti, sembra farsi carico di sabotare da solo il multifase di Munster finendo a contestare 12 ruck avversarie nei 47 minuti in campo. Oltre alla missione di guastatore, si fa notare anche per 14 placcaggi, 11 ruck offensive e 1 ingresso, EPM 0,89. La migliore prestazione possibile per salutare il Benetton, da parte di un giocatore che certamente mancherà molto.
Secondo tempo
Il secondo tempo non inizia in modo particolarmente dissimile dal primo. Il Benetton non ha, inizialmente, possessi di qualità: due touche nella trequarti difensiva, una rubata da O’Mahony, l’altra giocata per due fasi fino al turnover forzato da Cloete, e una mischia anche questa giocata per due fasi prima del calcio di Tebaldi (entrato al posto di Duvenage per ferita sanguinante). Lo stesso Munster, però, non riesce a costruire gioco e finisce per rischiare il meno possibile, preferendo cercare la soluzione al piede (6 possessi con 2,3 fasi di media ciascuno, ma escludendo le 6 del primo possesso si arriva a 1,14 fasi di media nei restanti) . Dalla touche rubata, però, in tre fasi, Munster riesce a portarsi sotto break, con la punizione per l’ingresso laterale chiamato a Ruzza (12 ingressi, 25 ruck e 12 placcaggi più 2 passaggi, EPM 0,60).
Le sliding doors di questa partita, però, sono due, gigantesche e ravvicinate: 26° possesso, nuovamente da touche rapida Tebaldi trova un bel buco e ricicla per Ioane che a sua volta fa metri, altro riciclo su Hayward che, placcato, riesce ad alzare il pallone per Braam Steyn a una decina di metri dalla linea di meta. Palla non controllata.
Il 28° possesso nasce, invece, da una presa al volo di Hayward che serve l’offload a Negri, dalla ruck si stacca Ratuva che batte tre difensori e ricicla su Faiva, che, nuovamente, non controlla. Due pugni da potenziale K.O. mancati, in una partita dominata dall’equilibrio e dal rigore tattico tra due squadre impegnate soprattutto a non scoprirsi.
Dopo è soltanto Munster: 7 fasi per arrivare ad un soffio dalla meta, con Ruzza che ruba il penal-touche sui cinque metri. Per replicare, il Benetton si affida di nuovo alle sue ali, con l’attacco efficace di Ratuva che viene premiato da Owens, grazie a un fallo di Cloete nel breakdown (33° possesso). La Red Army, però, si fa ancora più sotto, marcando punti al 34° e 35° possesso, rispettivamente per un calcio contro Herbst dopo 8 fasi e per un calcio contro Halafihi dopo 5.
Come nel primo tempo, in ogni caso, il Benetton non si sgretola vedendo la partita sfuggire di mano, anzi aumenta i giri: 13 fasi a cavallo dei 22 avversari per il 36° possesso, vanificato dalla buona difesa di Munster che porta Ratuva fuori dal campo, e poi 15 fasi stabilmente nella zona rossa degli Irlandesi per il 37° possesso, che finisce con un turnover che permette a Hanrahan di liberare. Ma è il 39° possesso, quello che costa più caro di tutti alla Benetton: 5 fasi da mischia, prima del turnover forzato da Stander che manda Muster dalla piazzola per il vantaggio.
Il forcing di con cui la squadra italiana chiude la partita, 37 fasi divise su 2 possessi per costruire due drop non andati a bersaglio, serve solo come epitaffio su una splendida stagione, di una squadra mai doma, che non si perde nelle difficoltà e che è, invece, si esalta nell’alto livello.
L’apporto che la panchina ha dato nella seconda frazione è stato commovente: Faiva, Appiah e Pasquali portano l’EPM a più di 1 (rispettivamente 1,03-1,0 e 1,39), Herbst e Budd si fermano poco sotto (entrambi 0.93), Sgarbi invece si toglie qualche sassolino mondiale dalla scarpa, con un incredibile 2,0. La migliore dimostrazione possibile, di quanto questo Benetton non sia soltanto merito delle sue stelle ma del lavoro di tutta l’ottima rosa allestita dal DS Pavanello.
In conclusione
Il Benetton, quindi, ha perso a Limerick, ma non da vittima sacrificale. Piuttosto da protagonista di una partita attenta, giocata da due squadre consce del valore dell’avversario. Dopo questa prestazione sembrano risuonare ancora più chiare le parole quasi profetiche di Monty Ioane, per cui il Benetton non sarebbe più una passeggiata per nessuno.
Gli dèi ovali hanno fatto pendere la bilancia dal lato della Red Army, ma la stagione dei Leoni si chiude con la consapevolezza del livello raggiunto, che deve rappresentare non più motivo di vanto, ma nuovo punto di partenza, e un briciolo di rimpianto per quelle due occasioni non capitalizzate, variabili impazzite in un ingranaggio compassato. Per i tifosi, invece, la gioia finalmente di essersi abituati all’agio di una italiana tra le grandi del rugby.
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